Partiti e politici
Silvio Berlusconi, che tenerezza!
Chissà, forse davvero Silvio Berlusconi sperava di replicare nel salotto di Fazio il colpaccio di due anni fa, quando incendiò la puntata di Servizio Pubblico – con tanto di spolverata alla sedia e letterina a Travaglio – rilanciando la sua campagna elettorale quando ormai sembrava finito. E invece, eccolo lì, il Caimano: visibilmente invecchiato, per la prima volta vittima di un conduttore che – dietro la facciata iperbuonista – l’ha messo più di una volta in difficoltà, privo di quella luce negli occhi che ha fatto sì che tutti gli riconoscessero, sempre, la fama di “combattente”.
Un Berlusconi impegnato a convincere se stesso di aver “portato a termine tutti i grandi progetti” cui ha dato vita, proprio mentre si trovava impegnato per l’ennesima volta a giustificare il fallimento del suo progetto più importante: la rivoluzione liberale. E tutto questo mentre, spietato, Fazio gli passava in rassegna quanto Renzi ha combinato (nel bene e nel male) in questo anno al governo: Italicum, Jobs Act, Legge anticorruzione, ritorno del reato di falso in bilancio, dimenticandosi pure la norma (di origine parlamentare) sugli eco-reati.
Un Berlusconi vecchio, stanco, a tratti quasi svogliato, costretto a invocare “applausi di incoraggiamento” necessari per colmare un silenzio che, altrimenti, sarebbe stato imbarazzante (ma gli sono arrivati anche applausi spontanei). Vi immaginate cosa sarebbe successo se il Cavaliere fosse approdato a Che tempo che fa nei primi del 2000, o anche solo pochi anni fa? La tensione sarebbe stata palpabile, e difficilmente il pubblico sarebbe stato così propenso ad accordargli qualche applauso di simpatia.
La verità è che, ieri, l’ex nemico pubblico numero uno di tanta parte d’Italia, l’uomo accusato da tanti (me compreso) di aver rovinato il paese nei 20 anni in cui ha monopolizzato la politica italiana, faceva quasi tenerezza. La tenerezza che si può provare per un ex acerrimo rivale che ormai non fa più paura, che non ha ancora deposto le armi, ma che è difficile prendere sul serio quando l’arena politica è occupata da personaggi come Renzi e Salvini che – ricordava perfidamente Fazio – sono più giovani dei suoi figli di primo letto.
Come si fa a prendere sul serio Berlusconi? Ancora oggi, nel 2015, legato a una comunicazione in cui riesce perfino a ventilare il pericolo del comunismo (sventato grazie a lui ma ancora oggi rievocato). La differenza col suo (per certi versi) successore è devastante: se Renzi parla di futuro, Berlusconi racconta ancora la storiella del 1994; se Renzi si impegna a dirci ogni santo giorno che è “la volta buona”, Berlusconi spiega perché la sua rivoluzione liberale ha fallito; se Renzi si impegna (con risultati alterni) a masticare l’inglese, Berlusconi sfrutta ancora la sua conoscenza del francese che “fa così vintage”.
Il risultato è che davanti allo schermo non appare un combattente, un politico con cui ancora oggi bisogna fare i conti; bensì l’ombra di se stesso, che racconta agli italiani quello che è stato il paese del passato, quello in cui lui era protagonista. E che riesce ancora oggi a raccogliere interesse attorno a lui non perché leader dell’opposizione (quale opposizione?), ma perché fa ormai parte dell’aneddotica del paese. E gli aneddoti (sul 1994, sul comunismo, sulla rivoluzione liberale, sulla giustizia, sulle tasse) non c’è niente di meglio che farseli raccontare dal protagonista di quelle vicende. “Dai Silvio, raccontaci ancora quella dei giudici che ti perseguitano!”.
Una sorta di Geronimo, che dopo aver combattuto i coloni americani per lunghissimi anni, si era ridotto a vivere nella riserva indiana, convertito al cristianesimo, e a guadagnarsi da vivere firmando autografi agli stessi bianchi contro cui aveva lottato. Ecco, Berlusconi, oggi, viene ospitato nelle riserve indiane della sinistra, convertito giocoforza al renzismo, e si guadagna da vivere (politicamente parlando) raccontando simpatiche storielle per far sorridere quel pubblico che tempo fa l’avrebbe visto con gli occhi iniettati di sangue. Che tenerezza, Silvio.
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