Partiti e politici
Salvini, vai ad aiutare i “clandestini”
Voi lascereste un siriano, in fuga dall’orrore di Assad e dell’Isis, senza le adeguate cure? E lascereste morire una persona che scappa dalla guerra in Libia o dalle atrocità in altri Paesi africani solo perché lo Stato non ha rimborsato le Regioni? Io credo di no. Eppure, il leader del terzo partito italiano (almeno secondo i sondaggi) la pensa in maniera diversa.
La verità è che al peggio ci si abitua. L’effetto assuefazione è uno dei mali della comunicazione politica isterica, che partorisce mostri attraverso le dichiarazioni, con l’ulteriore rischio che passino inosservate nonostante il contenuto pesantissimo. «Fosse per me, da domani mattina sospenderei qualsiasi prestazione ai clandestini, finché qualcuno pagherà!», ha scritto sul proprio profilo Facebook il segretario federale della Lega, Matteo Salvini. E ha aggiunto che secondo lui non è razzismo ma «buon senso», perché lo Stato deve farsi carico delle spese senza gravare sulle Regioni. Dunque, il leader di un soggetto politico – che ambisce a guidare il Paese – sostiene che lasciar morire persone disperate è un comportamento da persona di buon senso. Di fronte a tanto crudeltà è difficile anche trovare parole.
La propaganda, in realtà, si spinge oltre il vero buon senso. Prestare soccorso a chi ne ha bisogno è un gesto alla base dell’umanità, la linea di demarcazione tra l’essere umano e l’avvoltoio: si può pensare che se lo Stato non paga in tempo è giusto far morire una persona? Le Regioni possono “sopportare” questo piccolo sforzo nell’attesa dei rimborsi. Prima di trascrivere certi pensieri, bisognerebbe fermarsi giusto un attimo a riflettere: quali effetti può avere questa presa di posizione? Potrà avallare comportamenti inumani? Perché non prestare cura a un bisognoso rientra a pieno titolo nella categoria dell’inumanità, nemmeno in quella del razzismo.
Il discorso, quantomeno in questo caso, non dovrebbe essere legato a un pugno di voti in più, che in fondo non arriveranno per uno status così crudele sui social network. Si dirà: quel post ha ottenuto più di 25mila “mi piace” e 2mila condivisioni, quindi Salvini rappresenta un’ampia fascia di popolazione. Ma un leader politico, anche se parla alla pancia – quando non all’intestino – ha il dovere di essere un esempio. Un’annotazione che nei tempi della politica mediatica, e dell’istinto selvaggio che prevale sul ragionamento, assomiglia a un mero esercizio di nostalgia.
Insomma, certe mostruosità comunicative non possono passare inosservate: quando ho letto quello status ho avuto un brivido lungo la schiena, ho pensato alla scena di un migrante disperato abbandonato perché senza soldi e vittima di una polemica tra Stato e Regioni. E non ho potuto far finta di niente, trattando la questione come l’ennesima esagerazione propagandistica. L’assuefazione al peggio è un nemico della ragione. E quindi chiedo a Salvini: prima di parlare, vai ad aiutare i “clandestini”.
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