Partiti e politici

Se il “mondo cattolico” esiste, non vota come vorrebbe la Chiesa di Francesco

27 Maggio 2019

Sono circa trent’anni, da quando guardo con crescente (si spera) consapevolezza alla politica, che sento parlare del “mondo cattolico” come di un attore imprescindibile della politica italiana. Sarà perché c’è il Vaticano; sarà perché nella storia del Novecento italiano il più importante partito nazionale ha legato i suoi destini a quelli del cattolicesmo; ma insomma, l’importanza del voto cattolico, e della capacità delle gerarchie ecclesiastiche di orientarlo ben oltre i confini della stretta osservanza religiosa, non è mai stata messa in discussione da analisti e politici. Così locuzioni come “patto tra laici e cattolici” hanno continuato a riempire le pagine dei giornali e le bocche dei politici, senza che mai ne fosse questionata la fondatezza logica, politica e sociale.

Meno che mai la questione è stata messa in dubbio da quando, sullo scranno più alto della Chiesa Cattolica, è arrivato un Papa amatissimo dai laici, quale è Bergoglio. Dopo il carisma da Polonia reazionaria di Wojitila e la guida intellettuale e freddamente conservatrice di Ratzinger, finalmente un Papa che “piace alla sinistra”. Attento ai temi sociali, decisamente più inclusivo dei predecessori sui temi civili e politici, apertamente schierato contro certe onde xenofobe e intolleranti montanti nelle società europee figlie del cristianesimo. È in fretta diventato una sorta di anti-Salvini per molti politici di sinistra, che evidentemente, finito il Pantheon di miti fondativi, hanno ben pensato di farne l’amuleto. O forse hanno pensato che così avrebbero conquistato “il voto cattolico”.

Avranno pensato, gli stessi, che il più era fatto, quando addirittura da Piazza Duomo si è materializzata la contrapposizione tra il papato di Francesco e il popolo salviniano, pronto addirittura a fischiare il pontefice attuale riconoscendosi nei più volte citati (da Salvini) predecessori. Del resto, in tanti avevano visto il suo uso strumentale del rosario e la menzione – perfino – del “Cuore Immacolato di Maria” come un clamoroso autogol certificato dall’indispettimento – l’ennesimo – delle gerarchie della Chiesa di Bergoglio.

Evidentemente insomma qualcosa in questo calcolo non funzionava, e i risultati delle elezioni europee confermano tutto. Un papato molto amato dai laici non basta a determinare le scelte politiche del cattolicesimo italiano. E forse anche il “voto cattolico” non esiste più da tempo, e il continuare a parlarne serve principalmente a non prendersi le proprie responsabilità, sfidando magari il senso comune che vuole che sia meglio “non inimicarsi il Vaticano”. Salvini lo ha fatto, e non ha pagato pegno. Chissà mai che da questa strana campagna elettorale, basata anche su un cristianesimo preconciliare e in aperta sfida al Cattolicesimo ufficiale di oggi, non arrivi lo stimolo alla politica laica a dimostrarsi laica davvero.

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