Partiti e politici
Salvini, sul Sud abbiamo sbagliato
Sul Sud abbiamo sbagliato è la sintesi più eloquente dell’ultimo capitolo della conversione leghista in corso d’opera. “Adesso sono straconvinto che l’Italia o si salva tutta, da Nord a Sud, o non ce n’è per nessuno”, così ha sentenziato Matteo Salvini nel corso di una recente trasmissione radiofonica. Siamo abituati da sempre alle conversioni, alle piroette, ai giri di valzer della Lega, ma questo effettivamente è dirompente, epocale e sicuramente dagli effetti non facilmente immaginabili. Gli elettori fedeli e i militanti storici dovranno, e in fretta, dimenticare oltre trent’anni di anti-meridionalismo, secessione, indipendenza, Padania e compagnia bella. La Lega in poche parole dovrà decidersi una volta per tutte sulla sua identità, o essere rivoluzionaria, o essere riformista. I maliziosi fanno spallucce, Salvini non ha fatto altro che svelare il segreto di Pulcinella, nella Lega i veri secessionisti e indipendentisti non erano altro che dei cacciatori di cadreghe comode e ben remunerate e gli slogan servivano solo per crearsi una carriera. In parte è vero e gli scandali degli ultimi anni sono la controprova, ma non basta per spiegare l’evoluzione. L’elettore del nord, sensibile e attento alla politica “regionale” della Lega, contro Roma ladrona, contro lo stato centrale vessatore, contro la burocrazia levantina, contro le pratiche mafiose, come si comporterà di fronte a questa “innovazione” salviniana? Lo sapremo nei prossimi mesi, ora si rischierebbe di fare inutili previsioni, di fare i conti senza conoscere nel dettaglio tutti gli aspetti della metamorfosi del Carroccio.
Guardando i fatti e tentando di dare una spiegazione politica a questa evoluzione, occorre analizzare attentamente lo schema di gioco di Salvini e le reazioni e le proposte degli altri attori nel campo del centrodestra. Berlusconi da una parte ambisce a diventare il regista di una partita in cui Salvini farebbe il centravanti, ma il leghista rispedisce al mittente l’avance. Berlusconi punta a ricostruire il vecchio centrodestra fatto di sigle e siglette utili a rafforzare la centralità di Forza Italia e Salvini invece parla all’elettorato del centrodestra e non ai partiti. E così via, Berlusconi tenta di ritagliarsi il vecchio ruolo del leader di coalizione e la Lega forte della ultima netta affermazione elettorale, ma anche forte di proposte chiare rispetto alla confusione altrui, marcare il proprio territorio e mantenere le distanze. Per ora ovviamente, siamo nella fase in cui si fanno le squadre e si pensa ai programmi, a fare le alleanze c’è ancora tempo, ma la dialettica è chiara. Ed ecco Salvini accreditarsi senza tanti giri di parole come unico avversario naturale di Renzi, tenendosi le mani libere in parlamento su tutto, a cominciare dalla legge elettorale, attaccare duramente Alfano e l’insignificante, in chiave futura, Ncd, snobbare le proposte e i consigli non richiesti recapitati ogni giorno da leader e leaderini di Forza Italia. Per rafforzare e concretizzare in chiave politica ed elettorale il grande patrimonio di visibilità dato dalla comunicazione e dai recenti risultati elettorali, per Salvini è quindi necessaria come l’aria l’autonomia operativa e quindi interfacciarsi o scontrarsi direttamente con Renzi, costruire un programma originale, distintivo e che vada la di là degli slogan, andare oltre i tradizionali steccati del Carroccio. Credo che la partita la si giochi soprattutto su questo ultimo punto, i primi sono tattici, l’ultimo è strategico. E’ noto a tutti che il corpaccione sociale sul quale sono passate le fortune elettorali del centrodestra negli ultimi vent’anni sia coincidente con i mitici mondi produttivi del Nord, dalle partite Iva alle Pmi, quelle centinaia di migliaia di imprese a trazione familiare e di qualsiasi dimensione, in gran parte ubicate nel Lombardo Veneto, una volta Vandea padana, poi feudo verde-azzurro. Un mondo sparito dai radar del centrodestra da qualche anno, rifugiatosi nell’astensione e nel disinteresse oppure transitato in parte nel grillismo o addirittura nel Pd renziano. Questo importante e pragmatico segmento sociale chiede ricette liberali e liberiste serie e strutturali, attenzione all’economia reale, al fisco, al lavoro, al posizionamento internazionale del paese, a forme di autonomia concreta ed effettiva dallo stato centrale visto come tiranno. Sicuramente è una galassia sociale attenta al verbo leghista per quanto riguarda sicurezza e immigrazione, ma una visione lepenista, ossia italiana-nazionale- nazionalista contro l’Europa e l’Euro, eccessivamente a destra nei toni e nella prassi difficilmente potrà fare la differenza e quindi relegherà Salvini al ruolo del migliore avversario (perdente) nei confronti di Renzi.
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