Partiti e politici
Vacanze 2023: se scappi dal ristorante paga Giorgia, se ti derubano ti arrangi
Non amo parlare in pubblico, sui social network e tantomeno sul “mio” giornale, delle cose della mia vita. Lo faccio solo quando ritengo che gli eventi privati contengano dati pubblici rilevanti, elementi di riflessione sociale e politica. Credo sia questo il caso.
Al ritorno dalle vacanze, il giorno in cui avrei dovuto prendere il volo di rientro da Atene, due ore e mezza prima del previsto decollo, sono stato derubato di tutto sulla metropolitana della capitale greca, mentre andavo all’aeroporto. “Tutto” significa di tutti i documenti di identità e tutte le carte di credito e di debito. Di tutto quello che sta normalmente in un portafoglio, e che è indispensabile per prendere, ad esempio, un aereo. La dinamica del furto non è molto rilevante, ma la sintetizzo egualmente, sia mai che serva a qualcuno: sono stato circondato nel vagone pieno da quattro o cinque complici, che all’improvviso hanno finto spintoni e ressa, uno si è lamentato perchè spingevo – ma ero stato violentemente spinto dall’altro -, mentre un altro ancora mi prendeva il portafoglio (da una tasca laterale dei pantaloni, chiusa pure da un bottone) proprio mentre si aprivano le porte nella centralissima fermata di Piazza Syntagma, e il treno faceva scendere molte persone. Ho capito subito, ma subito era troppo tardi, ho inseguito il ladro e riconosciuto i suoi complici, ma era troppo tardi, non sono riuscito a raggiungerlo, e forse è stato perfino meglio così. Credevo di essere stato attento e prudente, ma non lo sono stato abbastanza. Ho anche deciso che non mi colpevolizzerò troppo per la cattiveria altrui, visto che i colpevoli sono comunque i ladri. La parte istruttiva della storia inizia dopo.
Esco tramortito dalla metropolitana, sono nella grande piazza dei comizi e delle manifestazioni politiche. È l’ultimo venerdì di agosto, c’è il sole ed è presto. Faccio rapidamente i conti sugli eventi a venire: aereo perso, sicuramente; necessità di denunciare e poi di andare in ambasciata per avere documenti di urgenza; ricerca di un modo per avere un biglietto su altro volo e rientrare, con l’ottima coincidenza che è l’ultimo fine settimana di agosto, e da Atene a Milano sarà facilissimo trovare un volo, dopo il dettaglio non banale che prevede che, in qualche modo, quel volo dovrò riuscire a comprarlo. Blocco tutte le carte di credito, avviso chi devo per esigenze di vita e lavoro di quel che è successo, e vedo, in fondo alla piazza vuota, che ci sono una trentina di poliziotti fermi a parlare tra di loro sotto gli alberi, all’ombra. Li raggiungo, spiego cos’è successo e loro mi spiegano dov’è il “commissariato” di zona per la denuncia. Dieci minuti a piedi che percorro accompagnato dalla prima ansia del nuovo ciclo: chissà che casino e che coda ci sarà. Invece no. Arrivo, mi indicano il terzo piano, un poliziotto in borghese muscolosissimo smette di cazzeggiare su Instagram giusto per i 5 minuti che servono a ricevere la mia denuncia, mi fa firmare la mia dichiarazione in greco e mi congeda. Vado diretto all’ambasciata, altri dieci minuti a piedi, e suono al citofono. Sono le 9 e pochi minuti, esce a parlarmi un nostro concittadino, gentile e sorridente che mi dice subito: “nei giorni cadi di agosto sono arrivate anche 15 situazioni simili al giorno”. Mostro la denuncia e mi spiega che per i documenti di emergenza devo però andare al consolato, che fortunatamente è sempre in zona. Mi consiglia di mandare subito una mail al consolato per annunciare il mio arrivo e poi di fare due fototessere presso un fotografo poco lontano. Spiego che lo farò volentieri ma, tecnicamente, non ho un euro e non ho alcun modo di procurarmelo, al momento. Mi fa aspettare un attimo ed esce con venti euro. Lo ringrazio e chiedo come restituirli appena potrò. “Non si proeccupi”. A quel punto chiedo se c’è un modo per ottenere un prestito formale per provare a rientrare: “Vada al Consolato, là le daranno le informazioni che servono su queste procedure”.
Vado a fare le fotografie, e nel frattempo ho preallertato una coppia di amici ateniesi, con i quali ho passato momenti molto belli nei giorni precedenti, al mare, e una serata piacevole, e già nostalgica, la sera prima del furto. Di quelle sere in cui ci si dice: “Che palle, adesso dobbiamo stare un anno senza vederci!”. Sono persone fantastiche e generose, ma preferisco, se posso, non chiedere un favore economico, magari ingente, nel breve, a persone che conosco da pochi anni e che vedo appunto solo una volta l’anno in vacanza. Sono certo che mi aiuterebbero, come io aiuterei loro, ma preferirei non chiedere. Li preallerto, però, perchè potrei avere bisogno di un letto per una notte o – Dio non voglia – anche di più. Si attivano subito e subito si mostrano più che disponibili a ogni aiuto, e io intanto proseguo nella procedura. Vado al Consolato, c’è una coda robusta di casi simili e casi diversi, italiani residenti in Grecia, greci con ascendenti italiani e così via. Compilo quel che serve per il documento di emergenza pago l’euro e 55 che serve e che non avrei avuto senza la gentilezza dell’Ambasciata, e poi chiedo: “Ma c’è la possibilità di avere un prestito per rientrare?”. La dipendente del consolato mi dice che ora mi chiama un superiore. Il superiore, anche lui molto gentile, si fa spiegare la situazione e mi dice: “Ma lei non ha familiari che possono spedirle soldi attraverso i servizi di trasferimento danaro?”. Spiego che la mia famiglia di origine, cioè gli unici famigliari che ho, è in una situazione di oggettiva impossibilità a procedere, nel senso che non possono muoversi da casa. È davvero oggettiva, e ne descrivo gli estremi. Mi chiede un attimo di pazienza perchè deve consultarsi con alcuni colleghi. Torna, mi sembra sincero il suo “mi dispiace”, ma segue la seguente frase: “Per procedere dovremmo mandare i carabinieri ad accertare l’effettiva impossibilità dei suoi famigliari, e solo poi procedere al prestito. Abbiamo ricevuto una direttiva precisa in tal senso dal Ministero delle finanze”. La direttiva ha precisato dunque in senso restrittivo quel che avevo trovato scritto sul sito degli esteri. Capisco – e lo capisce lui meglio di me – che si parla di tempi biblici, il contrario di quel che mi serve. Capisco io – e forse anche lui – che personalmente tornerei a nuoto, piuttosto che mandare due carabinieri a casa dei miei genitori per accertare che non sono in grado di muoversi agilmente da casa. Prendo il mio documento, ringrazio, e me ne vado.
L’amico ateniese mi aspetta fuori dal consolato, mi consola, mi dice “adesso andiamo da noi, ti faccio un caffè e mangi qualcosa, e poi studiamo il da farsi”. Mentre torniamo verso casa sua, dopo aver verificato io dal treno e sua moglie dall’ufficio che i primi rientri possibili sono all’indomani a prezzi esorbitanti e facendo scalo su Roma – il documento rilasciato dal Consolato non permette di fare scali all’estero, vale solo dalla Grecia per tornare direttamente in Italia – ho la fortuna della disperazione. Non so perchè mi viene in mente “Bologna”, forse perchè il Milan ha battuto il Bologna alla prima di Campionato e l’ho vista sull’isola, pochi giorni dopo la partenza dei miei amici ateniesi. Chissà. Ryanair mi propone Bologna a una cifra ragionevole, il giorno stesso, l’ultimo venerdì di agosto. Guardo l’orologio, ne parlo con l’amico. Sì, si può fare. Mi dà la sua carta di credito, e in un attimo abbiamo in tasca il biglietto. La montagna da scalare era alta, ma un po’ l’esperienza della vita, un po’ la fortuna, un po’ l’umanità e l’amicizia, vediamo la cima, e la vallate che si aprono subito dopo. E così, caffè, qualcosa da mangiare, ricarico il telefono, ricevi altri cento euro dagli amici per attraversare con tranquillità la pianura padana, prendi online il biglietto da Bologna per Milano, e insomma: ci siamo.
E infine – ed è forse la ragione per cui ho voluto raccontare questa storia – sono in Italia, sono a casa mia a Milano. E ritornandoci, ieri, “pensavo dondolato dal vagone” – come cantava mestamente un bolognese d’adozione – a come a volte i fatti della cronaca pubblica e quelli della cronaca privata incrociano le lame, e si illuminano a vicenda. Mi girava nella testa da giorni la storia degli italiani scappati dal ristorante, in Albania, senza saldare un conto da 80 euro. Abbiamo sentito la Presidente del Consiglio spiegare che “si è vergognata” e ha saldato “lei”. La cosa più paternalista del mondo, e anche il messaggio meno educativo possibile. Commetti un reato – sì, scappare dal ristorante senza pagare lo è, sicuramente anche in Albania – e io sistemo le cose. Se invece sei un cittadino italiano in vacanza all’estero e il reato lo subisci, non hai nemmeno diritto a un prestito d’emergenza. Sono dettagli, vicende di poco conto, sicuramente “sporcate” nella percezione dalla difficoltà personale che ho dovuto attraversare. E però, proiettate sullo schermo grande che tutti ci contiene e ci vede agire, rappresentano piuttosto bene messaggi che sulle vite di una società atterrano male e, quando si consolidano, possono fare anche peggio.
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