Partiti e politici

Unioni civili: ma senza partiti non staremmo meglio?

20 Febbraio 2016

Ha ragione Emma Bonino, non c’è alcun dubbio. Fosse dipeso dai partiti, o dalla classe politica, avremmo aspettato ancora molti anni per avere nel nostro paese una legge sul divorzio, o sull’aborto; né avremo entro breve una legge sulle unioni civili. Per non parlare dell’eutanasia, della morte consapevole, o di una legge decente sulle adozioni, anche soltanto per i benedetti eterosessuali, che devono aspettare anni per riuscire ad adottare un bambino, quando ci riescono. Con gli orfanotrofi stracolmi di orfani, che in alcuni paesi vivono a volte in condizioni subumane.

Semplicemente (e facciamo pure un po’ di populismo), i governanti di maggioranza o di opposizione se ne fregano delle situazioni reali, dei cittadini, di chi aspetta una parola definitiva dal parlamento su questioni che riguardano tutti noi. Non è questa la priorità della politica. Gli esperti politologi fanno una distinzione essenziale tra “policies” e “politics”. Con il primo termine si fa riferimento alle vere e proprie politiche che vengono adottate da chi governa, o dal parlamento; con il secondo alle questioni interne dei rapporti di forza tra i partiti o all’interno dei diversi partiti. Ebbene, in Italia i temi di discussione sembrano essere centrati, nella maggior parte dei casi, proprio su quest’ultimo elemento. Non tanto sulle cose che si devono fare, quanto sulle geometrie delle interazioni intrapartitiche.

Ne è l’esempio più lampante la discussione interminabile che stiamo vivendo in questi giorni sul tema delle unioni civili. Numerosi sondaggi hanno chiaramente mostrato come gli italiani siano in grande maggioranza d’accordo sulla possibilità che le coppie, di tutti i tipi, siano legittimate nella propria scelta di convivenza. Bene, diremmo noi, perché non si fa una legge semplice semplice che stabilisce la legittimità di queste unioni? Troppo facile. Meglio introdurre un po’ di complicazioni. Ad esempio: perché non inserire nella proposta di legge anche qualcosa di molto dibattuto, controverso, che provoca accese discussioni tra i cittadini stessi? Cosa inventiamo, allora? Pensa e ripensa: trovato! La “stepchild adoption”. Cioè l’adozione del figlio di uno dei componenti la coppia dello stesso sesso.

Ormai tutti noi sappiamo di cosa si tratta. Sarebbe la situazione in cui: un uomo e una donna fanno un figlio; dopo un po’ uno dei due (o entrambi) scoprono di essere omosessuali; si lasciano per formare una nuova coppia; il figlio, supponiamo, viene lasciato alla madre; dopo qualche tempo la madre muore ed il figlio, ancora minorenne, rimane solo; il padre, che ora sta con un altro uomo, si prende a carico il figlio; il partner del padre, d’accordo con il padre stesso, vorrebbe che il figlio di lui fosse adottato dalla coppia perché, in caso di morte anche del padre, suo figlio non rimanga solo.

Una situazione che, da alcune stime effettuate, sembra che riguardi attualmente una quota intorno ai 400-500 casi nel nostro paese. E che potrebbe, eventualmente, venir discussa insieme alla nuova legge sulle adozioni, che vede già un suo iter parlamentare. Invece no. Occorre che venga inserita nella legiferazione sulle unioni civili. In questo modo otteniamo l’ovvio obiettivo di metterne in crisi la sua semplice approvazione, su cui tutti (o quasi) sono già d’accordo. Risultato? Le “politics” diventano prioritarie. Se il Pd chiede la fiducia per la Cirinnà, non potrà averla perché l’Ncd di Alfano è contraria alla “stepchild”, mentre i 5 stelle voterebbero a favore della Cirinnà, ma non se il Pd chiede la fiducia, perché loro non votano la fiducia al governo Renzi. Un ginepraio senza possibile via d’uscita, anche perché stralciare la Cirinnà, escludendo la “stepchild”, ormai non si può più fare: significherebbe a questo punto una resa alle posizioni di Alfano, ed il Pd ne uscirebbe dunque indebolito presso l’opinione pubblica ed il suo elettorato. Cosa accadrà alla fine? Per carità di patria, non voglio pensarci.

Però un brutto pensiero torna a sedimentarsi nella mente: non si starebbe meglio, senza i partiti e le loro logiche perverse?

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