Partiti e politici
Siamo tutti Salvini
C’è una scena che mi ha colpito più di altre in 1992, la nuova serie di Sky andata in onda martedì 24 marzo. Pietro Bosco, ex militare divenuto eroe per aver salvato un esponente dell’allora neonata Lega Nord dal pestaggio di due albanesi, si presenta ad un comizio davanti ad una folla urlante di sostenitori leghisti. Erano giorni che si preparava a quel momento, ma quei due-tre punti alla base dello statuto del partito proprio non gli entravano in testa. Eppure non era nulla di troppo complicato: meno intrusione dello Stato nell’economia, meno tasse alle imprese, costruzione di un sistema federale. Ma nulla, questi precetti Pietro non riesce a memorizzarli. Ecco che allora davanti alla folla improvvisa un’invettiva contro i politici dell’epoca, un “mandiamoli a casa cazzo” che ripete fino all’esaurimento. Proprio grazie a quel comizio, diverrà deputato.
Era il 1992, un 1992 immaginario poiché stiamo parlando di una serie tv, ma quella scena diventa oggi, 23 anni dopo, di estrema attualità.
La Lega Nord del 2015 è un partito che continua a proporre personaggi che fanno del populismo la loro arma più forte. I leader del movimento dicono quello che la gente comune vuole sentirsi dire, parlano come loro, scendono dalla galleria della politica per raggiungere la platea del popolo. I politici leghisti sono, e sono sempre stati, comuni cittadini. Piuttosto che perdersi in discorsi tecnici incomprensibili ai più, preferiscono parlare in modo semplice ed essenziale cavalcando l’onda della rabbia popolare. Insomma, chiunque di noi può essere un deputato della Lega poiché non serve masticare con cognizione di causa nozioni di politica, economia, società. Alla fine l’importante è dire “mandiamoli a casa cazzo” e questo dovremmo essere capaci tutti di dirlo.
Bello, verrebbe da pensare. Il 1992 ha portato un nuovo modo di affacciarsi alla politica, un modello sempre più inclusivo che permette ad ognuno di noi di poter diventare qualcuno, di dire la nostra, di farsi portavoce del malcontento popolare. La fine della casta politica, il tramonto di quei personaggi attaccati alle loro poltrone da anni e pronti a morire e a decomporsi su di esse. In questi due decenni grazie a partiti come la Lega si è aperta una nuova stagione politica, è entrato un nuovo vento nel mondo istituzionale, un vento democratico e partecipativo dove non serve una laurea o un’esperienza nel settore per poter fare politica. Lo sa bene Pietro, ma lo sa bene anche il benzinaio Stacchio, che sparando al ladro nella gioielleria di fronte alla sua pompa di benzina è diventato la reincarnazione nel mondo reale del Pietro Bosco di 1992. Ora Stacchio viene invitati ai comizi, è in televisione, è sui giornali. Stacchio uno di noi, Stacchio deputato, Stacchio Presidente del Consiglio e poi magari della Repubblica. Siamo tutti Stacchio, basta poco per diventare eroi e basta ancora meno per diventare eroi della Lega. Se volete entrare in politica, se è il vostro sogno, non perdete anni sui libri a studiare o nelle istituzioni a fare i portaborse. Il nuovo modello di politica populista, quello nato con la Lega e ora ripreso anche dal Movimento 5 Stelle, non ha bisogno di questi profili. Vogliono gente comune, perché tutti siamo potenziali politici, basta fare qualcosa per dimostrarlo. Basta essere eroi (per loro).
L’universalizzazione della figura del politico. Chiunque può essere Salvini, Grillo, Renzi. Non sembra nulla di strano detto così, anzi se ne resta affascinati perché questo significa la morte della politica di casta fatta sempre dagli stessi uomini.
Ribaltiamo però il ragionamento. Se tutti possiamo essere politici da un giorno all’altro, allora possiamo anche svegliarci domani mattina ed essere idraulici. O piloti. O scienziati.
No, non funziona così. C’è una svalutazione della figura del politico, sembra che fare politica sia la cosa più semplice del mondo, che non servano conoscenze né passione né entusiasmo. Chiunque può fare politica, io, tu e pure tuo figlio di 12 anni. Lo può fare il Pietro di 1992, lo può fare Stacchio. Lo può fare Borghezio, il Trota, Razzi.
La rivoluzione partecipativa della nostra classe politica è bella, ma non si fa così. Non si fa mettendo il nostro paese nelle mani di persone che non hanno una minima cognizione di causa del mondo in cui si ritroverebbero ad operare. Così come non si mettono nei laboratori persone che non hanno mai preso una provetta in mano, o non si dà una chiave inglese in mano a chi non saprebbe nemmeno da che lato prenderla. Il problema non è Stacchio, o Pietro, ma chi li prende come manichini e li piazza su una poltrona in quanto sintesi perfetta degli ideali di partito.
No, non funziona così. Ad ognuno la sua professione. Ci sono ragazzi che studiano e vivono di politica, che sono preparati, che sono motivati e che sognano di diventare la classe politica del futuro. Hanno le conoscenze, le capacità, il profilo giusto per togliere di mezzo la classe politica legata alle poltrone da decenni. Il futuro è loro. E invece proprio loro la sera accendono la tv e devono vedere personaggi come Salvini ospiti di qualunque trasmissione, sempre lì con l’Ipad a spammare post imbarazzanti, come quello su alcuni ragazzi di colore che giocano a calcio e il commento “Intanto, per ingannare il tempo, alcuni immigrati giocano a pallone. D’altronde 24 ore sono lunghe da riempire”.
A scrivere queste cose sono le stesse persone del “mandiamoli a casa cazzo”. Sono i portatori della rivoluzione partecipativa della politica, della politica fatta dall’uomo qualunque, dall’eroe. Siamo tutti Salvini, perché nella loro visione di sistema chiunque di noi può ritrovarsi domani mattina su una poltrona a definire le sorti del nostro paese. Governi con il Trota Presidente del Consiglio, Salvini Ministro dell’Interno, Borghezio agli Esteri, Razzi alla Giustizia e Calderoli alla Difesa. Probabilmente non riuscirebbero nemmeno a trovare l’entrata di Palazzo Chigi.
Siamo tutti Salvini perché ognuno di noi può diventare un leader politico. Siamo tutti Salvini, tutti scienziati, tutti idraulici, tutti informatici. Nella loro logica le competenze non contano più, basta imparare uno slogan populista, mettere due post ai limiti della dignità umana e sei pronto per diventare Presidente del mondo.
Sì, mandiamo a casa la nostra secolare classe dirigente, sosteniamo la rigenerazione politica. Ma mandiamo anche a casa chi fa di questo slogan la sua unica ragione d’esistenza. La rivoluzione dal basso del sistema politico non deve basarsi sul Siamo tutti Salvini, altrimenti tanto vale iniziare a scavare la fossa all’Italia.
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