Partiti e politici

Trump o non Trump, rivogliamo indietro tutto come prima?

Trump e la sua gestione hanno sconvolto l’Occidente. Tornare al “prima” è impossibile: la Storia ha ripreso a correre. Serve un’Europa forte, armata e autonoma, ma le élite politiche attuali sono inadeguate. Ricostruire significa cambiare, non solo rimpiangere.

18 Marzo 2025

“Ho fatto un sogno, un sogno all’incontrario,

ho sognato che tutte le cose che andavano bene andavano male e tutte le cose che andavano male andavano bene.

Andava quasi tutto bene”

Paolo Rossi – Un sogno all’incontrario

Portiamoci avanti col lavoro: le conseguenze dei quattro anni più pazzi del mondo della gestione Trump/Musk/Vance del paese più importante e potente dell’Occidente, dal secondo dopoguerra fare politico, economico e militare dell’Occidente stesso possono essere, alla grossa tre (in ordine crescente di probabilità).

Si instaura una democratura senza regole, che tra le mille conseguenze catastrofiche comporterà il sovvertimento dell’ordine costituzionale americano e un comportamento internazionale da plutocrazia canaglia.

La recessione sgonfia il cialtronismo degli uomini soli e ubriachi al volante: già con le elezioni di mid-term Trump perde la maggioranza al Congresso (se nel frattempo i democratici escono dal torpore depressivo) e si avvita in uno spettacolo indecente di minacce e rivendicazioni sgonfie, per poi uscire mestamente di scena.

L’America resta un ibrido di democrazia formale e post-democrazia sostanziale: nulla veramente viene abbattuto, ma tutto è intaccato e soprattutto è intossicato e toccabile. Chiunque venga dopo, avrà a che fare con un panorama di devastazione sociale e civile difficile da rimettere insieme, un’entropia permanente senza più punti fermi.

E noi cosa facciamo?

A parte nel primo caso, in cui toccherà in qualche modo salire in montagna senza porsi troppo il problema delle differenze ideologiche, negli altri casi si pone, ovviamente ora solo come gioco, il “che fare?”. O meglio, che è dove voglio arrivare, come ricostruire dopo lo tsunami. L’idea è proprio quella di una casa, spazzata da un evento estremo, di quelli ormai piuttosto, ahinoi, frequenti. Ecco, passato il disastro, ricostruireste la casa esattamente, filologicamente, come prima, o approfittereste per dei cambiamenti che l’inerzia rendeva prima troppo complessi?

Me lo sono chiesto leggendo le cronache, e la sempre lucidissima analisi di Jacopo Tondelli, sulla manifestazione per l’Europa a Roma di sabato. Festa di piazza di tanta bella gente, unita dai migliori sentimenti e dall’emozione buone, putita e giusta che evocano le bandiere blu con le stelle gialle, che sanno di cose solide e ordinate.

Quelle brave persone in piazza del Popolo chiedevano di tornarci, alle cose pulite e ordinate, a “un prima” rispetto all’orrore di una cleptocrazia che si impossessa di Washington e di un presidente che ha iniziato la linea verticale di discesa che porterà al Presidente Dwayne Elizondo Mountain Dew Herbert Camacho del film Idiocracy. Ma sarà molto difficile tornare a un “prima”, fare finta che quello che accade non sia mai accaduto e soprattutto riportare la Storia alla sua fine, proprio nel momento in cui ha imperativamente ricominciato a correre.

Vale innanzitutto per il casus belli del riarmo europeo, in cui l’Italia ha deciso di giocare ancora una volta il ruolo di cacadubbi e di frammentarsi in mille rivoli, anche all’interno delle coalizioni. C’era in piazza chi comunque è contro ogni guerra e sarebbe per l’azzeramento delle spese militari e chi, come chi scrive, sostiene l’antipatica necessità di dover mettere mano al portafoglio per accrescere e riorganizzare il potenziale militare europeo: l’Europa viene da Venere perché (quasi) mai muove guerra, e quando l’ha fatto dal 1945 in poi l’ha fatto (a parte i fattacci coloniali) sotto l’ombrello americano, ma oggi la situazione è completamente cambiata.

Trump sta picconando l’ordine della NATO e il ruolo dell’America come gendarme del mondo e nostro fratello grande e il nostro principale nemico è una dittatura eurasiatica con l’atomica e tanta aggressività: o ci mettiamo all’altezza di esercitare in proprio una qualche forma di deterrenza militare, o dormiremo preoccupati per il resto dei nostri giorni. Non essendo ahimè baciato dalla Fede, non capisco le argomentazioni cattolico-pacifiste sulla Pace e sulla Guerra slegate dall’esperienza concreta delle relazioni tra Stati, che oggi ci vedono in pericolo e costretti a difenderci. Certamente costerà, innanzitutto euro, e se va male anche capitale umano che non abbiamo: ci mancano gli idraulici, a maggior ragione ci mancheranno i soldati, e per questo dobbiamo armarci in modo integrato, spendere per la tecnologia e mandare avanti, come sempre, chi ha meno alternative dei nostri figli della “generazione Erasmus”.

Il tartufismo del PD sul riarmo europeo, che è andato in scena in piazza dopo la prima in Parlamento, da il senso dell’inadeguatezza di una classe dirigente, che si sapeva, ma è soprattutto il paradigma di un intero mondo che non ha capito che la Storia si è messa a correre e pensa che ci si possa ancora permettere di motteggiare, di guerra come di qualsiasi altra cosa, convinti che tanto non succede nulla, adolescenti che fanno casino tanto poi papà e mamma sistemeranno. Peccato, non è più così, qualcosa è successo, e anzi nel caso di Trump è successo e risuccesso, anche perché la prima volta si è pensato a uno scherzo, una burla della Storia, e non a una sua tanto crudele quanto pura manifestazione, che ha messo tutto a soqquadro.

Il riarmo europeo, all’interno di un ruolo più incisivo dell’Europa come chiedeva la generosa piazza romana, può e deve essere un pezzo della ricostruzione di una casa abbattuta dalla Storia, senza cedimenti all’inerzia, ma anche senza quello scarico di responsabilità che nasceva appunto dalla combinazione di ombrello americano e senso tutto occidentale che niente di brutto sarebbe mai successo alla nostra democrazia e alla nostra prosperità, e dunque si potesse tranquillamente fare e dire quello che si voleva ed occuparsi di farfalle.

Se dobbiamo ricostruire, non solo dobbiamo dotarci di un esercito e di armi (in luogo di quelle, giova ricordarlo, che ci garantiva la NATO con azionista di maggioranza gli USA), dobbiamo anche ricostruire un’economia che non ci potrà più vedere solo nel ruolo degli esteti bohemien, che si possono permette con un tratto di penna di distruggere un’industria fondamentale come l’automotive solo per essere i più bravi di tutti, soprattutto quando i tutti se ne fottono di chi è più bravo.

Se dobbiamo ricostruire, dobbiamo sapere che ci sono temi, come le migrazioni, che oggi sono, volenti o nolenti, incendiari, che spostano il voto delle masse a Destra e per questo devono essere gestiti con cautela, al di là di quello che è semplicemente morale e giusto, come hanno sempre fatto le leadership politiche vere.

Poi, visto che la casa di prima non c’è più e stiamo facendo brainstorming sulla nuova tinta alle pareti, dedicherei a temi come il linguaggio inclusivo, la cancel culture, il Patriarcato e tutte le battaglie culturali di retroguardia, che si sono prestate alla mostrificazione che ne ha fatto la Destra come se fossero tutto quello che ormai interessava ai progressisti (e per qualcuno è purtroppo vero), un tempo e un’attenzione di pochissimo superiore alla regolamentazione delle scuole di flauto dolce e di flauto traverso, e ben inferiore a quello sul riutilizzo delle lane usate nell’industria tessile. E’ stato bello finché si poteva, ma oggi siamo scivolato di parecchi gradini dalla Piramide di Maslow e non si può più.

Possono gestire le ricostruzione le classi dirigenti di oggi? Non scherziamo, ovvio che no. Pensavano, loro e chi li ha scelti, di gestire l’animazione della fine della Storia, al massimo di rivendicare lo spazio per identità di nicchia che interessano solo il nucleo duro dei loro fan, si ritrovano in un casino in cui non sanno minimamente che fare e che dire, senza visione, cultura, profilo che non sia Instagram. Ci sta, si cambino anche loro.

Io, che sono al fondo un maschio progressista conservatore di mezza età, ho più interesse per cosa succede dopo, malgrado e grazie allo scompaginamento che solo la Destra è storicamente in grado di portare, che nostalgia di un prima che se fosse stato così bello non ci avrebbe condotti in queste condizioni. Perciò buttiamole le foto della casa vecchia, e cominciamo a lavorare alla nuova. Non è mai troppo presto.

 

 

 

 

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