Polizze
Non solo autostrade. In Emilia il Pd privatizza pure la Sanità
Il vero cambiamento della vita politica italiana non è la nuova maggioranza quanto la perdita di credibilità politica e sociale di quella che avrebbe dovuto essere l’opposizione di sinistra. Una sinistra di Governo che non è più tale perché non è più al Governo del Paese e non è neanche più sinistra. I segnali preoccupanti arrivano dalla ex roccaforte rosso-pallida Emilia Romagna. È sui concetti di “pubblico” e di “ pubblico servizio” che la sinistra si è giocata il consenso inseguendo i miti della privatizzazione e della sussidiarietà che avrebbe dovuto significare il ruolo coadiuvante del privato dell’erogazione di offerta di servizi (sanità, scuola e trasporti). La trasmigrazione verso temi propri della destra ha fatto sì che l’elettorato si rivolgesse a chi invocava il cambiamento ( M5S) e chi toccava la pancia del cittadino in tema di sicurezza che tra tutti i servizi pubblici appare quello più “ disarmato”.
Il 18 luglio 2018 l’Emilia Romagna entra con un protocollo approvato dal Consiglio Regionale nell’ottica legislativa di sancire la presenza di strutture sanitarie private in ambito pubblico concedendo il ruolo di IRCCS e operando per concedere finanziamenti pubblici nazionali e regionali a strutture private. Una formulazione più diretta rispetto alla politica della Regione Lombardia di convenzionamento di strutture private secondo il modello Formigoni. Basti pensare al voto negativo dei 5S a questo progetto perché si configuri un processo privatistico del servizio più pubblico che c’è, la sanità.
Una deriva autentica, dettata da motivi elettoralistici, nella Regione più PD, sia sotto il profilo politico sia sotto il profilo dell’autonomia gestionale del partito. Una Regione caratterizzata dal Pilastro, inteso come quartiere popolare di Bologna dove hanno sede le principali Compagnie Assicuratrici, dall’Unipol-SAI all’Uni-Salute. Con la Lega-COOP a fare da capofila.
Con questa derubricazione del concetto “costituzionale” del pubblico, diventato surrettiziamente privato, e dunque snaturato, il PD ha finalmente gettato la maschera dell’inseguimento a destra dei miti di privatizzazione. Se i guasti sui trasporti e sulle Autostrade sono emersi dopo i fatti gravissimi e tragici di Bologna e Genova in agosto, nessuno si preoccupa dei 14 milioni di malati che non possono permettersi le cure, dei 7 milioni di malati che si indebitano per curarsi, dei 4 milioni che non accedono alle cure odontoiatriche, dei 7 milioni che pagano le prestazioni sanitarie in black senza fattura. Appare normale che tutto ciò avvenga, appare scontato e ricorda tantissimo il detto milanese che sentivamo ripetere anche negli ambulatori del Policlinico “ chi si ammala è cretino”!
Ma oltre al finanziamento pubblico delle strutture sanitarie private, c’è il privatissimo campo delle Assicurazioni sanitarie.
Il budget della sanità privata mediante assicurazioni è ricchissimo: Il finanziamento privato della spesa sanitaria è compostoper l’82% da pagamenti diretti delle famiglie, mentre è minima la quota veicolata da polizze assicurative private (3.7%) o da organizzazioni mutualistiche non profit (13.9%) (in genere convenzionate con assicurazioni private profit). Secondo Swiss Re Economic Research e Consulting, “il mercato assicurativo italiano, copre solo il 4% degli italiani gode di polizza sanitaria, in genere acquisita da lavoratori autonomi e da componenti del ceto medio-alto. Il 70% dei premi deriva da polizze assicurative collettive. Da tenere in considerazione l’alto interesse del paziente per la copertura di cure odontoiatriche alle quali le Compagnie per obbligo di legge sono tenute a fornire il 20% delle prestazioni”.
Indubbiamente la cosiddetta torta si va espandendo sempre di più. Dai 2 mld del 2013, nel 2018 si ipotizza un budget disponibile per le Compagnie di circa 4 miliardi, malgrado difficoltà nel reperire risorse private e individuali disponibili.
Nel 2013 i complessivi 2 miliardi si distribuivano tra Assicurazioni Generali con premi per oltre 600 mila euro e Unisalute, appartenente al gruppo Unipol, al secondo posto con premi per 557 mila euro. Terzo posto per il gruppo RBM, con premi fino a 184.360 euro con un incremento del 47,6% rispetto al 2012. Tra i clienti di quest’ultima si annoverano 120 tra i più importanti fondi sanitari integrativi e casse di assistenza operanti in Italia (fondo sanitario del gruppo Rai, del gruppo Equitalia, del personale non dirigente del gruppo Fiat). Assicura anche istituti di credito, come Unicredit o Casdic, la cassa di assistenza integrativa del settore del credito.
La marcia inesorabile della sanità privata si avvia su tre direttrici dunque:
1. Modello Formigoni tramite convenzionamenti e assimilazione di strutture private al pubblico;
2. Conferimento di pubblici finanziamenti alle strutture private elette al ruolo di pubblico, senza prefigurazione di valutazioni comparative ma su la base di protocolli non conosciuti;
3. Processo di iscrizione dei pazienti nel novero degli assicurati.
Completato il terzo punto, anche la trasformazione del Servizio in Sistema Sanitario Nazionale potrebbe entrare in Costituzione emendando del tutto o sostituendo l’articolo 32.
Su queste tematiche, non abbiamo sentito una sola parola del Ministro Giulia Grillo, che appare impegnata, così dicono, sul fronte dei vaccini che è in modo indiscusso lo specchietto delle allodole, mentre i veri temi scottanti della offerta pubblica di salute e del rispetto e attuazione dell’articolo 32 restano temi del passato, dimenticati e “roba vecchia”.
Su queste tematiche, non è necessario che la maggioranza si impegni a privatizzare, ci pensa il PD nelle Regioni.
In copertina l’Ospedale Ca’ Granda Niguarda. Milano
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