Quirinale

“Renzi vuole uno grigio come Mattarella”. Così parlava Follini al bar

14 Gennaio 2015

Se alle otto di mattina ti capita un incrocio politico-giornalistico di un qualche interesse, ancorché inatteso, tanto vale assecondare gli umori del momento per capire in quale Colle ci stiamo ficcando. E così di fronte a caffè di ordinanza Marco Follini, navigatissimo arnese dei Palazzi, dice a Mario Orfeo, direttore del Tg1: «Un grigio che non gli faccia ombra, questa è la linea». C’è anche un nome, naturalmente: «Mattarella». Orfeo sottolinea giornalisticamente una certa agitazione di Walter Veltroni, ma il buon pastore democristiano spegne qualunque entusiasmo: «No, non sarebbe gestibile».

Qui a «Gli Stati Generali» siamo un po’ inquieti. Siamo inquieti perché ci ostiniamo a passare le nostre giornate con persone fuori dal Palazzo, anche se poi ci toccano, come avete notato, frequentazioni più blindate. Ci ostiniamo a considerare questo passaggio stretto della nostra Repubblica, come l’elezione del nuovo capo dello Stato,  come una questione di appartenenza, come se toccassero davvero ai cittadini, anche in mancanza di una riforma presidenziale, il peso e la responsabilità di indicare un nome e ancora più di un nome il racconto di una storia, che possa comprendere requisiti politici e morali, i primi per districarsi con sufficiente disinvoltura nella complessa macchina dello stato, i secondi per testimoniare senza incertezze l’assoluta autonomia di pensiero del nostro solenne rappresentante nel momento in cui eventuali tensioni dovessero far capolino. Qui naturalmente non si dice che Sergio Mattarella non possegga entrambi i requisiti, ci mancherebbe, ma certo la descrizione del medesimo  da parte di un politico attento come Follini non placa del tutto le nostre inquietudini.

Il pallino è come sempre nelle mani di Renzi. Il quale ha certamente la capacità di stupirci, dipende quanta voglia. Sino a oggi, gli sono capitate scelte, diciamo così, di seconda fascia: sì, certo, qualche robetta da azienda di stato, dove ha riverniciato le porte con signore presidentesse da diversi anni sulla breccia dei salotti, spostando manager che facevano bene in un posto a un altro posto (errore blu da provinciale), ammantando il tutto di rivoluzionario come sempre capita quando si gestisce pura conservazione. Eviteremo qui di dilungarci sulle scelte interne al governo, perché tra vigilesse, amici d’infanzia, twittatori per conto terzi, l’impianto non è esattamente all’altezza della migliore Silicon Valley. Semmai, un minimo scarto dalle meste appartenenze è stata la nomina di Tito Boeri alla presidenza dell’Inps, inattesa quanto interessata. Qui la visione è inevitabilmente bi-univoca: il “nemico” che viene cooptato nel cerchietto magico, acchiappando in un tempo i mondi di Repubblica e della Voce.info, e poi il Boeri stesso, che dopo aver infaticabilmente sottolineato tutto  il Renzi sbagliato, d’improvviso gli pare faccia bene e dunque ne accetta la prestigiosa offerta.

Questa visione del mondo, utilitaristica e interessata, non ci fa dormire sonni tranquilli in vista della grande avventura quirinalizia. Se non fosse che – immediata – sorgerebbe la questione risarcitoria e subito dopo l’inevitabile frantumazione del Patto del Nazareno (la storia si incaricherà di definirne la liceità), il nome di Romano Prodi ne sarebbe l’illustre e inevitabile approdo. Si cercherà altrove e al Pd toccherà naturalmente la prima mossa. Cronisti accreditati raccontano che Renzi presenterà al cospetto del Cavaliere una terna, dalla quale cavare, con il consenso di entrambi, il nuovo inquilino. Ci pare un modo politicamente indecoroso di sottolineare il momento. Non tanto perché non debba essere un consenso allargato anche alle opposizioni il collante su cui costruire una candidatura credibile, quanto perché i cittadini, gli elettori (molti) del Partito Democratico, gradirebbero uno slancio ulteriore da parte del loro segretario-presidente. Se non proprio un nome solo, destinato a essere irrimediabilmente bruciato, una rosa da sottoporre al consenso popolare non certo via “primarie”, che sempre di più sirivelano farlocche, ma attraverso il lavoro certosino dei militanti, degli appassionati, diquelli che ci credono insomma, che potrebbero tessere quella tela virtuosa in grado di avvolgere una candidatura di grande prestigio.

Non un grigio, insomma, presidente Renzi. Non uno che non le fa ombra. Uno, semmai, che potrebbe farle molta ombra, uno con cui spostare l’asticella decisamente verso l’alto, con cui tranquillizzare i cittadini che la questione non sarà “solo” vostra, ma apparterrà davvero a tutti. Finalmente.

Articolo originariamente pubblicato il 14 gennaio 2015

Nella foto in alto, Sergio Mattarella

 

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