Quirinale
Una donna al Quirinale nel rispetto dei colori dell’arcobaleno, non del rosa
Ci sono argomenti che esigono, per loro natura, di essere trattati con immediatezza, arrivando direttamente al cosiddetto nocciolo della questione. E, allora: perché, da noi, si fa fatica a prendere concretamente in considerazione una candidatura femminile al Quirinale? Eppure, la stessa politica e le attività di ordine sociale e culturale non producono solo prototipi femminili da talk show. Si possono pescare, evidentemente, in tutti i comparti della società civile, dalle scienze, al diritto e all’attivismo umanitario, figure e professionalità di alta credibilità e sostanza. Altro che “quote rosa” (una trovata decisamente maschilista) e rispetto di facciata per le pari opportunità! La razionalità e la linearità delle argomentazioni in sostegno del progresso collettivo che molte donne sviluppano, in maniera del tutto naturale, farebbero luce sulla politica come il sole sul giorno. Altrove, le capacità, la forza mentale e l’appeal nella comunicazione non appartengono necessariamente al genere maschile. Non si spiega come mai un paese come il nostro, estremamente bisognoso di trasparenza e praticità, rinunci tanto miserabilmente a una riserva intellettiva che risulta chiaramente idonea per concorrere alla garanzia, benevola e innovativa, di una figura istituzionale tanto importante e fondamentale. Se l’intelligenza è una categoria morale, essa non può appartenere prevalentemente a un genere. E, poiché, almeno in teoria, la politica non potrebbe farne a meno, va da sé che la mancata contemplazione della presenza femminile nelle alte sfere decisionali di uno Stato ha in sé qualcosa di profondamente sbagliato e perverso.
Ci si augura, pertanto, che talune figurine femminili della nostra politica, al pari di vanesi colleghi maschi, tutte prese ad apparire carine ed intelligentine, trovino la risolutezza che è propria di ogni donna liberamente pensante, sì da competere convenientemente per i ruoli di comando e risultare alternative alla solita e sterile concezione maschile del potere. In verità, tanti di noi immaginano quanto potrebbe cambiare in meglio un paese che avrebbe come garante della Costituzione e dell’unità nazionale una figura femminile. La scelta di investire una donna della massima carica dello stato non sarebbe un atto dovuto nell’ottica di un’alternanza, o di una rappresentatività formalmente simbolica di un mondo femminile addobbato da nastrini rosa. Una donna a Capo dello Stato rappresenterebbe tutti i colori dell’arcobaleno: il rosso della passione e dell’amore, dell’energia, dell’armonia e la saggezza; l’arancione della creatività e della leggerezza, della positività e l’ottimismo; il giallo della luminosità e del pensiero, della vita e gli orizzonti; il verde, ovviamente, della speranza, dell’equilibrio e la prontezza mentale. Dalla figura del nuovo Presidente della Repubblica, una volta tanto, potrebbe dipendere il destino di un popolo, non solo la misura del potere politico di controllo, inerente a una cosiddetta élite. I colori del sogno sono forti. Le parole servono per trasmetterlo al mondo.
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