Partiti e politici

Una vera, buona, notizia: è morta la superiorità morale della sinistra

28 Aprile 2016

Se c’era bisogno di una goccia, la goccia è qui, a Caserta, dove il Pd campano definisce in modo inoppugnabile la sua contemporaneità. E offre alla storia il pretesto, neppure tanto alto, di archiviare definitivamente il moloch della superiorità morale della sinistra. Per noi abitanti di questa terra, a cui il grido “onestà, onestà” non fu mai slogan da opporre in piazza considerandolo semmai un prerequisito del lessico familiare, fu Mani Pulite a restituire modernità a quel sopracciò comunista che sanciva in modo inequivocabile la diversità certificata per via politica. E lo fece tenendo fuori quel partito da un terremoto italiano che modificò per sempre il corso della storia. Se ciò accadde per un progetto, per una strategia, o addirittura per una vicinanza e non, come invece sostiene Davigo, perché “non si trovarono le prove”, a questo punto non ha quasi più importanza (per la storia sì, naturalmente, e sui libri qualche risposta già c’è). Quella storia antica di superiorità morale veniva da molto lontano, da studi profondi di politica, da scuole straordinarie, (purtroppo) da una mancata crescita della destra del Paese, “battutisti da bar” come li definì una volta il professor Galli della Loggia, probabilmente scandalizzato che la nostra destra avesse preferito il guazzabuglio muscolare all’approfondimento dei tomi. Quella superiorità culturale, quella sì porto i comunisti a occupare militarmente tutti i luoghi del Potere (la televisione, lo stato, i ministeri, ecc.). Con un dislivello culturale di quelle proporzioni, fu del tutto conseguente valutare diversamente gli stili di vita politica, persino gli scandali, le ruberie, le miserie, che a sinistra, appunto, poterono godere di una franchigia sostanzialmente illimitata.

Si può dire che è stato (abbastanza) così sino all’ultimo Bersani, quello che doveva vincere e non vinse. Poi con l’arrivo di Renzi è cambiato tutto. Ora non ci si fraintenda: consideriamo l’arrivo di Renzi benedetto per questo specifico aspetto, anche se a qualche semplificatore stolto apparirebbe l’esatto opposto, e cioè che la disinvoltura con cui il presidente del Consiglio considera certi aspetti della vita politica, ne alimenterebbe la deriva. Lo consideriamo benedetto perché il presidente del Consiglio non può opporre superiorità né per storia personale, passata e presente, né per una matrice comunista che non ha mai avuto. È su questa piazza neppure tanto più rossa senza un vero bagaglio, senza una vera narrazione, con pochi studi e neppure celebrati, con il suo adorato bar, i suoi amici di un tempo, il suo bigliardino, la sua play, i suoi librini per il tempo libero. Quale superiorità morale o politica potrebbe opporre in nome e per conto del Partito Democratico? Galli della Loggia lo definirebbe “battutista da bar”, come faceva con i destri senza studi?

Avere a che fare con una persona finalmente “normale” consentirà anche a noi cittadini di valutare gli accadimenti con molta più serenità. Di pensare che se un esponente del Partito Democratico ruba, allora “fa schifo”, come ha esemplarmente semplificato il nostro presidente del Consiglio. Ma certo, non poter contare sulla franchigia della superiorità morale – detto che è cosa finalmente buona e giusta – pone il “nuovo” Pd nella condizione delicata di come interpretare il suo presente e il suo futuro, quei famosi valori della sinistra così cari a molti cittadini. Torneranno finalmente di attualità i cosiddetti comportamenti personali, le sensibilità, lo stile, la pulizia degli intenti, una globale condizione sentimentale che comporrà il tono culturale e politico di una formazione che ambisce a governare il Paese attraverso legittime e regolari elezioni? Diceva ieri Ferruccio de Bortoli a Maria Elena Boschi che non gli pare di intercettare in Renzi una grande attenzione per la delicatissima questione della corruzione. Che non ne abbia l’ossessione è chiaro anche a un bambino, ma questa non è cosa cattiva. Semmai che non gli paia neppure priorità, questo allora sarebbe diverso e ci porterebbe in uno stagno pericoloso. Questa politica non induce a comportamenti granchè virtuosi, lo si nota, lo si vede, anche senza frequentarla da dentro.

Qui ci toccherebbe il capitolo amaro degli esempi. Anche perché sono in pieno fermento le scuole dem, la formazione dei ragazzi a cui la politica ancora non fa schifo, l’idea che lo sviluppo di un Paese ha necessità di buona politica. Qui le cose non si mettono benissimo, perché la disinvoltura con cui questa pattuglia di nuovi rampanti renziani interpreta l’esercizio del Potere non è un viatico così confortante. In quegli uomini che si credevano moralmente superiori c’era, un tempo, una severità istituzionale e probabilmente anche di vita, che rimpiangiamo come valore, quello sì, profondamente significativo. Ma gli stili di vita cambiano e restare appesi alla buona educazione è una condizione da anziani signori non più in competizione.

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