Partiti e politici

Wagon-lit. Storia parziale del Movimento 5 stelle in undici quadri (9-10)

27 Dicembre 2019

Proseguiamo con la pubblicazione di brevi estratti dal libro “Snaturati – Dalla social-ecologia al populismo. Autobiografia non autorizzata del MoVimento 5 Stelle”, 2019

2016 – Wagon-lit

In Europa viaggio solo in treno. Si guasta meno l’ambiente, si legge, scrive, riposa, pranza, cena, passeggia. E si chiacchiera. Viaggiando nel treno di notte si risparmiano giornate, in aereo si perdono. In treno incontro sempre persone che mi sono congeniali. Le altre vanno in aereo.

Anche quella volta arrivò nello scompartimento un viaggiatore interessante. Credo che pensasse lo stesso di me. Dormire in quattro metri cubi accomuna. Invece di imbarazzare, il pigiama stimola complicità. Come da bambini. Lo stesso accade svegliandosi insieme, quando al mattino presto l’assistente porta il vassoietto con la colazione, il caffè è troppo bollente e il treno troppo lontano dalla meta.

La mia cuccetta era sotto. Cominciai a parlare verso l’alto, senza vedere il viaggiatore. Come in psicanalisi.
«Ah, lei è italiano. Conosce quel nuovo partito, come si chiama…?». «Movimento 5 Stelle».

Parlai fino a notte tarda.
«È ora di dormire. Posso spegnere la luce?»
«Sì, spegniamo la luce».
Spegniamo, disse.
Al mattino presto bussarono. Entrò l’assistente di viaggio con il caffè troppo bollente e uscì. Mi accorsi che, la sera prima, avevo raccontato il Movimento a qualcuno senza guardare, propriamente, in faccia nessuno. Avevo parlato a lungo nel lettino, con il naso all’insù, nella penombra. Si fa anche in psicoanalisi. Ma senza il treno. E il treno costa meno.
In attesa di giungere alla meta, riprendemmo la conversazione. In sta- zione ci salutammo. Come faccio spesso per scrivere, mi recai al Café Sperl, l’unico rimasto a Vienna che sembri ancora un caffè letterario di Vienna. Mi sedetti su un divanetto di velluto e cominciai a riem- pire il mio quaderno a una velocità inusitata. A sera Sperl chiuse, spense le luci e mise fuori i sacchi della spazzatura.
Tornato a casa con l’ultimo tram D-Wagen, aprii le finestre, le valigie e il computer. Cominciai a espandere ciò che avevo distillato: il Movimento 5 Stelle è un partito digitale, privato e ambiguo. Avevo tutta una giornata per scrivere. E un’intera settimana prima del mio prossimo wagon-lit per Zurigo.

 

2016 – Oltre

«Via!» sibila Beppe da sotto il cappuccio di felpa, e scatta di corsa sulla spiaggia. Corriamo, ansimiamo. Eravamo venuti in tuta da sport per sgranchirci le gambe, no? Sulla spiaggia di Bibbona siamo soli a vista d’occhio. Quasi soli. Ci inseguono due giovani. Lei robusta, con un microfono in mano, col braccio teso verso di noi come in una corsa a staffetta. Lui filma, con la telecamera in spalla. «Grillo» grida lei educatamente, tra un forte respiro e l’altro. «Grillo, cosa pensa del…». Noi però siamo già avanti. «Grillo, Grillo!». La voce sfioca, ansimando.

Guadagnata distanza, riprendiamo a camminare in silenzio. Meditiamo sul mare d’inverno. E sulla tenacia di quei due. Li avevamo già notati, in paziente agguato, alle uscite e alle entrate di alberghi e teatri. «Grillo, Grillo» gridava sempre lei. Ma piano. «Cosa pensa del…». La domanda tutta intera non la sentivamo mai.

Avevamo imparato a riconoscerli, quei due. E a guizzare via. Un giorno, uscendo dall’albergo, Beppe si infilò in testa una maschera di gomma con il muso di lupo. «Grillo, Grillo! Cosa pensa del…». «Il lupo è un animale protetto» bofonchiò Beppe, aprendoci un varco tra una muta di giornalisti. Dentro la gomma, un ghigno. Prendendolo sotto il braccio quando è assediato, non mi ero mai sentito “guardia del corpo”. Ma, ora, guardia del lupo sì.

Beppe non sopporta i giornalisti. Ma gli piace giocare con loro. Allunghiamo il passo. Anche loro. «Via!» sibila di nuovo, scattando sulla spiaggia. Anche loro scattano. I tre mi sorprendono per la velocità della corsa. Beppe coi suoi cento chili. I due con la telecamera, il microfono, e i cappotti d’inverno. «Beppe!» prova a gridare lei. Ma siamo già oltre. «Noi siamo oltre» è ora la frase preferita di Beppe. Non più “Vaffanculo”. Ci ho messo vent’anni a farlo passare da una frase all’altra.

Teniamo un ritmo di jogging sostenuto. Avete già corso sulla sabbia? Ogni passo costa il doppio, eppure ci raggiungono. «Beppe, Beppe! Cosa pensa del…». Ma le manca il fiato. Acceleriamo. Poi, a distanza costante da loro, alterniamo la corsa e la marcia. Due discipline olimpiche. Ci stiamo avvicinando a casa. Rallentiamo. Beppe comincia a essere “un po’ stanchino”. Li lasciamo avvicinare. «Beppe! Cosa pensa del…?». Ridiamo. Ride anche lei. Corriamo, ansimiamo, ridiamo.

Un pescatore con tre canne piantate nella sabbia ci guarda dalla sdraio. La telecamera sulla spalla non smette di filmare. Tiro fuori l’iPhone, per rispondere al fuoco. Li filmo e li intervisto, correndo. Uno vale uno. Il digitale tascabile è un’arma di liberazione, diceva Gianroberto. Non riusciamo a smettere di ridere. Tutti e quattro.
Arrivati a casa, entriamo dal cancelletto di legno che separa la spiaggia dal grande giardino. Lo chiudiamo in fretta. Loro fuori, noi dentro. Ci parliamo attraverso il cancelletto. Noi meritiamo la libertà di rinchiuderci, loro l’onore delle armi. «Siamo della Gabbia» ci dice lei riprendendo fiato. «Oh no! È il talk show peggiore» dice Beppe. Attraversa il giardino e scompare nella veranda. «Dai, non puoi chiederglielo tu?» mi dice lei. Ormai siamo amici. Ma noi siamo oltre.

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