Partiti e politici
Tra imperi (fragili) e imperatori (miopi): nel 2025 la crisi della politica porterà a riformare la democrazia?
Gli Accordi di Yalta e il mondo bipolare che sottintendeva (garantito dalla deterrenza nucleare) e che fu imposto sono stati definitivamente frantumati nella caduta fragorosa del sistema sovietico sotto le macerie del Muro di Berlino del 1989.
Dalla implosione delle monarchie assolute prima e dalla crisi degli imperi coloniali poi ( tra XVII e XVIII secolo) con l’avvio delle Rivoluzioni Scientifiche e Industriali nasceranno nel ‘900 le dittature moderne (tra Oriente e Occidente, tra Asia e Sudamerica) e lo squarcio delle due Guerre Mondiali per poi aprire le porte alle democrazie costituzionali e al mercato capitalistico in Occidente con al centro l’ascensione sociale delle classi medie aiutate da welfare generosi. Dopo 80 anni di pace e crescita assistiamo a democrazie stanche e corrose dalla crisi fiscale dello Stato e dalla frammentazione politica con relativa crisi della rappresentanza e dei corpi intermedi che soffiano sulla rinascita di Imperi sotto nuove spoglie. L’astensione del voto ormai oltre il 50% è il sintomo più evidente della stanchezza delle democrazie che si avvia con la crisi dei partiti di massa e della rappresentanza dagli anni ‘80 verso partiti personali e ad una radicale polarizzazione che ha svuotato il centro e le classi medie già evidente dagli anni ’90 del secolo scorso. Stati, società e mercati rispondono con un allargamento della globalizzazione commerciale e industriale che tuttavia dopo 30 anni ha prodotto effetti asimmetrici e diseguali in termini distributivi frammentando quelle traiettorie geopolitiche globali post-coloniali a cui la Guerra Fredda ha fatto da “collante” storico-politico e militare con la deterrenza nucleare. Grande il contributo della crescita della Cina alla riduzione della povertà assoluta seppure accrescendo quella relativa, come esito progressivo fondamentale della miope scelta della tripartizione: manifattura alla Cina, Energia alla Russia e Sicurezza agli USA. Riduzione della povertà assoluta e delle tante altre povertà che la Cina ha sospinto con una crescita impetuosa a due cifre per i lunghi 30 anni nel dopo Deng Xiaoping rallentando negli ultimi 10 (dunque “stanchezza” anche nelle autocrazie?). Oggi le democrazie si dibattono stremate nel conflitto tra Modelli di Governo trainati in prevalenza da poteri giurisprudenziali-costituzionali e Modelli trainati da poteri esecutivi sostenuti dalla polarizzazione delle opinioni pubbliche e un rafforzamento delle destre estreme che si alimentano dell’anti-costituzionalismo e della crisi delle leadership collettive sostituite da capi autoritari e/o autocratici (dalle democrature dell’Ungheria di Orban in Europa e della Turchia di Erdogan sul confine tra Oriente e Occidente fino al trumpismo e al Milei argentino, passando poi alle autocrazie consolidate di Putin in Russia alla Cina di Xi Jinping o alle dittature di Kim Jong un in Nord Corea). Nel complesso le democrazie legislative costituzionali sono corrose dall’interno e dall’esterno aprendo la strada a Nuovi Imperi, con isolazionismi e sovranismi “ibridi” per effetto di una radicale polarizzazione della rappresentanza politica e una trasformazione delle sue forme istituzionali nello squilibrio tra esecutivo, legislativo e giudiziario a favore del primo ben oltre le cosiddette Repubbliche Presidenziali e con leadership tanto forti quanto “miopi”.
Fragilità democratica e rafforzamento degli Imperi
Allora, all’esterno le democrazie sono corrose dal rafforzamento di Nuovi Imperi tra i quali USA e Cina in primo luogo, ma seguiti da corone a geometria variabile di meta-imperialismi regionali tra i quali certo quello della Russia di Putin e della Turchia di Erdogan (membro Nato), ma anche dello Stato di Israele guidato da Nethanyahu che pensa alla Grande Israele dopo il pogrom del 7 ottobre 2023 come “regolatore della forza” di un Nuovo Medio Oriente con al centro l’Alleanza tra la Nazione di Abramo e alcuni paesi arabi non sciiti e tra questi l’Arabia Saudita saldati negli “Accordi di Abramo”. Gli Accordi di Yalta e il mondo bipolare che sottintendeva (garantito dalla deterrenza nucleare) e che fu imposto sono allora definitivamente frantumati nella caduta fragorosa del sistema sovietico sotto le macerie del Muro di Berlino del 1989. Quegli equilibri provano a ridefinirsi in un mondo multipolare garantito dall’azione “regolatrice del conflitto” di una nuova deterrenza “ibrida” assicurata da Nuovi Imperi (USA) (in collaborazione con l’Israele di Netanyahu) e da quelli “risorti” (Cina e Russia) sostenuti (in parte) anche dalla Turchia con una Europa indebolita e indifesa (non più guidata dall’Asse Franco-Tedesco) che resta alla finestra e cerca di esplorare nuovi spazi di manovra globale dandosi più autonomia, di difesa, tecnologica, commerciale ed energetica provando a socializzare nuovo debito per la crescita come con il Covid e Green New Deal per riconquistare crescita e competitività.
Tra i Nuovi Imperatori, i sogni imperiali di Trump li si deduce dai suoi interessi sulla Groenlandia e sul Canale di Panama (4% del Commercio mondiale e per il 66% delle navi cargo), atti a contrastare l’avanzata egemonica commerciale e tecnologico-scientifica della Cina che progredisce nella geopolitica dell’acqua e delle tecniche. Lo strumento di pressione principale USA sembra provenire dai dazi, da una richiesta di aumento delle spese militari nel Patto NATO al 5% ma non sostenibile per molti paesi e da negoziazioni bilaterali sia con il Canada che con l’Europa per indebolire entrambi con “grande miopia”. Infine, lo strumento degli Imperi più formidabile per “manipolare le masse” e “canalizzare il consenso” in una epoca di polarizzazione radicale e di personalizzazione della leadership ai limiti di un cesarismo estremo sembra diventata l’AI che spinge ad una rottura del confine tra politica e business, tra government e techne. Infatti, è con quell’AI che volendo “sostituirsi” ad Internet delle origini (aperto, plurale e gratuito) come ad una Nuova Torre di Babele (Benanti, 2024) da colonizzare sfruttando le enormi miniere di dati che vi sono immerse ne vuole cambiare la natura originaria a partire dagli accessi a pagamento, come fu agli albori di Internet quasi 40 anni fa. L’AI al “servizio dell’umanità” è ormai un sogno infranto contro gli specchi devianti della “realpolitik“. Tanto da spingere i grandi boss di Silicon Valley (e Elon Musk in primo luogo come leader indiscusso e Peter Thiel nell’ombra) ad entrare direttamente in politica senza più mediazioni – a tutta evidenza – per controllarla e canalizzarla con un ridimensionamento del ruolo dello Stato (Stato snello) a favore di “mercati senza regole” e se oligopolistici meglio in uno Stato della decisione dove i Parlamenti si rivelerebbero “farraginosi e lenti “, ben oltre i perimetri “democratici e parlamentari” di liberalismo e liberismo. Accendendo uno dei più devastanti conflitti di interesse ed etici che la democrazia abbia mai conosciuto e che ne stà minando gli equilibri dalle sue fondamenta, ossia nel counter-balance of power tra esecutivo, legislativo e giudiziario nettamente a favore del primo compreso il legame diretto con “folle osannanti” attraverso i megafoni dei social media e di Internet squarciando e indebolendo gli stessi mezzi della comunicazione di massa (TV, Giornali, Radio). Questa l’anima oscura degli Imperi Risorti e che abbiamo peraltro già conosciuto con esiti nefasti. Impero Romano o Impero Ming a confronto sarebbero semplici “macchine della forza supportate dall’aiuto di un qualche Dio”, mentre i Nuovi Imperi sono “macchine cognitive” capaci di diffusa “manipolazione delle masse e delle coscienze, delle opinioni pubbliche” attraverso il controllo dei social-media, delle reti cellulari e delle reti satellitari per trasferire le informazioni, ma anche strumenti sofisticati di nuove “guerre ibride” per controllare il voto democratico e dunque il “potere degli eletti”.
Imperi e ibridazione tra politica e affari: la “Grande Minaccia” a democrazia e governance dei “beni comuni” e del confine tra verità e fake news.
La caratteristica più identificativa dei Nuovi Imperi è allora proprio l’ibridazione tra politica e affari ( e in primo luogo con riguardo a quello tecnologico/AI/Chip e delle reti/Big Data/) quale maggiore minaccia che la modernità stà vivendo e dalla quale può e deve difendersi, riaffermando i valori della democrazia forgiata nella Rivoluzione del 1789 e scolpita nei Diritti dell’Uomo nel 1952 con l’ONU e World Bank accesi anche dal pensiero di J.M.Keynes (e di Virginia Woolf) di Bloomsbury degli anni ’30. Perché rappresenta la più potente arma di manipolazione delle masse a disposizione dei Nuovi Imperi che si stanno formando e posizionando nel controllo della Politica e degli Stati, ridotti a pura tecnica di gestione di interessi “privati” globali. Dunque la forma e i mezzi di questo controllo interessa tutti e direttamente l’intero globo terracqueo dove geopolitica, geo-tecno-business si sono ormai fusi e confusi per rendere irrilevanti i Parlamenti e le Costituzioni. Dove la stessa natura e identità umane sono minacciate da un AI intrusiva che in alcune sue traiettorie – come il Transumanesimo – vorrebbe ibridare con la tecnologia alla ricerca di un “potenziamento dell’umano senza l’uomo” ma che ne mette a rischio la capacità di scelta e decisione consapevoli al servizio di una conoscenza condivisa nella gestione dei comuni (sanità, istruzione, infrastrutture, ambiente, energia). Per questo la democrazia social-liberale che ci ha consegnato il novecento va difesa e protetta dai “nuovi padroni del vapore Imperiale” per quanto questa debba essere aggiornata e rinnovata a partire dalla partecipazione al voto e includendo (migranti, giovani, donne, talenti).
E’ noto ed evidente non da ieri che abbiamo sempre assistito al “trasferimento tecnologico” dal militare al civile e non viceversa. Oggi la novità sta nel fatto che le dimensioni dell’investimento privato in AI ( generativa come ChatGPT) stanno superando quelle pubbliche e il cui “rientro” non è più sostenibile dai soli “mercati finali o intermedi” di beni e servizi privati. Visti i rischi connessi serve allora “collaborazione” pubblico-privato e ove avvenga ibridando all’origine scopi civili e militari sia sotto il controllo pubblico della politica. In Cina è tuttavia sotto il controllo diretto e duro dello Stato Piano (come in Russia per uno Stato Oligarchico Centralizzato), mentre negli USA e in Occidente il controllo del complesso industriale-militare è mediato dai meccanismi della democrazia (parlamentarismo, costituzionalismo e diritto civile e internazionale) e che tale dovrebbe rimanere. Equilibrio che la tech-right di E.Musk vorrebbe invece forzare distorcendo il concetto di sicurezza. Dunque assetti che favoriscono i primi in mondi ad alta conflittualità e in economie di guerra per la velocità di presa delle decisioni, mentre i secondi sono avvantaggiati in mondi “collaborativi” (del dialogo e della pace) e che impongono tempi di adattamento e negoziazione collaborativa. Gli esiti “cesaristi” sono allora da ritenere “critici” in quanto disfunzionali e inefficienti per gli impatti sulle democrazie e sulle società nel loro complesso tanto da ritenersi non desiderabili. E’ chiaro che gli investimenti in AI verso tecnologie civili andrebbe “protetto” dagli inquinamenti militari, o quantomeno ben distinto per fattori igienici, eticamente e socialmente. La seconda caratteristica che attiene alla natura degli Imperi è allora connessa alla natura dell’ibridazione tra scopi civili e militari, dunque politici e di business verso un “controllo totale” delle risorse attraverso la manipolazione delle menti e delle coscienze delle persone che vanno invece mantenute vigili e attive, eticamente e civilmente riaffermando il primato della politica nella libertà e nel pluralismo di una società aperta incardinata nei meccanismi e nelle regole del Costituzionalismo Parlamentare, del Diritto Internazionale e dei Diritti Civili perché si possa sempre distinguere tra verità e fake news, tra realtà e fatti. Certo la separazione netta tra politica ed economia entrata in crisi con la globalizzazione va ripensata con scelte bio-etiche forti e con politiche industriali acconce “oltre” nazionalismi e sovranismi-populisti anche per l’aggressività del nuovo globalismo della tech-right di Elon Musk (viste le intrusioni inaccettabili sia in Italia che in Germania via il social X e che hanno ricevuto una risposta dura e sapiente da Mattarella e Steinmeier). Politiche industriali integrate capaci di rafforzare la manifattura europea e occidentale connettendola a servizi e territori per la sostenibilità ambientale e digitale con appropriate politiche energetiche UE. Per dare risposte strutturali alla crisi di fiducia e alle incertezze crescenti visti per esempio i ritardi europei sulla frontiera tecnologica, nella scarsità energetica e nella crisi ambientale da climate change, oppure nella crisi epocale dell’auto nel salto verso l’elettrico e debole nell’accogliere lo “scarico cinese” verso l’UE della sua sovracapacità e che i dazi USA vorrebbero proteggere “illusoriamente” come strumenti di prosecuzione della politica con altri mezzi e non ultimo nell’impotenza di fronte alle guerre da anni ai bordi dell’Occidente e nel cuore dell’Europa. Risposte che sembrano orientarsi esclusivamente in direzioni “imperiali” usando il proprio spicchio di potere di interdizione e la propria forza (de-localizzata) di deterrenza nei vari teatri (Europa balcanica, Eurasia-Pacifico, Medio-Oriente, Africa) con logiche sovraniste e nazional-populiste. Invece che esplorare nuovi equilibri globali multipolari con i potenziali della forza muscolare e dunque non con occhiali imperiali ma di negoziazione multilaterale e reticolare “oltre” le logiche dei blocchi novecenteschi guidate da vecchi autocrati-oligarchi (da Ovest a Est) aggiornate nelle nuove interdipendenze e complessità segnalate dalle “perma-crisi diffuse“, ormai intrecciate e quasi endemiche (economiche, militari, sanitarie, ambientali, educative) e che gli Imperi non faranno altro che enfatizzare invece che curare e mitigare e che ora alimentano con una trasversale accensione di una global tech-right in particolare guidata da E.Musk.
Quale Governance e crescita “oltre” gli Imperi chiusi e gli interessi della tech-right?
Allora le “logiche imperiali” (anche) sbocciate dalle crisi della democrazia alimentate da “Imperatori” che ne avvelenano i pozzi con modalità differenziate (da Putin a Kim Jong-un, da Trump a Musk a Netanyahu fino a Milei, da Orban a Erdogan a Khamenei) non aiutano né il Government né la Governance di un presente complesso per transitarlo in un futuro stabile, possibile e sostenibile se non in un quadro di alleanze globali di partnership e reciprocità che vanno pazientemente esplorate esercitando le regole democratiche e costituzionali e affermando i diritti civili e internazionale sempre. Per gli USA si tratta allora di valorizzare (non certo “forzare” con dazi) i rapporti con l’UE e con il Canada in primo luogo o anche con il Messico sia per la localizzazione della manifattura americana a sud del Rio Grande che per la gestione dei flussi migratori, oppure per le regole industriali-commerciali per sostenere l’AI senza inseguire gli interessi di pezzi della tech-right guidata da Elon Musk che vuole “abbattere lo Stato e sostituirlo con macchine che producono macchine” e imporre una società transumanista. Per la Cina – che già controlla il complesso tecno-militare e manifatturiero – con lo sviluppo delle relazioni con la Russia seppure con quest’ultima in una posizione di dipendenza strategica alla quale cerca di sfuggire ricorrendo ad alleanze improbabili come con Bielorussia o Corea del Nord o condizionando (inquinando consenso e presenza territoriale di filo-russi) ex paesi dell’URSS (Georgia, Moldavia-Transnistria, Kazakistan) oppure con altri paesi “non allineati” molto differenziati come la Siria o l’Iran da una parte e l’India dall’altra oppure con alcuni paesi africani. Ma anche con piccoli paesi parlamentari come Panama stessa (o l’Honduras) ma controllati da lobby politico affaristiche per la gestione dell’Istmo e dunque delle reti commerciali via acqua, sempre più integrate a quelle via terra e via aria e di grande interesse per la Cina e le sue Vie della Seta per canalizzare le proprie capacità manifatturiere.
Dunque forse due “modelli imperiali chiusi” che si confrontano (e scontrano come in Ucraina o in Siria e Medio-Oriente) ma il cui dominio di medio e lungo termine dipenderà dal grado di apertura nelle loro alleanze strategiche rispetto a quelle tattiche e sempre più alla saldatura tra politica e affari (cfr. right tech). Apertura di alleanze che dovranno considerare un perimetro ampio e non ristretto, ossia dalle fonti di energia alle terre rare alle tecnologie di frontiera, dai beni intermedi e di consumo ai servizi (finanza e banche), fino alla qualità dei sistemi educativi e pensionistici per attrarre talenti e investimenti infrastrutturali e high tech provando ad escludere le intrusioni cinesi e le devianze russe oppure le intemperanze turche per scarsa trasparenza. Processo molto chiaro per esempio nella grande battaglia per il predominio nell’AI, o nei microchip e nei loro standard che stà saldando tuttavia la “rischiosa convergenza” o confusione) tra usi militari e usi civili. La Cina risponde esplorando vie alternative (sia nell’high tech che nella finanza o nelle infrastrutture piuttosto che nelle tecnologie quantiche) tra imitazione e creatività verso nuovi “salti tecnologici” ai quali dovremo dare una attenzione convergente tra USA e UE e Canada e Giappone (la Triade di Ohmae che ritorna allargata?). Quali dei due Imperi prevarrà dipenderà dalle qualità eco-sistemiche delle loro alleanze strategiche e dei loro “affiliati” ma in una prospettiva di allargamento collaborativo e non di chiusura: a valere sia per il “blocco democratico” UE, Canada , Giappone e Messico per gli USA e sia per il “blocco autocratico” di Russia, Iran e Corea del Nord con la Cina. Con India e Brasile in “osservazione del campo di gioco” e la Turchia che punta ad un suo “micro-impero” giocando su più piani trasversali, ma anche qui il successo dipenderà dalle sue capacità di tessere la tela di una negoziazione inclusiva per equilibri di lungo periodo con Curdi o Palestinesi, oppure con gli Ucraini se saràin grado di farlo e se potrà. All’interno di alleanze sempre più variegate e trasversali tra Medio-Oriente e Asia-Pacifico, tra Mediterraneo e Cina soprattutto dopo il “Grande Rifiuto” dell’entrata della Turchia nella UE. La maggiore minaccia per i Nuovi Imperi allora sarà il bisogno di libertà dei Popoli (con e senza terra) e le regole costituzionali di Stati liberi e democratici verso democrazie compiute e che oggi domandano riforme e innovazioni partecipate. Tracce di “Piccoli Imperi” si cominciano a intravvedere anche in Italia per esempio nella ultima gestione della Legge d Bilancio che estromettendo il Parlamento (non solo l’opposizione, ma la stessa maggioranza) dalla discussione ha avviato un sostanziale “monocameralismo a corrente alternata”(Ainis) facendola deliberare in Commissione in 30 ore a 30 “mandarini/vassalli” e dunque la politica come “cucina di pura tecnica”, con “Imperatori (non illuminati) in erba ” che scelgono in continuo di ricorrere alla “fiducia”. Unica funzione rimasta ai parlamentari per guadagnarsi la futura pensione, il silenzio e pigiando un bottone, mentre in Commissione quasi 90 misure della LdB sono inferiori ai 5 mil.ni e 17 dei 30 miliardi a riduzione delle tasse al servizio di lobbismi diffusi ed elettoralmente asimmetrici (condoni compresi) che aumenteranno la montagna di risparmio (per qualcuno) ma non consumi e investimenti. Il “monocameralismo imperiale” è servito, con il taglio di centinaia di milioni di euro a istruzione e cultura e con una sanità allo sbando e dunque efficacia decisionale, produttività, competitività e riforme possono attendere in un paese senza crescita nonostante PNRR e salari decrescenti. La stabilità ragionieristica rinchiusa nella gabbia weberiana di stampo sovranista-identitario e nazional-populista come unica “leva del potere per sé” per il galleggiamento nell’immobilità non è sufficiente alla “Piccola Imperatrice dell’Impero degli annunci” per riempire il vuoto totale di fiducia e speranza nonostante il PNRR, il potente simbolismo di apertura della Porta del Conclave di Francesco e le prossime Olimpiadi Bianche Milano-Cortina mentre la crisi manifatturiera avanza inesorabile in totale assenza di una politica industriale e dell’automobile in particolare. Ai balocchi dell’ombelico identitario servono Riforme ma quelle promesse (Autonomia differenziata, Premierato, separazione delle carriere) sono rimesse nel freezer di una Storia ancora tutta da scrivere (o da riscrivere?) perché non sembrano propellenti di una frustata liberale (e nemmeno liberista) per la crescita e la competitività che non sgorgano miracolosamente dall’”anti-qualcosa” (anti-elite, anti-statalismo, anti-immigrati, anti-modernità, anti-parlamentarismo, anti-liberalismo, anti-pluralismo, anti-ambientalismo, anti-industrialismo, anti-europeismo, anti-comunismo). In attesa di un Governo “pro-qualcosa”, la sinistra si dia forme e programmi (intanto con un “Governo Ombra”) per costruire una alternativa credibile e sostenibile “oltre” Imperi e Imperatori perché il tempo fugge veloce e non attende e il paese ha urgente bisogno di unità e di un orizzonte di Riforme oltre le “rondini di primavera” di un 2025 che sarà durissimo.
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