Partiti e politici
Tristi aspettative per la sinistra europea: un futuro con poche luci
“I giorni di Natale sono forse gli unici, sul calendario, che unificano l’Occidente egemonico, nostalgico e tramontante”, scriveva ieri Jacopo Tondelli nel suo articolo ”Natale, il giorno giusto per guardare il mondo del nostro morente privilegio”. Un mondo occidentale che sta perdendo progressivamente anche ciò che resta della sinistra. Le attuali difficoltà di quei partiti affondano le loro radici sia nella loro storia passata che nelle loro esperienze recenti.
Trent’anni dopo la caduta del muro di Berlino, i tentativi compiuti dai principali partiti di sinistra europei di impegnarsi in una vera rivalutazione delle realtà sociali e politiche, o di fare i conti con i cambiamenti economici e del mercato del lavoro dipendenti dalla globalizzazione, ha dato finora risultati incerti e contraddittori. Ciò vale sia per il Labour in Inghilterra che per il PD in Italia, così come per l’SPD in Germania, il PSOE in Spagna e il Partito Socialista in Francia. E tutto ciò è accaduto anche se questi partiti hanno intrapreso strade diverse per cambiare e aumentare la loro capacità di ottenere consensi in diversi settori della società.
Tra la fine degli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000, tutti questi partiti hanno ottenuto buoni risultati in termini di consenso elettorale. Ma al di là di alterne fortune, negli ultimi due decenni tutti questi partiti sono stati ugualmente accomunati da un costante calo dei loro voti. Un declino che nemmeno i cambiamenti organizzativi del partito, dalle procedure di selezione dei leader alle altre soluzioni democratiche intrapartitiche, hanno potuto contrastare, e che è stato accompagnato anche da importanti cambiamenti di orientamento politico sul piano programmatico.
Questo problema ha recentemente afflitto allo stesso modo gran parte dei partiti di sinistra delle democrazie occidentali, compreso il Partito Democratico statunitense, a causa di un progressivo cambiamento nel profilo sociale degli elettori di sinistra, che sono sempre più composti da cittadini ricchi ed elettori altamente istruiti, che vivono in grandi centri urbani rimanendo al limite delle trasformazioni sociali prodotte dalla globalizzazione.
Sicché – come è stato più volte ribadito – una nuova frattura è apparsa sulla scena politica, dopo quella tra capitale e lavoro che ha caratterizzato nel tempo la formazione dei partiti di sinistra: è la frattura tra Centro e Periferia che contrappone i perdenti ai vincitori della globalizzazione. E questa volta, al contrario del passato, i principali partiti di sinistra occidentali sono chiaramente più capaci di interpretare le aspettative di questi ultimi piuttosto che dei primi.
Non si tratta tanto di rinnegare se stessa, ma di rinnovare la propria ideologia e cultura politica, individuando nuove condizioni idonee a intercettare bisogni, aspettative e paure di una società in cui le domande non possono più essere interpretate in termini di grandi aggregati collettivi, come avveniva con le “antiche” classi sociali, ma sono invece il prodotto di rivendicazioni e richieste individualizzate. Alla luce di questo scenario del tutto inedito, la sinistra dovrà percorrere una strada lunga e complicata per diventare una scelta maggioritaria dell’elettorato occidentale.
Università degli Studi di Milano
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