Partiti e politici

Sardine e sondaggi natalizi

8 Dicembre 2019

Recenti sondaggi ci informano dunque che il movimento delle Sardine potrebbe avere uno sbocco elettorale vicino al 20-25% dei votanti, se si presentasse ad una prossima consultazione. È ovviamente una favola natalizia, da mettere sotto l’albero, un successo virtuale alla stregua di quello che potrei avere io se fondassi un partito chiamandolo ad esempio “The Christmas Party”. Nemmeno le Sardine sono infatti un partito, né entreranno nell’arena elettorale ancora per molto, e sicuramente non nelle modalità che si sono finora date, come movimento politico.

A cosa mirano allora quelle rilevazioni demoscopiche sulle loro potenzialità? Paiono essere un omaggio, certo sincero e sentito, in direzione di un fenomeno piuttosto inedito nel nostro paese, che però negli ultimi mesi si sta prendendo prepotentemente la ribalta virtuale e reale. Avevano cominciato, lo scorso anno, le cosiddette “madamine” torinesi, con le loro manifestazioni pro-tav; si è proseguito poi con i giovani di “Fridays for Future”, stimolati da Greta nella battaglia a favore del risanamento ambientale; è arrivato infine il movimento delle Sardine, dapprima in sordina nei territori emiliani, poi sempre più apprezzato e imitato e diffusosi in Italia e perfino all’estero.

Come gli altri movimenti, anche quello delle Sardine rappresenta una modalità appunto inedita in Italia – ma non all’estero – di partecipazione politica, in grado di mobilitare migliaia di persone, a volte disincantate, piuttosto distaccate dalle forze politiche tradizionali e anche da quelle di più recente costituzione, come gli stessi pentastellati, per riaffermare alcuni diritti e anche alcuni doveri, per riprendere in mano il futuro della nostra storia, per porre un argine alla deriva valoriale di alcune ben precise aree partitiche (leggi: Lega), per stimolare l’immobilismo di altre aree politiche (leggi: Pd).

È certo una fortuna che ci siano, come è stata una fortuna la nascita, un decennio fa, del Movimento 5 stelle, così come i giovani del venerdì, in Italia e nel mondo. Capaci di sensibilizzare nel contempo l’opinione pubblica e gli elettori maggiormente stanchi di governi o troppo decisionisti o troppo inerti nel perseguire il bene comune, nell’affrontare i veri bisogni della popolazione.

E lo fanno con parole d’ordine quasi “pre-politiche”, certamente “non-partitiche”, perché si rivolgono a tutti, in maniera non discriminatoria e universalistica, cercando di riattivare le coscienze spente, o in attesa di quegli stimoli a partecipare, a far sentire la propria voce e la propria presenza in un mercato politico-elettorale ormai privo di mordente e di capacità di incidere – se non accendendo le paure dei cittadini.

Questi movimenti sono appunto stimoli a riavvicinarsi alla politica. Se si trasformano in partiti, o in formazioni politiche tout-court, perdono la propria capacità di essere ascoltati, di essere ben accolti, in maniera indiscriminata, dalla parte più attiva e pensante della popolazione. Rischierebbero di fare la fine del Movimento 5 stelle, da quando è andato al governo, locale prima e poi centrale, da quando ha iniziato a venir giudicato un altro partito di potere, perdendo la propria efficacia nel rappresentare qualcosa di diverso, qualcosa in cui credere.

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