Partiti e politici
Votiamo con lo SPID o la carta d’identità elettronica!
In Italia gli elettori disposti a recarsi fisicamente al seggio a votare, dopo aver rovistato in tutti i cassetti di casa per trovare il certificato elettorale, sono sempre di meno. Le tesi che giustificherebbero il minore afflusso di elettori alle votazioni sono le più disparate, tutte basate sull’idea di un crescente disinteresse per la politica da parte degli elettori, in particolare quelli giovani, che dimostrano di votare in percentuale minore degli adulti. Più in particolare, l’astensionismo alle elezioni politiche del ’22 ha riguardato circa il 45% dei Millennials e il 35% della Generazione Z, mentre gli over 65 mostrano un tasso di astensionismo molto inferiore, intorno al 30%. Conclusioni: i giovani non si sentono rappresentati dalla politica, e il fatto che la loro risposta sia il “non voto” è una gran brutta cosa…
Ma siamo sicuri che il governo attualmente in carica non sia invece soddisfattissimo di un simile fenomeno? Vi ricordo che nelle RSA il giorno delle elezioni è un diversivo e tutti gli anziani vanno serenamente a infilarsi nei seggi elettorali imbastiti nelle residenze dove abitano. Ahimè, esistono fior fior di sondaggi sul fatto che la popolazione più anziana vota i partiti più tradizionali e moderati. Il Partito Democratico è spesso il primo partito tra gli over 65, seguito da Fratelli d’Italia, che mantiene una forte presa su questa fascia demografica, mentre i giovani sono più orientati a votare i partiti “antisistema” o di sinistra più estrema. Il fatto che i giovani non vadano a votare riempie quindi di gioia – believe me – anche l’attuale coalizione al potere. Tanto per farvi capire chi sono i signori al governo, basta dire che l’età media dei ministri è di 60 anni.
Non accusatemi di ageism, perchè di anni ne ho 65, ma mi limito a fare una semplice constatazione: abbiamo al governo una squadra di dinosauri, contrari a ogni tipo di innovazione, al punto che Fabio Rampelli, di Fratelli d’Italia, vicepresidente della Camera dei Deputati, ha addirittura presentato una legge contro i “foresterismi ossessivi” (l’inglese, di fatto) per sostituirli con espressioni rigidamente italiane (posta elettronica invece di email, e così via). La legge è stata fatta cadere nel cesso, con molta grazia, dallo stesso governo, che ha preferito non andare oltre su una simile e perigliosa strada, come direbbe Rampelli…
Bene, permettetemi di dissentire sulla tesi di una gioventù poco impegnata, che se ne sbatte di tutto, compreso il voto. Io credo in una spiegazione più semplice: andare a votare, con le stesse modalità che si usavano nell’ottocento è una gran rottura di co***oni, soprattutto per un ragazzo cresciuto con in mano un cellulare ed abituato ad esprimersi attraverso internet.
Farò un esempio semplicissimo: la prima volta che mio figlio avrebbe potuto votare, a diciotto anni, abbiamo dovuto rivoltare la sua stanza da letto per cercare la tessera elettorale. Dopodiché, siccome non si trovava, il poverino è dovuto andare a chiedere il duplicato alla sede dell’Ufficio elettorale di Milano. Poi siamo andati insieme al seggio elettorale, ci siamo messi in coda, siamo entrati nel seggio, abbiamo dato la carta di identità e la tessera elettorale a uno scrutatore che ci ha guardato in faccia per controllare che fossimo veramente noi (verifica dell’identità molto più approssimativa di una verifica di tipo biometrico, vi faccio notare), dopodiché ci ha consegnato la scheda e siamo potuti finalmente entrare nella cabina elettorale.
In realtà, i giovani votano meno di noi vecchi – questa è la verità – perché preferirebbero votare online, dal loro PC o dal cellulare, usando lo SPID o la carta d’identità elettronica, e state ben sicuri che non voterebbero per i dinosauri come Rampelli. I partiti di destra (soprattutto loro, perchè Elly Schlein è riuscita ad accaparrarsi parte del voto giovanile) sono terrorizzati dal voto dei giovani e sanno che fino a quando il voto sarà collegato a quella odiosa tessera elettorale, i ragazzi si terranno ben lontani dalle urne, ritenendo un’ingiusta imposizione il fatto di doversi munire di una vecchia cartaccia e poi mettersi in coda davanti a un seggio per esercitare un diritto che potrebbe essere tranquillamente espletato online, con pochi click, senza code, e senza lo sguardo severo dello scrutatore: “Sei veramente tu?”.
Qual è la prova della mia affermazione: la raccolta di firma per il referendum sulla cittadinanza, avvenuta online sul sito del Ministero della Giustizia, che è arrivata in meno di un mese a 637.487 firme raccolte digitalmente con lo SPID. Possiamo essere certi che nessuno di questi seicentomila votanti fosse legato a uno dei partiti della coalizione al governo, perché il quesito referendario riguardava la volontà di portare da dieci a cinque gli anni necessari di residenza in Italia per permettere a un cittadino straniero di ottenere la cittadinanza.
E cos’è successo, cinque minuti dopo aver raggiunto il quorum delle 500.000 firme per l’ammissibilità del referendum? Il leghista Borghi ha proclamato: “Presenterò una proposta di legge per cancellare la raccolta firme online“! Non perdiamo tempo a esaminare i tentativi di giustificazione addotti da Borghi per la sua proposta, perché la ragione è una sola: i partiti attualmente al governo temono il voto dei giovani e faranno tutto il possibile per negare loro di votare online.
Ma scusate, oggi con lo SPID non si può sottomettere sul sito dell’Agenzia delle Entrate la propria dichiarazione dei redditi? Ci sono di mezzo i nostri soldi, e basta un cellulare per dire: “Sì, sono d’accordo con i vostri calcoli!”, e nessuno ci chiede di andare, che ne so, da un tabaccaio, metterci in coda, fargli vedere la carta di identità, presentargli una tessera cartacea sulla quale lui poi apporrà un timbro, se noi gli diciamo: “Sì, sono d’accordo con i calcoli fatti dall’Agenzia delle Entrate!”.
E allora perchè non si potrebbe votare alle elezioni usando lo SPID? Quella dello SPID è tra l’altro un’autenticazione “forte”, basata sull’utilizzo di un codice numerico noto solo all’utente o sul suo riconoscimento biometrico attraverso l’uso delle impronte digitali. Più sicuri di così sull’identità di chi vota non si può essere!
Naturalmente esiste un paese che ha già implementato una piattaforma del genere, l’Estonia: si chiama i-Voting e alle ultime elezioni il 50% dei cittadini ha usato il voto elettronico per esprimere le proprie preferenze politiche. I votanti, dopo l’introduzione della piattaforma i-Voting sono passati dal 50% al 63%, e il partito conservatore EKRE (simile ai nostri Fratelli d’Italia) ha perso voti rispetto alle elezioni precedenti. E’ uscita vincente dalle elezioni Kaja Kallas, rappresentate di un partito liberale su posizioni filoeuropee e antiputiniane.
Concludo: nessun partito che ha paura degli elettori dovrebbe rifiutarsi di adottare sistemi di voto elettronico, che pure prestano il fianco a rischi di Cyber sicurezza, ma che d’altro canto hanno l’effetto di portare un numero maggiore di elettori al voto, con il risultato che il governo eletto godrà di una rappresentatività più piena di quando vota il 34% degli elettori (com’è successo di recente in Lombardia alle elezioni regionali).
Solo con il voto elettronico potremmo sapere se Rampelli rappresenta una minoranza disadattata di anziani signori che mal reagiscono alla modernità, o se invece l’Italia desidera veramente essere governata da uomini come lui. Ma possiamo anche essere certi che fino a quando la coalizione al potere non cambierà, si preferirà la versione dei giovani qualunquisti e disaffezionati alla politica, a quella dei giovani-giovani, che vorrebbero un mondo a loro misura, dove la tecnologia fa finalmente la sua parte.
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