Partiti e politici
Siamo cadaveri politici. Ma se i morti azzannassero i vivi?
A che cosa è servito Matteo Renzi se non a garantirmi ancora qualche anno di sopravvivenza giornalistica? Ma io adesso sono morto. La prendo sul personale, anche se la questione è molto più larga e riguarda voi. Perché anche a voi cittadini-elettori, il caro Matteo ha garantito qualche anno in più di vita, amato, odiato, indifferente che fosse. Gli dovremmo almeno della gratitudine, unendola a un’incazzatura feroce per essersene andato troppo in fretta, così privandoci del giochino preferito. E oggi, pur con tutto il bene e la considerazione, la sua seconda volta ha proprio le caratteristiche classiche, marxianamente parlando, per rimodellarsi in farsa. Dico Renzi e non altri, perché solo lui in questi anni è riuscito a toccare le corde del cuore. A ri-appassionarci alla politica. Un pregio enorme. L’ultimo era stato Berlusconi, un autentico fuoriclasse e naturalmente imparagonabile. E con una prerogativa assoluta: prima di scendere in campo mai un giorno di politica, solo lavoro, quello vero, non quello del boy scout toscano. Un paradosso che nella storia mondiale dei fenomeni politici è (e probabilmente rimarrà) un unicum: l’Apolitico che in pochi mesi sbaraglia tutti i professionisti del settore e si mangia l’Italia.
Dunque se io sono morto, giornalisticamente parlando, voi cittadini-elettori siete morti politicamente. Cadaveri sul tavolaccio della morgue. Solo che qualcuno adesso dirà: e allora il Pd? Ma chi segue il Pd e ha anche il fegato di appassionarsi, sa perfettamente di essere un morto che cammina. Lasciamo stare i Cinquestelle per carità di patria. Qui siamo addirittura a questi fantasmi. Semmai dovrebbe dirsi vivo, secondo numeri e proiezioni demoscopiche, solo l’elettore leghista. Ma c’è più di un dubbio che l’elettore leghista possa vantare un orgoglio di appartenenza, se non altro perché la buona parte di quel 30 e passa per cento attribuito a Salvini vive la Lega soltanto come strumento egoistico di interessi personali. Una zattera per andare di là. Di storie, ideologie, appartenenze, neanche l’ombra. Salvini ci deve portare a una relativa tranquillità di destra, sgombrare i disperati, farci guadagnare un po’ di schei. Quindi gli elettori leghisti sono solo dei “momentaneamente vivi”. Torneranno morti tra un tot.
A quale straordinario fenomeno stiamo dunque assistendo? Che essendo noi tutti morti, irrimediabilmente liquidi, siamo inaffidabili come merce di scambio per qualunque partito. Nessuno è in grado di elaborare una minima strategia per la formazione del consenso, nessuno sa come acchiapparci, nessuno può prevedere i nostri gusti, le nostre insofferenze, i nostri nervosismi, i nostri desideri. Sì, parlando di desideri, magari che ognuno vorrebbe star meglio, se faccio impresa pagare meno tasse, se sono operaio condizioni di vita migliori, se sono notaio che non mi tolgano neppure i cento euro di transazione (accade anche questo in un’Italia di merda). E via così. Ma qui siamo tra gli ideali della storia, la rivoluzione liberale e le cianfrusaglie da corporazione, unica stella polare di questa politichetta. Parlando invece di politica un po’ più alta e complessa, il paziente non risponde più alle sollecitazioni. Un po’ per volontà personale – qualunque sollecitazione politica viene schizzata come testimoni di Geova al citofono – un po’ perché il valore del titolo politico si è completamente azzerato. Il mercato non lo tratta neanche più. Per uno studioso attento, o per un feticista, una fase in qualche modo straordinaria.
Non vedendo la luce, il popolo dei morti si muove senza una prospettiva. Accumula un senso pessimista che rende la società particolarmente ostile e diffidente. Ne assiste al disfacimento, unendosi furbi sfruttatori del momento a genuini nostalgici del passato, in un unica sbobba maleodorante. E come al solito, in questi momenti, si possono fare buoni affari nel grande mondo della politica. Lo dice, lo conferma, l’ultimo rapporto della Guardia di Finanza, dove si ribadisce con nettezza che la criminalità si insinua pesantemente negli appalti pubblici (ma quando ha mai smesso, riflette il cittadino seppur morto) e nella finanza online. Il disamore che vira al pessimismo è una brutta bestia per i partiti politici. Non è più quel senso di diffidenza che era comunque scalabile o almeno aggirabile. No. Adesso, cara politica, stammi lontano almeno un palmo.
Ma con quali parole d’ordine si può recuperare una pallida speranza? Qualcuno dice «coerenza», che in politica è come bestemmiare. Questa volta la partita sembra più aperta. L’ultimo passaggio ha segnato molte facce, molte coscienze, i giocatori delle tre carte, abitualmente nascosti negli angoli bui della città, sono venuti allo scoperto e quel tavolino di legno traballante lo hanno piazzato proprio sulla piazza centrale, spudoratamente. Governo vince, governo perde, signori fate il vostro gioco. Come al solito, grazie a un magheggio inimmaginabile, ha vinto il banco. Noi morti abbiamo perso la puntata. A furia di spingere, spingere, verso l’estremo, giustificando l’osceno con la “democrazia parlamentare”, la politica però potrebbe rompere tutto. Potrebbe accadere davvero che qualcuno imbocca la via della dignità e che quella via piaccia anche ad altri morti, che miracolosamente ricominciano ad animarsi. E come in «The Walking Dead» azzannando i vivi.
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