Partiti e politici
Se i giovani risvegliano l’indignazione, il Pd è morto
All’appello manca l’indignazione dei giovani. È un problema serio. Tutta questa storia di un governo di destra, orrenda destra, che in una settimana o poco più, diventa un governo di sinistra, di orrenda sinistra, è una cosa tutta interna alla politica che abbiamo conosciuto noi, che abbiamo qualche anno in più sulle spalle. Appassiona i feticisti, o gli onanisti se preferite. A noi sembra una cosa enorme, di un enormità che non ha precedenti né riferimenti nella storia repubblicana, e se ci appare incredibilmente oltre la minima soglia di dignità – a noi che pure qualcosa di indecoroso abbiamo visto in questo mezzo secolo – questo governo dev’essere proprio la più alta espressione dello schifo. A noi. Loro, i giovani, non lo contemplano neppure. Non esiste. Non è nel raggio di interesse. È un mondo parallelo dove non mettono mai piede. L’obiezione potrebbe essere, ed è legittima: ma come, se qualche settimana fa erano tutti con Carola, se hanno spinto come pazzi per abbattere il mostro, se hanno esultato quando la Capitana ha piegato il Capitano, vuol dire che i giovani c’erano, si sono battuti e indignati, hanno fatto pressione. Tutto giusto. Ma quella rappresentava esattamente la traduzione più “sostenibile” della politica, la parte dinamica, quella più emozionale, che mette a repentaglio i diritti civili, che va direttamente al cuore dei sentimenti. E lì i giovani ci sono.
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Poi però, le questioni decantano. Le emozioni si placano e si insinua la maledetta politica. Che fa sempre il suo mestiere. Il suo sporco mestiere. Smonta, rimodella, e rimette insieme. Non ha etica, per definizione. È già tutto ricompreso nella sacra Carta, di cui ormai si abusa ai limiti dello stupro. Al nostro tempo, noi si interveniva qui. Proprio qui. La pressione dei giovani avveniva sui processi più politici, sulle indegnità della politica, sul doppio stato, sulla sordina di stato agli scandali. Si partiva da un’enorme passione politica, proprio per scardinarne le perversioni. Lotta impari, certo, ma produttiva quando il sentimento diventava più comune e si univano altri segmenti di società. A quel punto, si era formata “un’opinione pubblica”, con la sua forza dirompente, che agiva sui fenomeni. Alle volte, modificandoli. Per noi, questo governo sarebbe stato la manna. I giovani oggi se ne fottono. Per non fraintendere: se interrogati, risponderebbe che è merda, ma, punto primo, intanto nessuno li interroga sull’argomento, e poi di loro pensano che i problemi di cui occuparsi siano altrove. Questa è roba talmente fumosa – le poltrone, i vice premier, il totoministri, ecc – che è molto meglio farsi una birretta con gli amici.
I giovani si sono fermati a Berlusconi. Hanno chiuso con il più grande di questi ultimi 25 anni il loro rapporto con la politica (politicante). È stato l’ultimo leader intergenerazionale, e crediamo che per un genio della pubblicità come è stato il Cavaliere, questa è certamente la soddisfazione più grande. Ha fatto scendere in piazza tutti, dai ragazzi, alle vecchiette che gli agitavano il bastone, dagli intellettuali, compreso il riottosissimo Nanni, alle Guzzanti di turno. I giovani c’erano perché, incredibilmente, gli riconoscevano un’anima, e per spararsi, vero Franceschini, questo dovrebbe esserle sufficiente. Gli riconoscevano il titolo di Nemico, anche perché nel tempo della crescita dei nostri bimbetti il nostro aveva posto le sue televisioni commerciali come avamposto della felicità. (Addirittura una ricerca scientifica di qualche mese fa, aveva la pretesa di dimostrare che chi aveva visto i programmi Fininvest da piccolo, poi era diventato naturalmente berlusconiano, una coglionata davvero siderale). Ma insomma, quello è stato l’ultimo domicilio politico conosciuto. Anche perchè, la rivoluzione non ha avuto esiti, non è morto nessuno, non ha cambiato nessun mondo: Berlusconi è un simpatico vecchietto che gira ancora per i palazzi, la sinistra non ha modificato la buona abitudine di indicare un mostro, ecco, semmai è nato Renzi. Ma i giovani non hanno preso neppure in considerazione l’idea di farci due chiacchiere.
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Oggi, se devono dire qualcosa, dirci qualcosa, i giovani vanno in piazza per l’Amazzonia che brucia. Urlano contro Bolsonaro. O si mettono sulla scia di Greta. Velleitari? Possiamo continuare a considerarli così. Per noi, è tragico che non facciano più massa critica per le questioni italiane. È terribile non saperli indignati per questo governo che ha rivoltato in una settimana ogni più piccolo concetto di decoro, umano e istituzionale. Certo, forse farà comodo ai dinosauri del Nazareno vivere in una società dalla quale è stata espunto il concetto di “opinione pubblica”, a meno di non considerare i trecento studenti della scuola Renzi al Ciocco (dove avrebbe tenuto lezione politica anche Anna Ascani) un autorevole e significativo segmento della categoria. Ma fino a quando vi lasceranno vivere in questa bolla?
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