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“Viviamo una fase imprevedibile, anche nel rapporto tra politica e sapere”

1 Dicembre 2017

«L’Occidente sembra essere entrato in un vicolo cieco in cui la modernizzazione ha prodotto individualizzazione, frammentazione, precarietà in tutti i campi e fine delle autorità cognitive e delle metanarrazioni», afferma Luigi Di Gregorio (Università Tuscia), che ha condotto il tavolo dal titolo “Società complessa, democrazia istantanea, populismi: come conciliare politica e sapere”. Siamo infatti la società più complessa, interdipendente e globale di sempre ma anche la “democrazia dei creduloni”, della post-verità e del crollo delle autorità cognitive.
Come è possibile riportare al centro le competenze e i saperi? Qual è il ruolo dei media in questa deriva e come è possibile farli tornare “alleati” della buona politica?

Di cosa avete parlato durante il tavolo che hai condotto?

Gli argomenti sono stati numerosissimi, come era prevedibile dal titolo del tavolo. In particolare, abbiamo affrontato il nodo della legittimazione politica nelle democrazie occidentali che passa sempre più dal “governo dell’opinione”. La quale tende a essere sostituita sempre più spesso dall’emozione, dagli istinti e dalle pulsioni. Anche alimentate, queste ultime, dal circolo vizioso politica-media che vive della “cattura” dell’attenzione mediante input emotivi. In questo scenario, sembra sparire il lungo periodo, la programmazione, la necessità di ricorrere ai saperi specialistici. Inoltre, è emerso che anche il sapere scientifico è sempre più messo in discussione, nell’era della post-verità, o delle verità personalizzate.

Quali sono state le parole chiave emerse dalla discussione?

Opinione pubblica, emozione pubblica, post-verità, fake news, fast politics, sondocrazia.

Rispetto al futuro del tema discusso, quali paure e quali speranze sono emerse tra i partecipanti?

La portata delle questioni era tale da prevedere più dubbi e paure che certezze o speranze. L’Occidente sembra essere entrato in un vicolo cieco in cui la modernizzazione ha prodotto individualizzazione, frammentazione, precarietà in tutti i campi e fine delle autorità cognitive e delle metanarrazioni. Questo scenario, per certi versi evolutivo, apre le porte a una fase di imprevedibilità quasi assoluta. Anche nel rapporto sempre difficile  – sempre più difficile – tra politica e sapere.

 

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