Partiti e politici

Una “regione rossa” alla Lega?

17 Ottobre 2019

In molti, fuori dall’Umbria, si stanno chiedendo come sia possibile che una regione storicamente “rossa” possa a breve essere governata dalla “verde” Lega. Ci sono tanti modi per comprendere questa svolta epocale per l’Umbria. Una specie di mutazione genetica che fino a un mese fa sembrava essere praticamente scontata, ma che oggi (ultimi sondaggi alla mano) resta comunque molto probabile. La partita, a 10 giorni dal voto, appare (quantomeno) contendibile, ma già il fatto che una regione “rossa” possa essere conquistata dalla Lega rappresenta un evento politico di una tale eccezionalità che diviene fondamentale provare a individuarne le principali cause scatenanti.

 

Sono sicuramente tantissimi i fattori da prendere in considerazione per spiegare il potenziale passaggio di una regione da “rossa” a “verde”. Una delle lenti privilegiate attraverso le quali comprendere questa eventualità proviene dalla città di Terni, comune con un sindaco della Lega dal giugno del 2018 e città in cui nel 2004 il centrosinistra vinceva le elezioni comunali al primo turno con il 69,1%. Cosa è successo in questi 15 anni? Com’è stato possibile che tanti comuni rossi siano diventati verdi e che questo processo possa oggi trasferirsi anche a livello regionale? Le cause per spiegare questa trasformazione, prendendo in considerazione il caso ternano, sono principalmente tre, e possono essere riassunte richiamando i seguenti fattori: i) la meridionalizzazione; ii) l’interruzione dell’alternanza interna; iii) la primazia della destra nella comunicazione politica online.

 

Meridionalizzazione. Terni (così come parte dell’Umbria) è oggi a tutti gli effetti un territorio che appartiene al Mezzogiorno italiano. Come la Campania, la Calabria, la Basilicata e così via, è un territorio di emigrazione. Un territorio dal quale si parte, per poi non tornare. Come in tante città e regioni del Meridione, è un territorio dove la disoccupazione giovanile si è avvicinata pericolosamente alla soglia del 50%. Sono oramai almeno 10 anni che una fetta molto significativa di giovani umbri, principalmente quelli che vivono nell’Umbria meridionale, emigra nel Nord Italia o all’estero, senza poi avere l’opportunità di rientrare. Come i loro equivalenti campani, pugliesi, siciliani o calabresi fanno, come ben sappiamo, da molti più anni. Questo trend ha ovviamente impoverito da un punto di vista economico, sociale, culturale e anche politico quei territori umbri dove questo fenomeno è maggiormente marcato e oramai a tutti gli effetti strutturale.

 

Interrotta l’alternanza interna. Giovani che se ne vanno, dal punto di vista politico, vuol dire una cosa molto semplice: impoverimento del capitale umano di qualità nei partiti. Gli scienziati politici considerano l’alternanza al governo come uno dei fattori più importanti per garantire la presenza di una democrazia viva, sana e soprattutto in grado di produrre delle politiche pubbliche di qualità. Ecco, uno dei tratti tipici delle “regioni rosse” è stato quello di sostituire l’alternanza “esterna” (determinata dal risultato elettorale) con quella “interna” (determinata dal continuo ricambio dei gruppi dirigenti all’interno dei partiti). Difatti, storicamente e strutturalmente l’alternanza all’interno delle regioni rosse non è (quasi) mai avvenuta nel momento elettorale, ma in maniera costante e continua all’interno degli stessi partiti/area politica di sinistra. Tutto ciò è stato assicurato, nel tempo, dalla capacità dei partiti di sinistra di attrarre al loro interno le migliori menti e talenti di area. Ed è stata proprio la presenza di questa alternanza “interna” e di qualità a garantire alle città/regioni rosse la capacità di sviluppare delle politiche pubbliche in grado di produrre innovazione, benessere e giustizia sociale.

La meridionalizzazione ha avuto dunque come primo effetto quello di interrompere il processo dell’alternanza interna, permettendo a gruppi di potere oramai storicamente obsoleti di conservare le proprie posizioni di potere e riprodursi, riducendo così in maniera significativa l’ideazione e realizzazione di politiche pubbliche maggiormente funzionali a fasi storiche con bisogni differenti. Tutto questo ha quindi allo stesso tempo accelerato e co-determinato il fenomeno stesso della meridionalizzazione dell’Umbria, attivando una spirale negativa che molti territori non sono ancora riusciti a interrompere.

 

Primazia della destra nella comunicazione politica online. Il terzo e ultimo fattore ha invece a che vedere con un ambito apparentemente scollegato dai primi due: la comunicazione digitale. Negli ultimi anni, in Umbria, solo la destra ha investito convintamente e in maniera molto efficace sulla comunicazione politica online, si pensi principalmente a una piattaforma digitale come Facebook. Nel frattempo, nei territori umbri buona parte della sinistra di governo continuava a considerare la comunicazione, ossia il mettersi in relazione con gli elettori, come una semplice perdita di tempo non necessaria. Insomma, opinioni come “noi siamo la classe politica illuminata, la crème della crème presente sul territorio, quindi i cittadini non devono fare altro che seguirci senza farsi troppe domande” oppure “non ha quindi senso aggiornare i cittadini con un post Facebook sull’ultima asfaltatura di una strada di periferia o spiegare loro, in tempo reale, il perché di una determinata scelta politica” hanno rappresentato e rappresentano tuttora pane quotidiano per alcune élite politiche della sinistra umbra. La destra, invece, maggiormente consapevole dell’importanza della comunicazione, ha operato in modo diametralmente opposto. Ha così iniziato a utilizzare al meglio e in ogni modo ambienti mediali come i gruppi e le pagine Facebook, fino a creare, ex novo, delle pagine Facebook all’apparenza pop e senza alcun legame con la sfera della politica, per poi utilizzarle per veicolare in modo strategico messaggi volti ad attaccare i politici e le scelte politiche della sinistra di governo, tanto per fare un esempio concreto.

 

Ci sono sicuramente molti altri fattori (lo scandalo che ha recentemente coinvolto la sanità umbra, il ciclo politico nazionale, etc.) in grado di spiegare questa potenziale mutazione genetica di una (fu?) regione rossa. I tre appena discussi, così presenti ad esempio nel caso ternano, non possono far altro che avvicinarci alla comprensione di un, a oggi molto probabile, passaggio di mano epocale: una regione rossa alla Lega.

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