Quirinale

Tutto in una notte: l’agguato di Renzi a B. ricorda il blitz di Silvio su Rete4

30 Gennaio 2015

Non è ancora chiaro se B. ha trovato uno come lui, uno peggio di lui o uno meglio di lui e poi vai a capire se anche l’ultima di queste ipotesi – teoricamente la più rassicurante – è sufficiente per essere considerati un dignitoso uomo di Stato e non invece, come sostengono gli instancabili detrattori di Berlusconi e dunque anche dell’attuale presidente del Consiglio, la sua copia fotostatica solo meno ingiallita. Fatto sta che Renzi Matteo ha fatto a Berlusconi Silvio un “lavoretto pulito” che il nostro non si aspettava e tutto in una notte. Per quelli dalla memoria più lunga e dall’età sostenibile è un suono già ascoltato e ci riporta ai primi anni ’80 quando con il favore delle tenebre il signor B. sferrò l’attacco alla Mondadori per acquisire Retequattro.

Lo raccontava così Massimo Gramellini nel 2011 sulla Stampa: «Già allora esisteva un doppio B. Quello solare delle apparizioni in pubblico e il personaggio misterioso che aveva potuto disporre, a meno di trent’anni, di prestiti miliardari. Ma nella storia sportiva di Milanello la storia extrasportiva che ci raccontavamo a mezza bocca riguardava il famoso Patto di Segrate (Notare la suggestiva analogia con il Patto del Nazareno, ndr). Quando B. e la Mondadori, non ancora sua, avevano firmato di venerdì pomeriggio un accordo solenne per spartirsi la pubblicità televisiva a partire dal lunedì successivo. Dopo la foto e i sorrisoni di rito, B. entrò nei suoi uffici e, così narra la leggenda, si rivolse al segretario Urbano Cairo e agli altri collaboratori come in un film: “Sincronizzate gli orologi: abbiamo solo 48 ore prima che entri in vigore l’accordo. Rastrellate tutta la pubblicità che c’è in giro!”. Il lunedì la Mondadori si trovò senza più neanche uno spot e di lì a qualche giorno dovette vendere Retequattro. A chi? A B.»

Chi va per questi mari questi pesci piglia, direbbe il saggio. E vedere il povero Silvio gabbato dal ragazzino, che in una notte gli ha fatto a pezzi il “suo” Patto del Nazareno, è un’onta che un tempo il Berlusconi che abbiamo conosciuto avrebbe lavato nel sangue. Ma se da una parte la disinvoltura renziana definisce senza pietà una vecchiaia che bussa alla porta di Arcore con tutte le sue fragilità, dall’altra mette in luce, anche in questo caso impietosamente, le debolezze giudiziarie e professionali dell’ex Cavaliere che non si può permettere gesti eclatanti ma solo subire. Le sue aziende vivono momenti difficili e rovesciando il concetto-principe dell’avvocato Agnelli secondo cui «ciò che va bene alla Fiat va bene all’Italia», oggi Berlusconi potrebbe ancora legittimamente sostenere che «ciò che va bene a Renzi va bene a Mediaset». E altrettanto per le sue pene carcerarie e la ben nota agibilità politica da riguadagnare quanto prima.

Di tutto questo Renzi era perfettamente al corrente e cinicamente ha spinto sull’acceleratore. Ha ricompattato il partito e soprattutto messo in una condizione di debolezza la minoranza interna, che difficilmente potrà votare contro (anche in versione anonima) Sergio Mattarella, senza correre il rischio d’essere immediatamente identificata come mandante di un omicidio politico. Altra storia da quel complotto larghissimo che portò alla decapitazione di Prodi, in cui si mischiarono varie anime di un partito allo sbando.

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