Partiti e politici

Una nuova opposizione per gli schizofrenici italiani

19 Novembre 2018

La manifestazione dei 40 mila torinesi di una decina di giorni fa è giunta come ciliegina sulla torta di un malessere che sembra percorrere l’Italia da qualche settimana. Dalla Puglia a Roma, da Milano a Torino per arrivare a Genova, sono ormai sempre più frequenti i ricorsi alla piazza per manifestare il proprio dissenso nei confronti del comportamento del governo.

E gli stessi sondaggi certificano una sostanziale alterità da parte degli elettori sulle questioni che l’esecutivo sta cercando di affrontare. Oltre il 70% si dichiara a favore dell’Euro; quasi due terzi degli italiani non vede di buon occhio una (improbabile) ItalExit; i piccoli e medi imprenditori del nord manifestano la propria insofferenza nei confronti delle politiche gialloverdi; una elevatissima percentuale dei cittadini, intervistati a proposito, vorrebbe che le grandi opere venissero terminate senza ulteriori tentennamenti; la ventilata legge Pillon viene contestata apertamente da quasi tutti; lo stesso reddito di cittadinanza incrementa i malumori delle aree centro-settentrionali del paese, contrarie ad un assistenzialismo di marca neo-democristiana che andrebbe a favore delle regioni meridionali.

Insomma, una situazione generale di diffuso malessere verso molte delle principali mosse tentate, o attuate, dal governo. Eppure. Eppure nello stesso momento in cui si diffonde questo malessere, si riscontrano – certificati dalle quotidiane rilevazioni demoscopiche – livelli di consensi straordinariamente elevati nei confronti della Lega, di Salvini, di Conte, di Di Maio e, in parte, anche verso i 5 stelle. Come è possibile questa strana schizofrenia nelle menti degli elettori?

Saperlo con certezza è ovviamente impossibile, ma qualche traccia del ragionamento che molti fanno si può ipotizzare. Dunque: negli anni passati abbiamo provato un po’ di tutto, dai “contratti” con gli italiani (spesso inevasi) di Berlusconiana memoria alla pacatezza un po’ immobile di Prodi, dai governi tecnici di Monti alla bulimia legislativa di Renzi. Nessuno di questi governi ha pienamente soddisfatto la popolazione, se non per qualche breve periodo di luna di miele presto trasformatasi in un drastico disfavore, se non in un aperto disprezzo.

Oggi gli elettori vogliono credere realmente in questo “governo del cambiamento”, desiderano davvero che le cosi mutino in maniera radicale, almeno fino a che alcuni dei nodi economici-occupazionali non vengono al pettine, entro un annetto circa. Nel frattempo l’apertura di credito verso l’alleanza giallo-verde continua. A meno che.

A meno che non nasca una nuova opposizione. Che non può essere incarnata dagli odierni partiti di opposizione. Pd e Forza Italia hanno ormai perso credibilità, sembrano una minestra riscaldata cui pochi ancora credono. Berlusconi e Renzi restano ancora i simboli di quelle due forze politiche, volenti o nolenti. Prima che si riescano a dimenticare, nell’immaginario collettivo, passerà del tempo. E allora una nuova opposizione potrebbe nascere solo al di fuori dei tradizionali riferimenti politico-partitici, al di là anche della galassia della sinistra più radicale, che non è mai stata un vero punto di riferimento popolare.

Se nascerà, potrà nascere solamente da spinte inedite extra-partitiche, da nuovi imprenditori politici che sappiano parlare ai cittadini, diventarne i loro portavoce. Dalla piazza è arrivata una sorta di disponibilità a qualcosa di nuovo, come a dire: noi ci siamo. Non sta in prima battuta alla politica, o meglio, ai partiti, raccogliere questo segnale facendolo proprio. Sta ad altre figure (i sindaci, ad esempio) raggruppare queste istanze e saperle interpretare come una nuova linfa per il futuro del nostro paese, per eliminare la schizofrenia nelle menti degli italiani.

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