Partiti e politici
Tutti perdenti, tranne la Lega
Ho fatto le mie previsioni e ho sbagliato la Liguria. Avevo sì ipotizzato che, al contrario della Puglia (una regione di destra dove alle regionali gli elettori votano a sinistra), in Liguria, che è storicamente (abbastanza) di sinistra, grazie anche al conflitto interno a quell’area, ci potessimo attendere una vittoria di Toti. Pensavo però che alla fine non ce l’avrebbe fatta. Ma così non è stato, e probabilmente la causa principale è da ricercarsi nella personalità non troppo attraente del candidato Lella Paita. Come dire: è possibile che il centro-destra avrebbe vinto anche con una sinistra più unita, data la debolezza di quella candidatura. Controprove non ce ne sono, ma il distacco tra i due principali contendenti è stato talmente elevato che difficilmente si sarebbe potuto colmare anche senza divisioni interne. Forse Cofferati ce l’avrebbe fatta, essendo più conosciuto e ritenuto più affidabile, per l’antico elettorato di area. Ma forse no: i problemi liguri non sono stati affrontati nell’ultimo decennio in maniera efficace, e gli elettori hanno voluto dare un segnale forte di discontinuità. Perfino un ex-giornalista poteva andare bene, visto il livello di disperazione…
Restano comunque alcuni dati incontrovertibili: il centro-sinistra governa oggi in 16 regioni su 19 (Valle d’Aosta esclusa), mentre all’ultimo giro di boa, nel 2010, il suo bottino era di misere 6 regioni. Il vento è quindi cambiato radicalmente, nel giro degli ultimi cinque anni, e questo non è né merito né colpa del nuovo segretario Renzi. E’ solamente il pendolo della storia; solo in 5-6 regioni l’elettorato sembra mantenersi fedele nel tempo alle proprie scelte. Il lombardo-veneto per la destra, le tre o quattro regioni “rosse” per la sinistra. Tutte le altre sono contendibili. Se una coalizione non funziona (e accade molto spesso) si cerca rifugio nell’opposizione, tornando poi dopo qualche anno alla scelta precedente. Ma intanto, goccia dopo goccia, la fiducia e la credibilità della politica continuano a scemare, come ha ben scritto Jacopo Tondelli su questo giornale. E l’astensionismo cresce elezione dopo elezione. Ma non come accade ad esempio nei paesi del nord; là i cittadini meno politicizzati non vanno a votare perché qualsiasi governo vada in carica, alla fine fa bene il suo mestiere. Qui non ci vanno perché tanto, così pensano i nostri elettori defezionisti, qualsiasi coalizione vada al potere le cose non migliorano mai.
Un altro dato incontrovertibile è l’indubbia rinascita leghista. Sembrava esaurita, dopo gli scandali di Bossi jr e del tesoriere Belsito, quello dei diamanti africani, e oggi è invece tornata prepotentemente protagonista della scena. Merito di Salvini, senza dubbio, e del riposizionamento del partito, che lo rende ora appetibile anche al di fuori dei suoi precedenti confini padani. La Lega è l’unica forza politica ad aver aumentato i suoi elettori anche in valore assoluto, nel confronto con le due ultime consultazioni (politiche ed europee), e a fronte di un incremento dell’astensionismo di oltre 10 punti, la dice tutta sulla sua nuova presa elettorale. Ora è la Lega Nord (un appellativo che dovrà presto cancellare) ad essere il leader della coalizione di centro-destra e a candidarsi come punto di riferimento di quell’area negli anni futuri.
L’esatto contrario è invece accaduto al Pd, che perde ovviamente milioni di elettori, vista la scarsa partecipazione, ma perde anche quote di votanti particolarmente elevate. Si sa, e l’ho sottolineato più volte, le amministrative sono elezioni particolari, difficilmente confrontabili con quelle nazionali. Ma il fatto resta: l’accresciuto appeal del partito della svolta renziana sembra aver perso lo smalto iniziale, e le forti defezioni provenienti anche da quell’area costituiscono un monito importante per la stessa politica del governo. La fiducia in Renzi comincia a vacillare, ed una alternativa comincia a divenire più credibile.
Un’alternativa che pare avere il volto dei pentastellati. Un volto più anonimo, rispetto agli scorsi anni: Grillo si fa vedere e sentire sempre più di rado, ed è possibile che da qui alle prossime consultazioni legislative riesca a crescere una nuova classe politica in grado di proporsi forse anche come classe di governo, e non solo di forte opposizione. Insomma: elezioni transitorie, queste, forse poco indicative in sé, ma che in realtà possono gettare le basi per interessanti sviluppi futuri nell’arena politica italiana. Staremo a vedere.
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