Partiti e politici
Sardegna: l’inizio di una bella amicizia?
“Louis, I think this is the beginning of a beautiful friendship”. Così diceva Humphrey Bogart a Claude Rains (il capitano francese in Marocco, ex-collaborazionista dei nazisti) nel finale di Casablanca. L’inizio di un’amicizia che avrebbe presto portato alla sconfitta del nemico. Le elezioni sarde potrebbero effettivamente rappresentare qualcosa di simile, nel panorama politico italiano.
Per la prima volta un’alleanza, nel campo progressista, tra Partito Democratico e Movimento 5 stelle ha portato alla vittoria, la vittoria peraltro di una candidata pentastellata: per la prima volta dalla nascita del movimento di Grillo un esponente della sua forza politica conquista una regione, ed oltretutto con una donna, anche in questo caso, per la prima volta nell’isola sarda. Molte cose inedite, per l’appunto, in una volta sola.
E tutto è accaduto in evidente contraddizione con le aspettative generalizzate di molti politici, di molti istituti di ricerca e dell’opinione pubblica. L’indicatore “winner”, la profezia cioè del vincitore espressa dagli elettori, indicava una vittoria abbastanza scontata del centro-destra meloniano, ancora sulla cresta dell’onda dalla sua vittoria alle scorse politiche e tuttora ben giudicato da buona parte del paese. Oltretutto le opposizioni, con la presenza alternativa dell’ex-governatore Soru, si erano divise anche il campo contrario al candidato Truzzo, fidato esponente della destra di Fratelli d’Italia.
Cosa è accaduto, dunque? Come è potuto accadere? Una cosa molto semplice, benché effettivamente inaspettata: l’elettorato dem e quello dei 5 stelle si sono ritrovati uniti a votare Alessandra Todde, la candidata pentastellata, e la somma di questi due elettorati (aggiungendone qualcun altro, tra verdi e sinistra), in Sardegna come in Italia, è numericamente molto vicina a quella degli elettori della destra. Semplice, no?
Qualcuno scriverà che in realtà la colpa della sconfitta è dei leghisti, che hanno votato contro Truzzu, candidato di Giorgia Meloni, oppure del voto disgiunto, che ha comportato il tradimento in favore di Soru o della stessa Todde. In parte questo può essere accaduto, dal momento che la somma dei voti di lista per i partiti di centro-destra è di poco più elevata di quelli per il candidato presidente. Ma il dato più vero è che i voti di destra sono in realtà cresciuti rispetto a molte delle precedenti consultazioni elettorali, in particolare rispetto alle scorse politiche (di quasi 5 punti percentuali), ma non sono stati in grado di competere appieno con la nuova amicizia tra Pd e 5stelle, che hanno sì ottenuto più o meno gli stessi consensi delle ultime politiche, ma stavolta si sono presentati uniti anziché separatamente come nelle consultazione del 2022.
E questo è il dato politico più interessante e importante, per il futuro del confronto elettorale: una nuova area di opposizione all’attuale governo ha forse iniziato a nascere e a crescere; una nuova amicizia che, se sarà duratura, potrebbe competere ad armi pari con la coalizione di destra-centro.
Università degli Studi di Milano
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