Partiti e politici
La scissione di Renzi vista dal Liceo Dante, nel 77
Inutile fingere, non mi aspettavo che Renzi lasciasse il PD, e che lo lasciasse ora. Ma il motivo è che mi aspettavo che se lo riprendesse. E se lo sarebbe ripreso, ma per fare che? A questa domanda ha risposto Renzi: per farne niente. Invece, l’inconciliabilità delle due anime che hanno convissuto nel PD fino ad oggi mi era ben chiara da molto tempo, e risale ai ricordi di liceo, il liceo Dante di Firenze, lo stesso frequentato da Matteo Renzi, ma ai tempi in cui Renzi non era ancora nato. Qui provo a ricostruire l’archeologia della comparsa dei Sapiens, nel sito archeologico di Piazza della Vittoria a Firenze, e del tentativo di creare un partito con i Neanderthal, solo poche ere geologiche dopo.
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Nel sito di Piazza della Vittoria a Firenze si erge ancora oggi un insediamento, chiamato Liceo Dante, in cui negli negli anni 70 vivevano in continua lotta diverse tribù. Non interessa qui parlare dell’estrema destra, se non per ricordare che allora non aveva problema a dichiararsi fascista, evitando le discussioni di lana caprina che si fanno oggi. Nella sinistra c’era chi era inquadrato nella FGCI (che ha battezzato praticamente tutti quelli che oggi rimarranno, e torneranno, nel PD), e chi, come me, faceva parte della sinistra extra-parlamentare. Facendo un’estrema semplificazione, che riporta al mio caso, qui trovavi quelli che, ex integralisti di qualche chiesa, avevano sostituito la rivoluzione al giorno del giudizio.
Quelli della FGCI erano differenti. Venivano dalla svolta di Berlinguer dopo il golpe di Pinochet in Cile. Erano quelli che l’idea di lavorare per la rivoluzione l’avevano messa nel cassetto. Ma il punto vero da notare, perché ci porta fino a noi, è che la struttura del partito, il PCI, e la sua organizzazione giovanile, la FGCI, erano rimasti ispirati agli schemi del partito dei “rivoluzionari di professione”. Un partito di “quadri” formati per fare una rivoluzione che non s’aveva più da fare. E questi rivoluzionari senza rivoluzione svilupparono una naturale tendenza a occupare posizioni nella società civile, nelle istituzioni culturali: insomma, in tutte quelle sedi che trovi “in centro” e non in periferia, per utilizzare i termini del dibattito di oggi.
Un esempio concreto di questo è una vecchia polemica che ebbi, sulla sezione fiorentina di Repubblica, con un intellettuale, anche lui manco a dirlo proveniente dal Dante, che agli albori del renzismo, e della rottamazione, rivendicava la sua carriera. Descriveva come, stanco di un suo incarico nella FGCI, aveva accettato di dirigere l’Istituto Gramsci. E svolgendo compiaciuto il resto del suo cv ammoniva Renzi di non essere pronto ad “andare ai giardinetti”. Carriere svolte all’interno del partito, al di là delle potenzialità individuali, e anzi oscurando le capacità individuali stesse. Ricordo che alla mia risposta polemica replicò un altro, presidente dell’UISP, che mi rassicurò che le procedure di selezione nel partito erano così formidabili da “fare invidia a Yale”.
Ma il presidente dell’UISP che mi rispose aggiunse a queste battute molti luoghi comuni, su quello che capitò nel 77. Nel 77, mentre gli studenti erano in piazza in tutta Italia, e venivano caricati dalla polizia, i “quadri” della FGCI erano chiusi nelle loro sezioni. I rivoluzionari di professione erano rimasti chiusi nel cavallo di Troia, “incerti sulle regole del combattimento”, come recitava una canzone di allora. Sulle “regole del combattimento”, però, il mio contraddittore aveva un’idea, anzi un pregiudizio, molto chiari: loro stavano chiusi perché noi avevamo le pistole. Non era vero, eravamo studenti in lotta. E ricordo ancora un giorno in cui con un lungo lavoro di convincimento riuscii a far portare in piazza uno striscione della FGCI, del Dante ovviamente, e i quadri della FGCI vennero a prendere per le orecchie la ragazza che aveva acconsentito.
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Ma mentre noi Neanderthal ce le stavamo dando di santa ragione, a metà degli anni 70 cominciò a comparire e a diffondersi una nuova razza, che potremmo chiamare il “cattolico sapiens”. Nel sito di Piazza della Vittoria, ricordo degli esemplari che si chiamavano “Studenti Democratici”. Erano l’articolazione della Democrazia Cristiana o di organizzazioni spontanee nelle parrocchie. Ricordo un prezioso reperto, ormai disperso, di una relazione che mi fu chiesto di svolgere dal mio gruppo politico, sulla nascita da un gruppo che si chiamava Comunione e Liberazione. Noi ridevamo di questi compagni di scuola, non li consideravamo. Troppo lontani dalla nostra lotta contro il sistema, e allo stesso tempo troppo poco integralisti rispetto a quello che eravamo noi, e che qualcuno di noi era stato come cattolico. Ma comunque, rispetto ai loro dirimpettai della FGCI, erano molto più permeabili alla società civile. Forse perché le parrocchie erano più aperte delle sezioni di partito, o perché non avevano alle spalle l’ideologia della rivoluzione (almeno quella su questa terra).
Questa è la descrizione, fatta con reperti archeologici, dei genotipi che hanno fatto il PD, di quelli che vanno, quelli che restano e quelli che ritornano. I rivoluzionari di professione diventati funzionari di partito sono la tipologia media di quelli che rimarranno, o torneranno. I “cattolici sapiens” si sono evoluti in Renzi e nel renzismo. Gli estremisti (di sinistra), come il sottoscritto sono in larga misura rifluiti nella società civile. E’ nel rapporto tra politica e società civile, oltre che in queste diverse origini genetiche, che ci sono, evidenti, le ragioni della scissione.
Le differenze di tipo genetico le vedete a occhio nudo nel comportamento dei due gruppi. Quello che resta dei Neanderthal, gli eredi della FGCI, dal 77 ha ereditato il tratto di impermeabilità alla società civile, e la tendenza a anteporre interessi di partito all’interesse pubblico. Solo così si può concepire la lettura, mai smentita, di una convenienza di Zingaretti ad andare alle elezioni per sostituire i rappresentanti del PD in parlamento. Un’analisi costi-benefici di questa scelta, consegnare l’Italia a un nuovo fascismo solo per avere i propri rappresentanti in parlamento, è inconcepibile per una mente della società civile. E lo è altrettanto attribuire a Renzi lo stesso interesse, e non capire che semplicemente aveva benefici pubblici e privati allineati. Confesso che anche io avevo un interesse privato nello schierarmi contro le elezioni: così Marattin mi lascia l’ufficio libero per altri tre anni.
Dall’altro lato c’è Renzi. Ha la sua antipatia e deriva dal genotipo opposto al mio, che resterò sempre un Neanderthal, ma ha la capacità di competere che i Neanderthal rimasti nel PD non hanno. Se vogliamo lodarlo, possiamo dire che è un “front man”, se vogliamo disprezzarlo possiamo dire che è un “venditore”. Resta il fatto che è uno in grado di vincere, se ha una macchina in grado di vincere, e un leader. Della capacità di governo non parliamo qui. Resta il fatto che i Neanderthal a questo hanno contrapposto l’attacco all’“uomo solo al comando” (indipendentemente da quello che dice) e l’idea della “comunità” (la loro, ovviamente). Perché è la comunità, chiusa, che li protegge: ognuno protegge, per la propria piccola parte, tutti gli altri.
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Quello che resta, a noi Neanderthal integralisti della società civile, è un senso di sconfitta e disorientamento. I sapiens non vinceranno, e se vinceranno alla fine avranno rifatto la Democrazia Cristiana. I Neanderthal di partito rimarranno chiusi nelle sezioni, senza nessuna capacità di fare politica, e senza capacità di competizione. E lo ha dimostrato ampiamente il loro segretario, arrivando secondo in tutte le scelte politiche. Va bene arrivare secondo con Renzi sulla questione elezioni, va anche bene arrivare secondo con Franceschini (un sapiens!) nella scelta dei viceministri. Uno potrebbe pensare che questo eterno ritardo sia una grande capacità maieutica per fare uscire dagli altri le proprie scelte migliori. Ma arrivare secondo anche con Di Maio sulla candidatura alle regionali in Umbria è veramente troppo. Qui significa che i Neanderthal di partito non possono proprio pronunciare il termine “società civile”, neppure per intervenire a rimediare i pasticci che hanno combinato loro.
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