Partiti e politici

Se non ci fosse Salvini bisognerebbe inventarlo

17 Maggio 2019

Se non ci fosse Matteo Salvini bisognerebbe inventarlo. Specie in questo frangente di campagna elettorale in vista delle elezioni europee. Perché è lui l’elemento catalizzatore del circo massmediatico di questo ultimo mese. Tutto ruota intorno alla sua agenda politica. La sua stessa esistenza, le sue esternazioni, ma anche solo la sua immagine, il suo fisico, danno senso e contenuto alla campagna elettorale dei suoi avversari politici. E i suoi avversari sono tutto ciò che gravita al di fuori della Lega.

Nel supermarket delle emozioni è lui che le crea, le mette sugli scaffali a beneficio proprio e degli altri. I vari Di Maio, Calenda, Meloni e – un po’ più defilato – Zingaretti, esistono solo se in contrapposizione a Salvini. Altrimenti, spariscono irrilevanti rispetto al radar dei mass-media. Ma Salvini è solo l’ultimo dei supereroi dell’agorà mediatica. In principio fu Silvio Berlusconi, poi soppiantato da Matteo Renzi e ora abbiamo Salvini. In un vortice temporale sempre più pressante, tanto da restringere i tempi della politica e, quindi, il ciclo vitale del prodotto politico. Berlusconi durò 20 anni, Renzi quattro, Salvini si presumi ne durerà meno. È arrivato il momento di pensare già a chi sarà il prossimo.

Ciò che però rileva è la pochezza mediatica degli altri. Qualcuno è propenso a immaginare come siano i media a decretare a tavolino il successo o meno di un personaggio pubblico. Ovvero, si è tentati di pensare che sia colpa degli autori, dei direttori di rete, delle testate televisive, delle redazioni e dei giornalisti-conduttori, tutti intenti a promuovere uno anziché l’altro leader politico. Così come, è oramai opinione comune pensare che Salvini, ad esempio, abbia così successo sui social network perché c’è una “Bestia” che inquina il web con fake news pagate chissà da quale Spectre internazionale (preferibilmente russa). Relegando gli spettatori-consumatori di questo spettacolo elettorale permanente a mere e inermi cavie da laboratorio alle quali si può inoculare qualsiasi contenuto virale, indipendentemente dai propri desideri e bisogni. Al pari di quei serial tv che tanto piacciono a noi radical-chic.

Nulla di più errato. Salvini – o chi per lui – al pari dei mass-media, cerca di figurarsi le tendenze, i desideri e i bisogni, comprese soprattutto le paure degli spettatori-elettori-consumatori e cerca di rappresentarli al meglio delle proprie possibilità e del suo stile. Gli altri, i suoi avversari politici, si limitano a speculare sull’agenda mediatica di Salvini per inscenare un gioco di rimessa, rispondendo di rimando ai contenuti diffusi dalla sua Bestia, limitandosi a stigmatizzare le sue posizioni ed esprimendone di opposte. Di conseguenza, pare quasi di assistere a una gara – tra gli oppositori di Salvini – a chi impersona meglio il suo avversario. Una gara al secondo posto. Succedeva nei confronti di Berlusconi – in un lasso di tempo immensamente più lungo – è successo nei confronti di Matteo Renzi, accade oggi con Salvini.

In questi giorni ho finito di leggere un libro di Luigi Di Gregorio dal titolo “Demopatìa” (ed. Rubbettino) che, tra le altre cose, sostiene come i leader politici oggi più che conduttori siano “follower” del proprio elettorato. Ovvero, più che proporre una propria ricetta di governo, sono in quotidiano ascolto dei bisogni e dei desiderata del proprio elettorato di riferimento attraverso tecniche di rilevamento tradizionali, oppure per mezzo di raccolta dati via social. E come, mano a mano, cerchino di entrare in sintonia con fette sempre più ampie di elettori, seguendo e assecondando le inclinazioni di questi. Diventando, quindi, specchio riflesso del proprio elettorato ed entrando così in estrema sintonia – più emozionale che razionale – con essi.

Qualcuno obietterà scandalizzato che questa non è politica ma marketing. E obietterà una cosa giusta e sacrosanta.

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