Partiti e politici
Vedi alla voce “Populismo”
Riassumo la voce “Populismo” compilata da Ludovico Incisa per il Dizionario di Politica diretto da Norberto Bobbio, Nicola Matteucci e Gianfranco Pasquino (Utet, 1983). Sebbene scritta oltre 35 anni fa mi pare ancora molto suggestiva.
Si definisce populista una formula politica che ha come fonte d’ispirazione e termine di riferimento il popolo inteso come “aggregato sociale omogeneo, depositario esclusivo di valori positivi, specifici e permanenti”.
La virtù risiede nel popolo (la maggioranza schiacciante dei cittadini) e nelle sua tradizioni collettive.
La volontà del popolo è la fonte suprema della legittimità e si esprime nella relazione diretta, senza mediazioni, tra popolo e leadership.
L’appartenenza al popolo non dipende da una condizione sociale o professionale (come nel classismo o nel corporativismo): membro del popolo (il descamisado dell’Argentina di Peron) “è colui che si sente popolo” vale a dire “ama, soffre, gioisce come fa il popolo” (Evita Duarte Peron, 1953).
Il non popolo (ciò che sta fuori da un popolo determinato storicamente, territorialmente e qualitativamente) è il nemico del populismo.
Il non popolo può essere anche un’élite, un settore, una classe, un altro popolo. Di conseguenza, populismo e internazionalismo sono incompatibili.
Il populismo, fideistico nelle sue premesse e messianico nei suoi moduli operativi, teme continue insidie alla purezza popolare e diventa manicheo, mirando all’espulsione radicale, dal sistema economico e sociale, del non popolo quale germe parassitario e corruttore.
In quasi tutti i populismi vi è la presenza, palese o larvata, di una costante modalità razzista.
Un esempio per tutti: i movimenti “volkisch” di fine ‘800 e l’antisemitismo, poi ripreso ed estremizzato dal nazionalsocialismo.
Il non popolo è visto nella sua luce demoniaca come un nucleo cospirativo, una congiura permanente. Le espressioni “complotto comunista” o “complotto imperialista” ricorrono alternativamente in bocca ai leader populisti. L’arcadia populista è dominata dall’incubo di perenni congiure.
La dimensione nazionalista è intrinseca al populismo attraverso l’equazione nazione=popolo.
Emblematico il caso russo in cui il populismo ha offerto a un marxismo “in via di ossificazione”, “un sangue diverso e più antico” (F. Venturi, 1972), a un internazionalismo declinante un nuovo rapporto tra la tradizione russa e lo Stato sovietico, determinando la svolta nazionalista del sistema.
L’egualitarismo populista assomiglia di più a quello fascista (egualitarismo delle uniformi, dello stile di vita, del modo di essere) che all’egualitarismo liberal-democratico, che non distingue tra popolo e non popolo.
Le élites a cui si contrappongono fascismo e populismo sono le élites esterne al popolo.
Nei populismi, come nei fascismi, risalta una leadership di tipo carismatico e un gruppo di “illuminati”, di interpreti quasi sacrali della volontà e dello spirito del popolo.
Il fascismo può essere considerato una variante aggressiva e drammatica del populismo. Quest’ultimo, più del totalitarismo, è il vero trait d’union e la comune matrice tra fascismo (o nazionalsocialismo) e stalinismo.
Il populismo si distingue dal tradizionalismo e dai movimenti reazionari (come ad es. il qualunquismo). Il populismo non mira a restaurate una società o un sistema bensì una moralità e un tipo di vita. “Il populismo è moralistico anziché programmatico” (F. Wills, 1971).
Con il fascismo, il populismo condivide la disorganicità ideologica, l’ecclettismo e il disprezzo per gli assetti costituiti (establishment) e per le formulazioni ideologiche.
La griglia ideologica è considerata sempre mistificante e ingannevole (anti-ideologismo).
Secondo Lenin, il nucleo ideologico del populismo è il tentativo di conciliare restaurazione e modernizzazione. Il populismo sorge dalla tensione tra paesi arretrati e paesi avanzati, tra aree sviluppate e arretrate dello stesso paese, tra metropoli e province, tra settori tradizionali e settori moderni.
Il populismo è un’ideologia di sintesi, globale e cicatrizzante cui ricorre una società in crisi per ricollegare i valori di base della cultura tradizionale con le necessità della modernizzazione (cfr. il Partito rivoluzionario istituzionale messicano) e superare le condizioni di emarginazione e obsolescenza sociale.
Nei momenti di crisi, l’appello alla forza rigenerante del mito del popolo (il più affascinante, il più oscuro, il più immotivato e il più funzionale nella lotta per il potere politico) è sempre pronto a manifestarsi repentinamente, anche nella società più articolata, complessa e pluralista.
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