Partiti e politici
Se vince il citofono
Sarebbe il citofono il simbolo di questa vittoria che anche se prevista sarebbe ugualmente incredibile?
Probabilmente sì, ma sarebbe comunque sbagliato farne la ragione di un successo.
In perfetto stile “Le Iene” quello di Matteo Salvini è stato un gesto sicuramente cafonal (ma quanti ce ne sono in campagna elettorale?) .
Cavalcato con sdegno soprattutto da una certa sinistra, quella sempre pronta a sbandierare una culturetta da quiz televisivo e che tende a imitare la maestrina Inflessibile o il professore trombone.
Quella stessa cultura che avrebbe fatto da argine (male) al ventennio berlusconiano, quella che non ne faceva il nome in campagna elettorale o quella che leggeva Kant per opporsi al Bunga Bunga e così, senza rendersi conto che le proprie suggestioni bambinesche si frantumavano in un mondo che era diventato di plastica, i nostri prodi perdevano contro avversari che magari sbagliavano i congiuntivi ma intanto vincevano e governavano il paese.
In un’ottica ormai bipolarista, nemmeno a Sesto San Giovanni, la Stalingrado d’Italia, alla notizia che dopo sett’antanni di amministrazione di sinistra si cambiasse colore sono partiti grandi esperimenti di analisi collettiva e così sarà per questa regione, dove blaterare di populismo è quasi offensivo poiché nessun posto in Italia come l’Emilia Romagna ha saputo coniare in modo altrettanto nobile l’idea di popolare.
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