Partiti e politici
Salvini e Di Maio sono la nuova destra italiana
Il murales di Tvboy (artista di strada ed esponente del movimento NeoPop) raffigurante un bacio tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio è rimasto solo poche ore su un muro in via del Collegio Capranica, a Roma, prima di essere goffamente censurato e successivamente cancellato da un regio decreto del 1830. L’opera, chiaramente ispirata al celebre bacio tra Breznev e Honecker che fu riprodotto dall’artista Dimitrji Vrubel su un frammento del Muro di Berlino, aveva il pregio di raccontare con un’immagine il passaggio politico che per molti rappresenta l’inizio della Terza Repubblica: “l’amore mortale” (per usare l’espressione che utilizzò Vrubel, quando nel 1989 trasformò la foto di Regis Bossu in un’icona del suo tempo) tra il leader della Lega e il primo dei figuranti del partito della Casaleggio Associati. Che piaccia o no ad alcune “grandi firme” che in questo mondo capovolto vorrebbero decidere l’agenda e le alleanze dei partiti politici, l’intesa sempre più forte tra Salvini e Di Maio è la più naturale delle conseguenze del risultato delle elezioni politiche del 4 marzo.
Matteo Salvini è riuscito a strappare a un ormai anziano Silvio Berlusconi l’egemonia sul centrodestra. Il leghista, oltre ad aver superato nei consensi l’ex premier, ha ormai un controllo pressoché totale dello schieramento. Sia chiaro: agli uomini di fiducia dell’ex Cavaliere saranno riconosciuti spazi e poltrone in un ipotetico futuro governo (la prima è stata quella di Maria Elisabetta Alberti Casellati, prima donna eletta alla Presidenza del Senato), ma a dare le carte non sarà più il leader di Forza Italia, che verosimilmente lascerà la sua eredità politica agli ormai pochi fedelissimi. Salvini ha radicalizzato il centrodestra, annichilendo la sua parte più moderata e imponendo di fatto un “lepenismo all’italiana” fatto di violenza verbale, odio razziale e sovranismo. A questo ha però affiancato una finora inedita capacità di mediazione, che lo ha portato al centro della scena politica nostrana.
Luigi Di Maio, il giovane su cui la Casaeggio Associati ha puntato da tempi non sospetti, è invece la figura a cui è stato dato il compito di mostrare al mondo la trasformazione del Movimento 5 Stelle in un partito a tutti gli effetti. Finita l’era del “vaffa”, come ha ammesso l’ex comicoleader Beppe Grillo (ormai tornato ad esibirsi in teatri sempre più piccoli), è iniziata quella dell’occupazione delle istituzioni. Dal 5 marzo la scena è stata lasciata definitivamente all’ex animatore del meetup di Pomigliano, come da copione già scritto negli uffici milanesi della società di comunicazione. È lui a gestire ufficialmente le trattative, è lui che telefona a Matteo Salvini, è lui che ha comunicato ai senatori grillini che avrebbero dovuto eleggere una berlusconiana di ferro a seconda carica sello Stato. Di Maio è oggi il frontman del Movimento 5 Stelle, la sua immagine abilmente costruita ne sovrasta il marchio facendolo quasi dimenticare, un po’ quello che accadeva alle bandiere del Partito Democratico alle Leopolde renziane. Il sedicente “capo politico” dei grillini ha già indossato da tempo i costosi abiti del moderato. Il partito che rappresenta gode di un consenso assai simile (anche per aree geografiche) a quello che fu della Democrazia Cristiana e la stessa promessa del “reddito di cittadinanza” – in un paese dove tre offerte di lavoro rifiutate non si sono mai viste e verosimilmente mai si vedranno – è qualcosa a metà tra una “Cassa del Mezzogiorno” e le scarpe spaiate di Achille Lauro.
Salvini e Di Maio, che con molta probabilità daranno vita a un governo conservatore con a capo una figura terza che sarà da loro indicata al Presidente della Repubblica, sono oggi i principali volti della nuova destra italiana; quella nata dal crepuscolo del berlusconismo e dall’onda estremista e populista che sta attraversando l’Occidente. Il primo è un leader a tutti gli effetti, il secondo agisce per conto d’altri, pur apparendo come un capo politico nel pieno dei suoi poteri. Salvo colpi di scena, saranno loro a guidare il paese nei prossimi anni, con buona pace di chi ha voluto cercare qualcosa di sinistra nel Movimento 5 Stelle e di quel mondo pseudo intellettuale che oggi invoca l’aiuto dell’odiato sconfitto per evitare di ritrovarsi sulla coscienza ciò che accadrà nel prossimo futuro su questioni identitarie come migranti e diritti civili. A loro non resterà che recitare la frase con cui Dimitrji Vrubel intitolò il suo celebre murales: “Mio Dio, aiutami a sopravvivere a questo amore mortale”.
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