Partiti e politici

La campagna elettorale di Salvini ci costa di più di una domenica di calcio

16 Maggio 2015

Domenica sera, Roma, quartiere Esquilino. Via Merulana, quella del pasticciaccio di Gadda, è blindata. Le camionette della polizia bloccano le strade laterali, reparti in antisommossa aspettano ad ogni angolo di strada. Un dispiegamento di forze degno di una manifestazione per l’articolo 18,  ma che ha una spiegazione molto più semplice: al teatro Brancaccio è atteso Matteo Salvini, in una delle sue tante tappe che lo stanno potando in giro per l’Italia da Nord a Sud.

Se fosse un’eccezione, sarebbe anche comprensibile. Invece si tratta della norma per quella che è diventata con ogni probabilità una delle campagne elettorali più dispendiose della storia repubblicana.

Ma quanto costa esattamente garantire la sicurezza del leader della destra italiana?
Ieri sono arrivati i numeri del Viminale. Resi noti, paradossalmente, proprio in risposta alle esternazioni rilasciate poche ore prima dallo stesso Salvini, che aveva accusato le istituzioni per la scarsa protezione riservatagli in occasione dei suoi incontri pubblici.

“Dove sono Renzi e Alfano? Dove sta la democrazia? Chi agita questo clima con quattro figli di papà che giocano a fare i rivoluzionari tirando petardi tra le mamme con carrozzine? Mi viene il dubbio che a qualcuno impedire i comizi della Lega faccia comodo”, aveva dichiarato in mattinata, in occasione di una visita in Umbria, accompagnata dalla consueta contestazione. A distanza di poche ore è giunta la risposta del ministero dell’Interno, secondo cui “dal 28 febbraio ad oggi, in relazione alle iniziative politiche dell’onorevole Matteo Salvini, che si sono svolte in 62 province, sono state impiegate 8465 unità delle forze dell’ordine”, pari a una media di più di 100 poliziotti al giorno.

Una cifra notevole, come precisa lo stesso Viminale nella sua nota, specie se “commisurata alle caratteristiche del personaggio pubblico e alla quantità di persone che porta in piazza”. Della serie, non è possibile paragonare il comizio di un leader di un partito al momento molto minoritario con la visita di un capo di Stato, o con una manifestazione di piazza che coinvolga decine di migliaia di persone. Ed è difficile di conseguenza giustificare il fatto che analogo sia il piano di sicurezza e i costi.

Per rendersi conto dei numeri di cui si parla può essere utile anche fare anche un paragone con un’altra voce di spesa che grava sui contribuenti italiani e che da sempre viene giudicata ingiustificata e insostenibile, vale a dire la sicurezza agli interno degli stadi. Come rivelato esattamente un anno fa dal Siulp, il sindacato di polizia, per garantire l’ordine pubblico all’interno degli stadi di tutta Italia servono ogni domenica 6mila poliziotti, meno di quelli impiegati finora per garantire la sicurezza di Salvini. Per ogni singola partita, per garantire la sicurezza di migliaia di persone, ne vengono impiegati mediamente 300, solo tre volte tanti quelli che servono in un giorno solo a Salvini.

A questi vanno aggiunti  i costi relativi alla scorta di cui gode il capo della Lega. Come riporta oggi Tommaso Rodano sul Fatto Quotidiano le 30 persone impiegate, in cinque turni, per proteggere Salvini costa allo Stato (al contribuente) circa 1,5 milioni di euro all’anno. Ci si chiede se tutto questo dispiego di uomini e di denaro sia legittimo. Se i costi di una campagna elettorale puntata scientemente sull’istigazione all’odio per rom e immigrati, fondata su parole d’ordine pericolosamente razziste, vada scaricato sulla collettività.

Fermo restando il “sacro diritto a manifestare”, garantito costituzionalmente e ribadito anche ieri dal ministro Alfano con un tweet, vale la pena chiedersi se esista anche un “diritto a provocare”.
@carlomariamiele

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