Quirinale

Ma davvero volete eleggere il Capo dello Stato senza ascoltare i cittadini?

22 Dicembre 2014

Il gioco del Quirinale è appena iniziato, fioccano i primi nomi che la letteratura sull’argomento definisce tra i meno papabili proprio perché partiti con anticipo sospetto di bruciatura, ci si balocca con maggioranza semplici o qualificate, se esista o non esista questo benedetto patto del Nazareno al punto: elezione presidente della Repubblica, ma uno straccio di Renzi a cui possa venire in mente cosa piacerebbe agli  italiani come inquilino del Colle non c’è. Non che lo si debba eleggere noi piccoli elettori rispetti ai grandi ai quali tocca il peso istituzionale, ma certo farebbe piacere che per la scelta per il successore di Giorgio Napolitano ci si ispirasse a certe linee guida non così distanti dall’afflato popolare. Afflato che ha nulla a che vedere con la vecchia idea dei 5 Stelle di rimenarla con la democrazia farlocca del web, per cui un bel giorno, grazie a un manipolo di pregevoli smanettoni, avremmo dovuto portare dai corazzieri la Gabba, nel senso di Milena Gabanelli, e incoronarla con tanto di tricolore al collo. La quale Gabba, con il buon senso delle persone avvedute ringraziò ma si rese conto in un tempo molto rapido della ridicolezza della questione.

La domanda, semplicissima, che qui si pone è la più diretta possibile: ci si può permettere di eleggere il nuovo presidente della Repubblica senza “consultare” i cittadini? Per la nostra architettura istituzionale certamente sì, ma visto che il Primo ministro e i suoi prodi (con la minuscola) la considerano vecchia e stanca tanto che ci stanno pensando loro a cambiarla (in meglio?), qui ci si chiederebbe se magari non sia il caso di trovare un sistema parallelo per ascoltare ciò che il popolo italiano ha maturato in questi anni molto tormentati.

Facciamo dei nomi così siamo più chiari. Non è un mistero che uno dei nomi cari al premier sia il suo ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, un signore che lui neppure conosceva quando Napolitano sostanzialmente lo impose nella composizione del governo. Ebbene, questa (possibile ma non probabile) elezione sarebbe uno scandalo. Si imporrebbe la visione secondo cui si può essere candidati al Quirinale solo perché si è di buoni studi, si è fatta una dignitosa carriera in ambito internazionale, si è conosciuti nell’ambito ristrettissimo delle proprie competenze. Altri motivi non se ne scorgono. Ma questi “titoli” che possono andar bene per concorrere al ruolo di presidente di Microsoft che c’entrano con il Quirinale? Lasciamo stare i retroscena giornalistici secondo cui Renzi penserebbe a Padoan perché è “uno che non disturba” e quindi non farebbe ombra   alla sua fama, perché questa visione non potrebbe che aumentare lo scandalo. E lasciamo anche stare le candidature senza senso alla Riccardo Muti o personalità del tipo, non è il tempo di mettere un dilettante in una voragine tormentata com’è quella italiana.

È chiaro che il nuovo inquilino del Colle dovrà avere un corpo politico di un certo peso. Una storia che possa parlare per lui, alcuni snodi della sua storia che ne testimonino l’indipendenza e lo slancio etico, che possa dimostrare la sua capacità di dire dei “no” soprattutto a quelli della sua stessa parte, che naturalmente guarderanno a lui con più di un’aspettativa. Ma dovrà essere una persona in grado di disintermediare produttivamente il rapporto con la politica, interpretando il rapporto con i cittadini come neppure Napolitano è stato in grado di fare. Il “metodo Francesco”, nel senso del Papa, purtroppo non è riproponibile ma sarebbe straordinariamente efficace: dal giorno della sua elezione, che neppure il più scaltro tra i vaticanisti aveva previsto, nessuno può dire di averlo mai avuto totalmente in pugno, lui si lascia sempre qualche metro di libertà per sorprendere, per scompaginare situazioni incrostate, per abbattere certe cerimonie del potere vaticano che duravano da troppo tempo. Non un papa fuori dall’istituzione, ma un papa che ne ha il massimo rispetto considerandola al servizio dei “suoi” cristiani.

Ecco, il prossimo Capo dello Stato avrà questo terribile e delicato compito: essere rivoluzionario ma totalmente all’interno del suo mandato. Che è sì la difesa della Carta, ma soprattutto l’interpretazione di istanze che da troppo tempo restano nell’ombra, sottostimate dalla politica, ma profondamente amate dai cittadini perbene.  Sapete ben quali sono, inutile enumerarle. Renzi ha questo compito arduo, una scelta che non può avvenire in solitario, lui, la Serracchiani, Del Rio e Guerini riuniti in una saletta di Palazzo Chigi. Ci vuole aria nuova, sveglia Primo ministro, anche su questa scelta si gioca il futuro del suo governo.

 

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