Partiti e politici
Vince la voglia di partecipare del popolo PD
Se il solito marziano di Ennio Flaiano fosse atterrato ieri in Italia, si sarebbe stupito non poco a vedere le code di gente davanti ai gazebo, intenta a partecipare ad una elezione i cui risultati non avrebbero destato la benché minima sorpresa. Tutto era già scritto e, ancor di più, tutto era già avvenuto nel recente passato.
Renzi che vinceva le consuete “primarie” del PD, come quattro anni fa, due antagonisti che si accontentavano delle briciole del voto, oggi Orlando ed Emiliano, la scorsa volta Cuperlo e Civati, con percentuali quasi identiche per tutti i contendenti in ambedue le occasioni. Perché allora partecipare? Perché rinunciare ad una bella gita fuori porta o ad una bella passeggiata nel sole domenicale?
Un milione e 850mila italiani non ce l’hanno fatta a disertare le urne. Tanti o pochi, nei commenti del giorno dopo, a seconda del credo politico o della polemica anti-renziana. I secessionisti hanno sottolineato la perdita secca di un milione di partecipanti, rimarcando la deriva del PD verso il PDR(enzi). Come se il primo segretario Veltroni non avesse anch’egli fatto il pieno di voti (quasi il 76%), con una partecipazione peraltro molto più numerosa, quasi il doppio di quella odierna. Si poteva chiamare dunque quel partito il PDV(eltroni)? O il PDB(ersani), quando vinse appunto Bersani nel 2009? Misteri delle polemiche fini a se stesse.
Dunque: pochi partecipanti, per gli anti-renziani, da Grillo agli Articolo 1, da Salvini a Libero. La crisi delle primarie, che perdono centinaia di migliaia di adepti da una consultazione all’altra. Tanti partecipanti, al contrario, nel giudizio del marziano di cui sopra. Che si informa, chiede quale sia lo scopo di quelle code e, saputolo, si meraviglia di nuovo di una partecipazione così ampia.
Una partecipazione democratica di un popolo, quello democratico appunto, che vuole esserci, vuole ribadire le scelte che già i sondaggi avevano ratificato correttamente, come già in Francia (una svolta epocale? I sondaggi non sbagliano più?). Perché sì, il Partito Democratico fin dalla sua nascita ha deciso che i propri vertici li decidesse la base, che fosse la nomina del segretario o la candidatura per le politiche, e non un ristretto gruppo dirigente, come capita per tutte le altre forze politiche. Tranne il Movimento 5 stelle che però, ogni tanto, quando il vincitore tra le poche decine di votanti non piace, decide di cambiarlo, non è chiaro per quale motivo.
Una partecipazione più elevata del previsto, in questa occasione, perché la consultazione di ieri capita in un momento di mestizia politico-elettorale, dove siamo tutti consci che le prossime elezioni non daranno spazio ad alcun governo solido; e perché Renzi non rappresenta più, oggi, quella speranza che incarnava per molti quattro anni fa.
Ma non importa, per il popolo del PD: se dobbiamo scegliere tra questi candidati, ci rechiamo alle urne e scegliamo, magari il meno peggio. Se poi Renzi vince, non sarà certo colpa sua, ma eventualmente di chi non vuole esserci. Di chi non se la sente di affrontare il giudizio del voto, di chi scappa dal PD perché odia Renzi, di chi poteva invece cercare di batterlo nelle primarie, per capire se gli elettori stavano dalla sua parte. Non per nulla si chiama Partito Democratico.
Allora i veri vincitori di queste consultazioni, così come nelle passate occasioni, quando vinse Veltroni, e quando vinse Bersani, sono i cittadini che evitano di andare in gita e si mettono in coda, per partecipare ad un percorso democratico. Tra lo stupore del marziano di Ennio Flaiano.
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