Partiti e politici

Votare Pd ma con la netta avversione a Renzi (quanti lo faranno?)

9 Novembre 2015

C’è un algoritmo perfetto per stabilire sin d’ora il risultato delle prossime elezioni. Basterà calcolare il numero delle persone di sinistra che non sopportano Renzi ma che certamente non voteranno mai quelle cucine componibili anni ’70 che si sono riunite l’altro giorno al Quirino. Poi verificare quante tra loro – nonostante appunto una fiera avversione umana e in parte contenutistica – siano disponibili a sacrificare parte del proprio orgoglio in nome di una causa più alta che poi sarebbe quella del Partito Democratico, un po’ il lodo Bersani per intenderci. E alla fine tirare una riga e certificarne la quantità. Se la disposizione al «sacrificio», a quel turarsi il naso di democrista, montanelliana, memoria, sarà alta come numero e come sentimento, Matteo Renzi vincerà le sue prossime elezioni. In caso contrario, anche in virtù del sistema elettorale che pone grandi interrogativi sul secondo turno, potrebbe davvero perderle e sarebbe, per lui, l’ultima elezione (persa) prima del ritorno al bar del paese.

Sono successe cose molto concrete in questi giorni nel mondo del Pd. Bersani, innanzitutto. Quel suo non lasciare la ditta, segna il cuore della questione. Che, per un elettore convintamente di sinistra, è anche il cuore del suo tormento politico. Gli elettori, i militanti, gli appassionati, sanno perfettamente che da qui al giorno delle elezioni non succederà più nulla di sconvolgente, nel senso che non nasceranno alternative a Renzi, non ne nasceranno di credibili, di altrettanto organizzate, di minimamente responsabili. È vero che a sinistra del segretario del Pd c’è tutto un mondo che aspetta un cenno, che vorrebbe essere rappresentato, che si sente orfano delle grandi battaglie del passato.

Ma quel mondo oggi è un vuoto che nessuno riesce a colmare, né all’orizzonte sembrano affacciarsi uomini di personalità in grado di rimettere i cocci al loro posto. Pensateci un attimo, a sinistra è tutto fermo, mentre sta accadendo tutto a destra e un motivo – evidente – c’è, ed è il pensionamento persino patetico del suo fondatore, che quattro urlatori scorreggioni leghisti ieri a Bologna hanno trattato come l’ultima pezza da piedi. Nel disfacimento della destra, c’è interamente rappresentato il cinismo della politica che non risponde più ad alcuna storia. Due signori variamente benestanti come Passera e Marchini, a cui la destra non è mai appartenuta, oggi sono dichiaratamente esposti a quei venti, certo proteggendosi un po’ con le famose liste civiche, ma questo è. Purissimo calcolo, niente di più niente di meno. Clamoroso il caso di Marchini, che neppure Simona, la cugina attrice, voterà.

Nella moderna storia italiana è la prima volta che il risultato delle elezioni si giocherà sul sentimento dell’avversione. Ma non, come già fu per Berlusconi, l’avversione naturale dei “contrari”, tutti quelli che già la pensavano diversamente da lui, anzi proprio lo odiavano. No. In questo caso, stiamo parlando di un grande mondo che è dichiaratamente di sinistra ma che con Renzi ha più di un problema.

L’altro giorno su Repubblica è uscita un’intervista interessante a Sergio Chiamparino, reduce da un intenso scontro con il presidente del Consiglio a proposito di legge di stabilità e sacrifici delle regioni. Dal turbamento di cui sopra, il Chiampa ha già tratto la sua morale: si dichiara “diversamente renziano”, molte cose di Renzi gli sembrano buone, persino ottime, tipo il jobs act, altre non lo convincono e su queste darà battaglia nel segno della sua indipendenza intellettuale. Insomma, il presidente della regione Piemonte, sarebbe un uomo “risolto”, senza più quel turbamento alla radice per un politico come Renzi che ha fatto del protagonismo, del proteggersi solo con gli amici, i suoi segni distintivi. Abbiamo provato ad applicare lo schema Chiamparino ad altri soggetti, ad amici impegnati a sinistra, ma siamo stati pesantemente respinti con perdite: alla sola espressione “diversamente renziano” hanno messo mano alla fondina.

Tutto questo mondo dovrà fare una scelta grave, e se il tormento per ora rimane ancora in superficie è solo perché le elezioni non sono dietro l’angolo, non incombono sulle coscienze, non ti mettono davanti a un bivio. Ma quel giorno prima o poi arriverà e ognuno, nel segreto dell’urna, verrà chiamato al momento finale. Molto però è ancora in mano al protagonista di questa avversione. Matteo Renzi potrebbe giocare di anticipo, facendoci capire, innanzitutto, che tipo di composizione elettorale ha in testa, se intende infarcire le liste di agenti monomandatari il suo pensiero, e inevitabilmente l’avversione esterna salirebbe di intensità, o se, al contrario, sta immaginando una contaminazione intelligente di stili e di sensibilità (che non significa, sia chiaro, il contentino con candidati di bandiera). In questo caso, il segnale tanto atteso che nel Pd c’è vita e che si continuerà, nonostante tutto, a discutere.

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