Partiti e politici

Un’Umbria non fa primavera

La chiara vittoria del centrosinistra nelle elezioni regionali di Emilia-Romagna e Umbria è una boccata d’ossigeno per tutta l’opposizione. Elly Schlein e compagni non possono certo montarsi la testa, ma possono percepire buoni segnali.

19 Novembre 2024

La chiara vittoria del centrosinistra nelle elezioni regionali di Emilia-Romagna e Umbria è una boccata d’ossigeno per tutta l’opposizione. Elly Schlein e compagni non possono certo montarsi la testa, visto che l’Emilia-Romagna non è mai stata davvero contendibile e anche l’Umbria sembrava inespugnabile fino a solo sei anni fa. Insomma, la vittoria in due delle principali ex regioni “rosse” non è un risultato straordinario, ma fornisce buoni segnali.

 

Il centrosinistra

Sicuramente il risultato dell’Umbria è più interessante, con un centrosinistra in salute e vincente in tutti i paesoni che compongono questa regione. Non solo a Perugia e Terni, il centrosinistra vince da Foligno a Spoleto, da Narni a Orvieto, mentre crolla l’affluenza. Il centrosinistra dimostra di raccogliere i voti dei militanti anche quando Elly Schlein non è direttamente coinvolta. Al contrario, il centrodestra soffre l’assenza della sua leader Giorgia Meloni.

Ritorna quindi una tendenza storica del centrosinistra, ovvero il maggior coinvolgimento dell’elettorato di riferimento. Ovviamente, la strada per tornare al governo è ancora lunghissima, ma il consolidamento della base è necessario per mettere insieme tutte quelle iniziative necessarie ad allargare l’elettorato, pescando dal grande bacino dell’astensione.

Per rinvigorire la base è stato sufficiente proporre una piattaforma di sinistra con parole chiare e umili. Chi l’avrebbe mai detto? Inoltre, l’unità si rivelata ancora una volta utile ma non strettamente necessaria, tanto che la candidata Stefania Proietti vince con un buon margine.

L’idea di diluire i partiti centristi in liste civiche può infatti funzionare per non far fuggire gli elettori più ortodossi del Movimento 5 Stelle e di Alleanza Verdi Sinistra. I più agguerriti sembrano trovare pace quando manca il simbolo che rappresenta figure ingombranti come Matteo Renzi e Carlo Calenda. Però, alla prova dei fatti, Italia Viva e Azione continuano ad avere un ruolo residuale, indipendentemente da risultati e alleanze.

 

Stefania Proietti

Molto più utile sembra il profilo della candidata, una personalità civica che ha ben amministrato la città di Assisi, senza un profilo strettamente politico. Proietti ha una carriera di tutto rispetto in ambito accademico, spaziando nei campi dell’economia, dell’ingegneria e dell’ambiente. Vanta anche una forte cooperazione con la corrente progressista del mondo cattolico, ben rappresentata da Papa Francesco, che porta il nome di quel santo povero, simbolo stesso della città che Proietti ha amministrato.

Il suo profilo mescola politica e società civile, contrariamente a quello di Andrea Orlando, che (a torto) gli elettori hanno visto come un vecchio trombone della politica istituzionale. Il risultato sembra paradossale per il partito guida del centrosinistra. Il PD si rafforza e cannibalizza gli avversari, ma sembra poter vincere partite contese solo quando il candidato non proviene dal suo interno. Come se agli elettori piacesse il PD ma non i suoi candidati, sintomo di una volontà di rinnovamento radicale.

 

Il centrodestra

Nel centrodestra, i sondaggi sfavorevoli hanno spinto Giorgia Meloni a fare un’operazione che di solito si vede a sinistra. Ovvero quella di imbarcare una lista di destra che ama fare di testa sua. Ha cercato di aumentare i consensi, allargando il perimetro della coalizione. Quindi, ha candidato il sindaco di Terni Stefano Bandecchi.

Fortunatamente per tutti noi, Proietti ha vinto a Terni e la lista “Alternativa Popolare” ha preso uno scarno 2,2% in tutta la regione. Segno che gli elettori si sono già stufati di questo manesco Donald Trump nostrano, che sputa alla gente.

L’operazione allargamento è stata un fiasco e il centrodestra fatica nei paesoni umbri come fossero grandi centri metropolitani. Tra questi, vince solo a Todi e Amelia. Tiene invece nei centri piccoli e piccolissimi, magari recentemente terremotati, come Norcia e Cascia. Qui la retorica di destra continua ad avere una certa presa, perché quest’area di Appennino è stata colpevolmente trascurata da anni di governi supportati dal PD.

Ma, d’ora in avanti, Giorgia Meloni non potrà più scaricare le colpe sui governi precedenti. Ormai sono passati due anni dall’insediamento del suo governo e l’attenzione per i centri rurali non è migliorata. Giorgia Meloni rischia così di essere fagocitata dalla sua stessa retorica, in grado di attribuire colpe senza prendersi responsabilità.

Ora, ha l’opportunità di ridare centralità a queste aree dimenticate, con azioni concrete e una vera presenza sul territorio. Altrimenti, può continuare a vedersi incrinare il consenso e dare la colpa ai magistrati di sinistra, all’Europa, ai gufi e alle fate, come hanno fatto tutti quelli che l’hanno preceduta. In questo caso, la parabola del consenso potrebbe scendere più in fretta del previsto.

 

E fuori?

Un’ultima parola va a Marco Rizzo, candidato che aspirava al 5% ma si è fermato all’1,1%. Altro segno incoraggiante. Ci testimonia che dire cose di estrema destra, metterci sopra la falce e martello, per condirle con un pizzico di complottismo non significa fare il figo. Significa fare schifo.

 

Foto dalla pagina Facebook di Stefania Proietti

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