Partiti e politici

Salvini e il falso mito del voto ignorante

28 Maggio 2019

Sarebbe venuto il momento di sconfessare la perdurante visione radical-chic di chi definisce “ignoranti” gli elettori di Salvini. È una tentazione sempre presente. Quando latente e quando, specie all’indomani dei risultati elettorali così deludenti per la sinistra, acclarata. Ieri gli ignoranti erano coloro che votavano il Movimento 5 Stelle, oggi sono coloro (per lo più sempre gli stessi) che votano la Lega.

Solitamente, chi è convinto assertore di questa tesi si appella a svariati studi di settore volti a dimostrare che chi vota la Lega ha conseguito a malapena la licenza media secondaria di primo grado. Ignorando che, per esempio, al nord chi vota Lega lo fa perché quest’ultima è oramai da almeno tre lustri un partito al governo di regioni e comuni. Mentre, chi la vota al centro e nel sud la percepisce come nuova leadership slegata da elementi identitari “nordisti” e riconosce a Salvini una rara emanazione di potere. Insomma, il grado culturale conta poco o nulla. Semmai è una semplicistica spiegazione che si danno coloro che non sono in grado di sintonizzarsi con il corpo elettorale del Paese. E proprio in conseguenza di questa incapacità, stigmatizza chi invece è in grado di farlo.

Semmai, la convinzione che solo i somari votino Salvini rimane una pia illusione di coloro che un tempo avevano il monopolio culturale, nonché la capacità di dirigere il dibattito politico nazionale. Monopolio che è andato via via disgregandosi, mano a mano che si sono usurati gli elementi identitari del secolo scorso. Alla falce e martello, Salvini sostituisce la nutella e il rosario. Cambiano i tempi e con essi i simboli. Certo che poi, hai molta difficoltà ad abbandonare la falce e il martello, mentre Salvini con nonchalance potrebbe sostituire la Nutella con un plumcake e il rosario con un bicchiere di vino rosso.

Coloro che sostengono convintamente che a votare Lega siano gli ignoranti fanno fatica a riconoscere come Matteo Salvini abbia fatto un’operazione di rara fattura: portare un partito fortemente radicato in una specifica identità valoriale ancorata a una determinata area geografica (ricordate le ampolle e il Dio Po di Umberto Bossi?) fuori da una dimensione spaziale, connettendolo a una dimensione emozionale. E per questo, senza alcun confine rispetto al consenso. Facendo balzare così la Lega dal 6% al 32%.

Salvini parla a tutti. Potenzialmente il suo messaggio è rivolta a una platea infinita entro i confini nazionali. I più istruiti sanno riconoscere la strategia comunicativa di Salvini, perdonando alcune becere semplificazioni e, al contempo, i più ignoranti non si porranno necessariamente alcun problema.

In definitiva, la Lega di Salvini raccoglie il consenso di coloro che un tempo votavano la Dc, poi il Psi, passando per Berlusconi e transitando per un attimo nel Pd di Matteo Renzi. Il famoso partito della nazione, il cui grosso del consenso è volubile, mobile e difficilmente inquadrabile ideologicamente. Quel consenso mobile che fa le fortune del leader del momento.

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