Partiti e politici

Salvini alla conquista dell’Emilia

19 Gennaio 2020

Pare un secolo, ma soltanto poco più di un decennio fa il centro-sinistra aveva quasi il pieno controllo di tutti i governi regionali. Mancavano soltanto Sicilia, Lombardia e Veneto e, a tratti, il Molise per fare l’en plein nelle venti regioni italiane. Da un paio d’anni a questa parte, le cose sono radicalmente mutate, e non c’è elezione che non veda la vittoria, frequentemente di larga misura, della coalizione rivale.

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Il centro-destra ha recentemente conquistato Basilicata, Sicilia, Sardegna, Friuli, Abruzzo e Molise, Piemonte e Trentino, portando a 13 su 20 le regioni italiane dove è al governo, 14 se includiamo la Calabria dove vincerà quasi sicuramente domenica prossima. Un vero strapotere, considerando che nessun candidato di centro-sinistra riesce a sconfiggerlo dalla vittoria sul filo di lana di Zingaretti nel Lazio.

Ma, inutile sottolinearlo, mentre tutte le altre regioni sono state nel tempo contendibili dai due schieramenti contrapposti, e hanno visto prevalere ora una ora l’altra delle coalizioni (con l’eccezione di Veneto e Lombardia), erano da sempre rimaste in mano al centro-sinistra le quattro regioni facenti parte della cosiddetta “zona rossa”: Toscana, Marche, Umbria ed Emilia-Romagna.

Qualche mese fa, il primo segnale della fine della supremazia post-comunista: in Umbria si assiste al tracollo dell’inedita alleanza Pd-M5s, di venti punti, e l’egemonia comincia a traballare. Se dovesse accadere lo stesso anche in Emilia-Romagna, la situazione per il centro-sinistra comincerebbe a farsi realmente seria, non tanto forse a livello governativo, quanto a livello socio-politico, e culturale. Perché un’Emilia non più rossa segnerebbe certo la fine di una leggenda, la leggenda di un’isola felice che è sempre stata ben governata, secondo i suoi estimatori, ed ha sempre rappresentato il simbolo di un’altra Italia possibile, dove occupazione, welfare e accoglienza si accompagnavano bene con un elevato livello di positiva interazione sociale e di qualità della vita: un modello da imitare che scomparirebbe nel vento salviniano.

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I sondaggi pubblicati fino alla settimana scorsa, prima del blackout, e anche quelli privati di cui è vietata la divulgazione, ci raccontano di una competizione parecchio serrata, con Bonaccini costantemente in vantaggio; ma si tratta di un vantaggio molto lieve su Borgonzoni, non tale da accreditarlo anticipatamente di una probabile vittoria sulla sua rivale. Tra i due e i quattro punti nella disfida principale, quella del governatore, che si assottigliano fino a ribaltarsi in quella tra i partiti facenti parte della coalizione. Troppo poco per poter stare tranquilli, nel campo del centro-sinistra, e sufficiente per alimentare le speranze dell’altra parte politica.

Se vincesse la candidata salviniana, per il leader leghista significherebbe l’apoteosi, e la certezza di poter vincere abbastanza comodamente anche una competizione a livello nazionale, sardine o non sardine, con un Movimento 5 stelle in decisa regressione di consensi sia a livello locale (come spesso accade) che soprattutto a livello nazionale (cosa che non è mai accaduta dal momento della prima scesa in campo).

Siamo dunque all’interrogativo conclusivo: chi vincerà alla fine? Il mio parere è che il vantaggio così limitato raccontato dai sondaggi è davvero troppo limitato per consentire la vittoria finale a Bonaccini. Molti degli elettori che non lo voterebbero hanno difficoltà ad ammettere il proprio tradimento a favore di Salvini, e si rifugiano in dichiarazioni di incertezza o di astensione, che è possibile si trasformino in adesioni per Borgonzoni, sospinte dal voto leghista, che punta molto sulla voglia di cambiamento che già si è manifestata in Umbria.

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Se la partecipazione elettorale sarà piuttosto elevata (diciamo oltre il 60%), riportando al voto gli elettori della “periferia”, è probabile che la spunterà di un paio di punti la candidata di centro-destra. Viceversa, sarà più possibile una vittoria del centro-sinistra. Come sempre, non ci resta di aspettare gli accadimenti di un’ultima settimana cruciale, per la storia socio-elettorale italiana.

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