Partiti e politici

Su Andrea Guerra siete autorizzati a darmi del pirla

3 Dicembre 2014

(Il 3 dicembre viene ufficializzata la collaborazione tra Andrea Guerra, ex amministratore delegato di Luxottica, e Matteo Renzi. Guerra diventa consigliere personale del premier. Quanto scritto qui sotto è stato pubblicato originariamente il 20 Novembre)

 

Questa è una storiella istruttiva, sicuramente per chi scrive, ma può essere che incuriosisca anche qualche rispettabilissimo lettore, se avrà la ventura di leggerla. Parla di giornalismo, di decoro e di illusioni. Nell’illusione, appunto, di essere ormai sufficientemente formato sui comportamenti altrui, almeno nella loro declinazione più sentimentale, comprendendoci quindi passioni ed etica, qualche tempo fa sul blog del Fatto.it mi ero avventurato in un elogio. Il protagonista della nostra storia si chiama Andrea Guerra e anche il più distratto tra voi sa – almeno – che attualmente ha in tasca una quarantina di milioni di euro frutto della megaliquidazione Luxottica, azienda che per una decina d’anni ha condotto egregiamente tanto che quando è stato messo alla porta dal capostipite Leonardo (Del Vecchio) sono cominciati dei casini inenarrabili (tra figli, seconde moglie, amministratori delegati appena insediati che dopo un mese se ne vanno). Questo per dire della forza di Guerra. Ma non è questo il punto.

Il punto semmai riguarda i rapporti di Guerra con Matteo Renzi, rapporti molto stretti nel tempo sin dalle prime Leopolde. Non è un mistero per nessuno che l’ex ad di Luxottica fosse uno degli obiettivi del premier, un ministro sostanzialmente designato, un manager molto stimato anche a livello internazionale, una sorta di fiore all’occhiello in mezzo ad altri giovanottelli di belle speranze non esattamente formatissimi nel mondo del lavoro. Quelle Leopolde avevano coagulato intorno a sé, oltre che un evidente entusiasmo, anche un certo numero di parole-chiave, una forse su tutte: “Merito”e poi altre a seguire. Era inteso, insomma, che in presenza di un cammino vincente – prima tappa: le primarie, seconda e fondamentale: le elezioni nazionali – certe persone ben identificate da Renzi e con le quali aveva stretto un patto d’onore, non si sarebbero sottratte al peso della cosa pubblica. In pratica, lo avrebbero seguito al governo. E ora arriviamo all’elogio.

È successo che Renzi è diventato presidente del Consiglio – come Berlusconi definì la presa di palazzo Chigi da parte di D’Alema – con un «colpo di Palazzo». Senza farsi eleggere, con un semplice, cinico, risolutivo tweet al suo predecessore: #Enricostaisereno. Una lesione anche per i suoi compagni di strada, Guerra tra questi, che hanno cominciato a farsi qualche domanda sulla vena liquidatoria del loro caro amico e dunque anche sul percorso stabilito in quelle Leopolde. Chiamatela pure riflessione etica.

Sta di fatto che Andrea Guerra non se l’è sentita di condividere questo nuovo percorso, visto che non prevedeva il riscontro popolare, l’investitura da parte degli elettori, ma solo una realpolitik politica esageratamente repentina e poco rispettosa di ciò che i patti fondativi richiamavano. Guerra deve aver avuto anche qualche momento di incertezza, se è vero che in quei giorni il capo Del Vecchio non ha gradito le esitazioni del suo amministratore delegato. Ma insomma, alla fine, l’amico designato non ha seguito Renzi al governo, in nome di quelle promesse fatte. Nel pezzo per il Fatto.it, la conclusione, del tutto arbitraria naturalmente, era che Guerra non se la fosse sentita di spiegare ai suoi figli perché andava al governo con Schifani.

Sin qui l’elogio, appunto. Ai nuovi lettori de «Gli Stati Generali», debbo anche una spiegazione ulteriore. Andrea Guerra è stato uno degli ottanta soci de Linkiesta, giornale dove ho felicemente lavorato sino a che ci sono state le condizioni. All’epoca, il direttore era Jacopo Tondelli, che ritrovo qui felicemente. Senza più legami con LK, mi sono sentito libero di scrivere positivamente della rinuncia di Guerra , della sua scarsa inclinazione al compromesso che gli aveva fatto dire un no pesante a Matteo Renzi. Quell’elogio lo ritrovate qui

Oggi posso dire di aver sbagliato. Di aver raccontato ai lettori una visione del mondo che non corrispondeva alla realtà. Li ho traditi. E di questo sto soffrendo. Li ho traditi perché ho travestito di scelta etica qualcosa che, evidentemente, doveva essere altro da una scelta etica. E che evidentemente doveva rispondere ad altre logiche. Lo dico sui fatti, non sulle nuvole. Lo dico, soprattutto, dopo l’uscita di Guerra da Luxottica. Lo dico perché da quel momento, e insinuerei in maniera molto interessata, Andrea Guerra ha ricominciato a girare intorno a Renzi. Dopo aver detto basta alle Leopolde perché “non hanno più senso”, ce lo siamo ritrovati nell’ultima come una guest star. Un uomo molto ricco ma senza più il potere rientrava spudoratamente nel perimetro del potere. Altro che distacco, altro che visione etica. Già quella mi era parsa una grave caduta di stile.
Ma all’ultimo passaggio non volevo credere. Neppure dopo averla letto sui giornali. Fatto sta che con tanto di accredito al collo Guerra faceva parte della comitiva che ha accompagnato Matteo Renzi nel suo viaggio in Australia. Alcuni giornali hanno detto che Guerra è un esperto di Australia. Su questo non so e non dico. Ma vederlo lì, nel guazzabuglio patetico del potere renziano mi ha depresso. Mi sono dato del pirla più e più volte e gradirei che lo facessero anche i lettori, senza pietà.

Negli anni, qualcuno mi ha riconosciuto, tra le poche qualità giornalistiche, una certa conoscenza dell’animo umano applicato al Potere. Si sbagliava. Ci ho creduto anch’io, come un allocco. Questa lezione di Guerra mi brucia, ma lui, poverino, non ne ha colpa. Sono io che ci sono cascato. Quando oggi ho visto come lo strapazzava Dagospia, definendolo il «valletto ombra» di Renzi ho certificato in modo inoppugnabile la mia coglioneria.

A questo punto, per il prossimo complimento a un personaggio pubblico ci risentiamo verso il 2050/2085.

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