Partiti e politici

Salvini, Berlusconi e Meloni: quante contraddizioni

9 Novembre 2015

Ieri a Bologna ha preso ufficialmente vita la futura coalizione di (centro) destra che si pone come obbiettivo quello di spodestare Renzi ed il Pd dal governo entro il 2018. Salvini, Berlusconi e Meloni: tre personaggi così diversi e con una storia politica personale agli antipodi, ma comunque sullo stesso palco pronti a formare una squadra vincente. Eppure le contraddizioni in questo nuovo raggruppamento non mancano, ed in alcuni casi sono ben evidenti.

Cominciamo da colui che ieri si presentava come padrone di casa, avendo egli stesso ed il suo partito organizzato la manifestazione: Matteo Salvini.

Il leader della Lega ha ufficialmente cambiato idea circa un’alleanza con Berlusconi, siccome in un’intervista per “affaritaliani.it” del 14 luglio 2012 Salvini diceva: «Sono sicuro che non c’è un solo elettore e un solo militante della Lega disposto a riscommettere su un’alleanza con Berlusconi. Ci abbiamo provato e ha portato solo risultati deludenti. Basta, basta per sempre se Berlusconi corre lo fa senza di noi», «A occhio posso dire che molti elettori del Pdl se devono rifare la campagna elettorale per Berlusconi piuttosto questa volta votano Lega. Spiace molto per la gente valida del Pdl, a cui hanno detto ‘abbiamo scherzato’. Noi abbiamo scelto di guardare avanti, Berlusconi si volta indietro».

Ebbene pare voltarsi indietro anche Matteo Salvini per guardare ai voti di Forza Italia che potranno servirgli per arrivare al governo, ma allo stesso tempo rinnegando le mire di rinnovazione che egli propose quando assurse alla carica di segretario della Lega, proponendo un’idea nuova di Carroccio che nulla avesse a che vedere con il vecchio partito succube del Pdl e oramai contaminato dai giochi della politica imparati in vent’anni di permanenza nella “Roma ladrona” tanto detestata.

Continua così il Salvini del 2012, appena tre anni fa, : “La presenza di Berlusconi ci riporta indietro di vent’anni: alle polemiche passate e al bunga bunga. Io, da lombardo, vorrei parlare di lavoro, agricoltura, farmaci, artigiani e ferrovie. Ma se ho in campo Berlusconi col piffero che parlo di qualche contenuto – tranne la giustizia, perché interessa a lui. Con lui si torna alle vecchie ideologie, fascisti contro comunisti”. 

Appare evidente dunque che abbia preferito usare la macchina del tempo per tornare a vent’anni fa, al primo governo Berlusconi nato dall’alleanza della neonata Forza Italia con la Lega di Bossi, e tutti sappiamo come andrò a finire.

Dal canto suo Berlusconi, sembra essere davvero in confusione. Per mesi è tornato alla ribalta della scena politica promettendo un rassemblement di moderati che riunisse l’anima liberale del centro-destra italiano, ma ora finisce per essere comprimario di Salvini e dei leghisti che, evidentemente, poco o nulla hanno di moderato nei loro slogan o nei loro programmi. E questa retromarcia ideologica sembra averla avvertita anche la piazza leghista di ieri, mal sopportando il leader di Forza Italia quando al trentesimo minuto di discorso e all’ennesimo affondo contro “magistratura democratica, la cui unica missione è quella di portare al governo un partito socialista di massa e, per farlo, elimina per via giudiziaria gli altri” i brusii sono diventati fischi e Salvini si è dovuto avvicinare al leggio per tranquillizzare i suoi, quasi a dire “tranquilli, lasciatelo parlare tanto le cose importanti le dirò io”.

Con questo  flop in pizza Maggiore a Bologna, Berlusconi ha finito per auto-rottamarsi consegnando il futuro del suo partito, e dei suoi elettori, a scelte dettate sempre più dalla Lega.

E la Meloni?

Il leader di Fratelli d’Italia ha parlato per prima sul palco di Bologna, apparendo davvero agguerrita e scatenata. La piazza sembra aver gradito la verve dell’ex-ministro del governo Berlusconi, che tuttavia insieme ai suoi alfieri ex-An deve buttare giù un boccone veramente amaro: sentire la piazza cantare “un solo sogno nel cuore, bruciare il tricolore, secessione secessione”. Viene da chiedersi, come può un partito che intorno all’identità nazionale e ai valori della patria ha sempre fatto quadrato, vedi la battaglia pro Marò, convivere tranquillamente con chi si fa beffa del tricolore ed aspira ancora oggi a dividere la penisola in due parti?

Insomma, dall’evento bolognese sembra emergere chiaro un concetto: pur di provare a vincere, vale la pena chinare il capo davanti a Salvini e seguirlo nei suoi proclami populisti e talvolta meschini. Appare chiara l’involuzione di un percorso, quello del centro-destra, approdato ormai ad una deriva lepenista che potrebbe non permettere un ritorno indietro, verso quei valori liberali e moderati che sembravano in qualche modo unire i partiti degli scorsi governi Berlusconi.

Siamo sicuri che gli elettori approveranno?

 

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