Partiti e politici
Verso il referendum: l’astensionismo è il miglior alleato di Renzi
Inauguro oggi il primo degli appuntamenti settimanali che ci condurranno al voto referendario del 4 dicembre, nei quali cercherò di rendere conto dello stato delle cose sulle tendenze di voto.
Attualmente le stime più accreditate sui risultati del referendum, come ho già sottolineato, ci raccontano di fatto tre cose. La prima è che, dopo un inizio favorevole, la quota di SI è molto ridimensionata, superata di almeno 4-5 punti da quella dei NO alla riforma costituzionale. La seconda è che la scelta oggi prevalente di contrari viene originata (non tanto) dalla contrarietà ai singoli elementi che la compongono, quanto dalla contrarietà nei confronti del governo e di Renzi in particolare. La terza è che il livello di comprensione dei temi referendari, così come dichiarano gli italiani, appare piuttosto bassino: soltanto poco più del 10% degli elettori si ritiene infatti ben informato sui quesiti.
Nonostante sui social e nelle interazioni off-line le interminabili discussioni tra chi è contrario e chi è favorevole alla riforma ci abbiano quasi portato allo sfinimento, nella vita reale la stragrande maggioranza degli italiani sembra capirci ben poco dei temi proposti e, soprattutto, delle conseguenze che potrebbero portare gli ipotetici mutamenti costituzionali.
E allora la scelta per il SI o per il NO viene originata molto spesso da slogan del tutto fantasiosi: “Volete un paese totalitario? Votate NO”, oppure, dall’altra parte “Volete che in Italia le cose cambino? Votate SI”. Insomma: quando si dice entrare nel merito delle cose…
Ma oggi possiamo sottolineare soprattutto un dato incontrovertibile. Il risultato del referendum dipenderà (quasi) interamente dal livello di astensionismo o, se volete, dal tasso di partecipazione. Se l’affluenza alle urne sarà superiore al 40%, la vittoria del No appare scontata; se sarà inferiore a quella cifra vincerà probabilmente il Si, con una probabilità sempre maggiore al diminuire della partecipazione elettorale.
Da questo dato di fatto dovrebbero partire le strategie di comunicazione. Il fronte del No ha tutto l’interesse a perseguire l’obiettivo di una forte mobilitazione, e per far questo l’arma migliore nelle sue mani è quella di associare al referendum quasi unicamente la figura del premier. Un slogan sufficientemente chiaro è quello che già spesso viene utilizzato: ’andate a votare e con un No mandate a casa Renzi e il suo governo”.
Paradossalmente, il fronte opposto dovrebbe quasi tacere, senza fare alcuna campagna referendaria, e men che meno lasciare che il pivot della campagna sia proprio lo stesso Renzi, che altro non fa che provocare una maggiore mobilitazione dei suoi avversari. Dovrebbe adottare una comunicazione molto soft, legata quasi esclusivamente agli elementi chiave della riforma, con testimonial giovani che parlano tranquillamente dei temi più appetibili, come la semplificazione parlamentare e l’abolizione degli enti inutili. Un messaggio ovvio ma efficace che, ovviamente, non sarà adottato.
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