Partiti e politici
Roma 2021, nella capitale in crisi la Via Emilia Coraggiosa è lontana
In vista delle elezioni amministrative nella Capitale a sinistra c’è chi vorrebbe seguire le orme di Elly Schlein e chi invece pensa a una lista di resistenti. Due progetti che insistono sul medesimo serbatoio elettorale e su un territorio molto diverso dall’Emilia.
Manca ancora più di un anno alle elezioni della Capitale, ma le grandi manovre in vista della campagna elettorale sono partite. Se a destra l’iniziativa solitaria di Salvini, sabato scorso al Palazzo dei Congressi, ha segnato una chiara volontà di protagonismo del leader leghista ‘in casa’ di Giorgia Meloni, come sempre è sull’altro lato della barricata che la situazione si fa più intricata, tanto più che la recente esperienza dell’Emilia-Romagna sembra aver ispirato alcuni dei protagonisti e messo sul chi vive altri.
Una ‘coalizione resistente’ alternativa al PD
Se ne è parlato venerdì scorso al Cantiere di Trastevere, nel cuore del Municipio I, dove il centrosinistra ha continuato a resistere nonostante l’ubriacatura cinque stelle e dove due anni fa Zingaretti celebrò la rivincita del centrosinistra nei due municipi – III e VIII – dove i prodromi della crisi interne all’Amministrazione Raggi a Roma avevano provocato la fine anticipata delle giunte a cinque stelle e il ritorno alle urne. L’occasione è la presentazione di due libri – La Pantera, 30 anni portati bene di Nando Simeone e Povera Roma. Sguardi, carezze e schiaffi, volume collettivo di cui sono presenti tre autori, Sandro Medici, ex direttore del Manifesto, poi presidente del X Municipio e candidato sindaco nel 2013, uomo da sempre vicino alla ‘sinistra radicale’; Monica di Sisto, giornalista di Askanews e vicepresidente di Fair Watch e ancora Nando Simeone, protagonista del movimento studentesco 30 anni fa, una lunga militanza nell’strema sinistra, delegato CGIL alla Farmacap, le farmacie comunali romane, una delle aziende partecipate su cui lo scorso autunno sembrava essersi consumata una rottura tra la sindaca Raggi e CGIL CISL e UIL.
Ad affrontare subito la questione è Medici. Dopo la parentesi degli anni ’90 – è il suo ragionamento – quando le politiche delle amministrazioni di centrosinistra, pur criticabili, avevano cercato di dare una risistemata alla città, riuscendo anche a fornirle un profilo internazionale, Roma è piombata in una crisi di cui quest’ultima amministrazione rappresenta solo l’ultimo capitolo. ‘Povera Roma è, una volta tanto, il frutto di una vera impresa collettiva ed è espressione delle numerose realtà che in questa città provano a resistere al degrado’. Sono esperienze come la Casa Internazionale delle Donne e Lucha y Siesta, attualmente sotto sfratto dall’Amministrazione Raggi; Baobab Experience, l’associazione di accoglienza ai migranti salita agli onori delle cronache nazionali dopo lo sgombero del 2018 (ultimo di una lunga serie) o lo Spin Time Lab di Andrea ‘Tarzan’ Alzetta, leader delle occupazioni romane ed ex consigliere comunale di area vendoliana, il centro sociale in cui la scorsa primavera l’elemosiniere di papa Francesco andò a rompere i sigilli messi per morosità al contatore dell’energia elettrica e che ultimamente ha ospitato incontri del movimento delle Sardine e del gruppo ambientalista Extinction Rebellion.
Poiché le elezioni si avvicinano e non mi sembra che un appoggio da sinistra al PD possa sortire dei risultati – è il ragionamento di Medici – è l’ora che queste realtà si rimbocchino le maniche e si diano una ‘soggettività politica’ in grado di autorappresentarsi. ‘D’altra parte però Roma negli anni è cambiata – osserva Simeone, ricordando i tempi della Pantera – e non è più quella di un tempo, quando La Sapienza e quartieri come San Lorenzo rappresentavano un punto di riferimento politico non solo per gli studenti, ma, in qualche misura, per l’intera città’. Oggi la speranza si concentra sugli studenti che vanno in piazza per salvare il pianeta. ‘D’altra parte io con questi ragazzi ci parlo’ – interviene Monica Di Sisto, anche lei ex Pantera – ‘e loro pensano che il problema lo abbiano causato proprio i soggetti politici che in questi anni hanno governato’, ribadendo la necessità di una cesura col passato. Per Simeone del resto partire dalla realtà sociale della città è l’unico modo per evitare di ripetere la débacle emiliana, con la sinistra divisa in tre che insieme raccoglie poco più dell’1%.
Una città in crisi
Il dibattito politico che si sta già avviando nella Capitale in vista delle elezioni del 2021 ha per sfondo una città segnata da una crisi profonda (e non dall’avvento dei cinque stelle), innanzitutto in termini economici e sociali. Repubblica061217 ne fissava la portata in poche righe: ‘Se infatti fino al 2007 Roma poteva essere considerata la locomotiva d’Italia, con una crescita del valore aggiunto a doppia cifra (il 15%) a fronte di una media nazionale di circa la metà (8,5%), dal 2008 in poi si è drammaticamente fermata: negli ultimi otto anni il valore è diminuito del 15,2%, idem il PIL pro capite. Raggiungendo l’apice dal 2011 in poi, con la débacle di alcuni settori strategici (le costruzioni sono calate del 25%, l’agricoltura dell’11,3%); l’aumento esponenziale delle imprese a basso valore aggiunto, soprattutto affittacamere e commercio ambulante, e il crollo delle società per azioni, quelle a più alto tasso di ricchezza e professionalità (-13%)’. La migrazione dei centri direzionali dei grandi gruppi – Unicredit, Sky Esso, Total, per citarne solo alcuni – verso Milano è la traduzione più eloquente della perdita di centralità della Capitale per i maggiorenti del capitalismo italiano e internazionale. D’altra parte è un fenomeno che riflette la mutata dislocazione geografica dei poteri: se le decisioni che contano vengono prese sempre più a Bruxelles invece che in Parlamento, meglio piazzare le proprie ambasciate più vicino alla Mitteleuropa piuttosto che all’ombra del Colosseo.
Il tasso di disoccupazione nella Capitale è allineato quello nazionale, ma va sottolineato che si tratta di un dato negativo rispetto alle grandi aree urbane europee, dove in genere si registra una densità di occupazione più alta. Inoltre il tasso di disoccupazione giovanile (28,7%) è significativamente superiore rispetto al dato nazionale (25,7%). La crisi qui colpisce un mondo del lavoro, che qui è già particolarmente vulnerabile per la sua composizione. Dotata di un tessuto manifatturiero tradizionalmente debole la provincia di Roma vede gli 1,3 milioni di occupati concentrarsi nel terziario. Secondo il rapporto ‘Roma e provincia attraverso la statistica’ (ed. 2018), a cura della Camera di Commercio di Roma, quattro settori esauriscono la metà dell’occupazione totale. Si tratta di noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese (211.000 addetti); commercio e officine di riparazione (174.000); informazione e comunicazione (142.000) e alloggio e ristorazione (137.000). La manifattura si ferma a 97.000 addetti (meno dei lavoratori domestici, che sono 114.000), di cui meno del 45% inquadrati come operai, a cui si aggiungono 70.000 edili, mentre in 130.000 lavorano nei trasporti e magazzinaggio. Gli autonomi sono oltre 160.000 tra commercianti, artigiani e agricoltori (iscritti INPS, inclusi i collaboratori familiari).
Nella Capitale il lavoro dipendente, tradizionale base sociale della sinistra (ma nel 2016 schieratosi in misura significativa con la Raggi), appare dunque particolarmente fragile, frammentato attraverso una miriade di imprese piccole in attività economiche sempre più a basso valore aggiunto nel settore privato, mentre nel settore pubblico ci sono alcune concentrazioni di lavoro dipendente con un tasso di sindacalizzazione e una forza abbastanza rilevanti, ancor più per la collocazione strategica che per i numeri: istruzione (45.000 addetti), sanità (70.000) e soprattutto le aziende partecipate del Comune – quasi 30.000 dipendenti, di cui 20.000 soltanto in ATAC (trasporto pubblico locale) e AMA (igiene urbana). Ma si tratta di una forza perlopiù inutilizzata da tempo, ormai disabituata a muoversi collettivamente, spesso segnata da un rapporto di sfiducia nei confronti del sindacato. Questi numeri aiutano a decifrare il dibattito politico cittadino e a individuarne i buchi neri, tra cui il tema della rappresentanza politica di quasi l’8% dei lavoratori italiani, frammentati nel tessuto produttivo ma concentrati sullo stesso territorio.
Due sinistre, un solo bacino elettorale
Visti i risultati la parentesi di governo a cinque stelle appare destinata a chiudersi ingloriosamente. Lo conferma il fatto che nei tre municipi in cui si è andati alle urne dopo il 2016 il movimento di Virginia Raggi sia stato sconfitto in malo modo. A oggi i sondaggi danno il centrosinistra in leggero vantaggio sul centrodestra, mentre i cinque stelle sarebbero in netto calo ma ancora determinanti. Sono indicazioni da prendere con le pinze, visto che manca più di un anno al voto, ma almeno una cosa suggeriscono di verosimile e cioè che la crisi del M5S, qui come in Emilia, riporterà al centro della scena lo scontro tra centrodestra e centrosinistra. Il PD si prepara ad affrontare questo scenario ragionando su alcuni nomi, in primis Roberto Morassut, sottosegretario all’Ambiente, vicino a Goffredo Bettini ed erede della ‘stagione gloriosa’ di Rutelli e Veltroni (di cui all’epoca fu collaboratore), che di certo non ammiccano all’elettorato di sinistra. Mentre si attende di sapere cosa farà da grande l’ex Calenda, a cui un sondaggio pubblicato su Il Tempo attribuiva il 38% dei potenziali consensi.
A sinistra del PD invece emergono due opzioni. C’è chi ragiona su un’operazione analoga a quella di ‘Emilia-Romagna coraggiosa’, la lista civica rosso-verde di Elly Schlein a sostegno di Bonaccini. L’assemblea nazionale di Sinistra Italiana sabato scorso ha benedetto un’operazione in tal senso a livello nazionale (HuffPost150220), di cui Roma potrebbe rappresentare il trampolino di lancio (o la tomba, a seconda degli esiti). C’è chi invece, come Medici, pensa a una lista e a un candidato sindaco alternativi (almeno al primo turno) al PD. Ma entrambe le opzioni si contendono lo stesso bacino di voti: l’arcipelago di associazioni, centri sociali e occupazioni abitative, ‘società civile’ evocato all’inizio e che a sua volta potrebbe avere interesse ad assicurarsi una qualche forma di rappresentanza all’interno di una prossima amministrazione di centrosinistra.
In larga parte sono gli stessi soggetti che oggi si intrecciano al nascente movimento delle Sardine romane. Sabato scorso alla contromanifestazione promossa dalle Sardine lo stesso giorno del comizio di Salvini aderivano anche la Casa Internazionale delle Donne e Baobab Experience. E forse il battibecco tra sardine romane e bolognesi a proposito delle foto con Benetton potrebbe essere letto proprio alla luce delle grandi manovre in vista delle elezioni romane. Anche se – ci fa notare chi conosce bene la scena politica romana – bisogna tenere conto che le sardine sono un soggetto ancora troppo acerbo per poter attribuire un disegno strategico a ogni parola che pronuncia. Resta il fatto che sabato in Piazza SS. Apostoli nessuno dei fondatori (ufficialmente impegnati nella preparazione di una manifestazione a Bologna) era presente e che i partecipanti hanno chiesto di cancellare, non semplicemente di modificare i decreti sicurezza, a parziale rettifica della posizione ribadita più volte dal leader Santori.
All’incirca gli stessi soggetti erano stati i promotori della manifestazione antirazzista ‘Sei 1 di noi’, nel dicembre del 2018, tra cui CGIL, ANPI, ARCI, Libera, Gruppo Abele, e l’estate successiva della due settimane di concerti e dibattiti al Parco Caravaggio, alla Garbatella, in cui sono intervenuti Maurizio Landini (ma anche i gruppi dirigenti locali della CGIL), Don Ciotti, la presidente dell’ANPI Carla Nespolo, esponenti della Casa Internazionale delle Donne e dei movimenti per la casa. Una sorta di ‘coalizione sociale’ (per citare una formula cara a Landini) che un anno fa l’edizione romana di Repubblica incoronava come ‘l’opposizione sociale alla Raggi’ (Repubblica200219), con la partecipazione di sindacati, parrocchie, cooperative, associazioni e reti studentesche, compagine in seguito eclissatasi, ma che ha sedimentato relazioni ancora vive e, soprattutto, ha visto la CGIL schierata in prima linea.
Roma non è Bologna
Aldilà di ciò che succederà di qui alle elezioni e del modo in cui si disegneranno gli schieramenti, che è ancora tutto da vedere ed è forse l’aspetto meno interessante, è istruttivo invece analizzare il modo in cui dinamiche politiche e sociali si intrecciano e interagiscono in un contesto con le caratteristiche che abbiamo descritto. Roma, si è visto, è una città in crisi e in cui sono soprattutto tre i temi che incidono maggiormente sulle condizioni di vita della tradizionale base sociale della sinistra: trasporti, rifiuti – più in generale potremmo dire i servizi pubblici – e questione abitativa. Si tratta dei temi potenzialmente capaci di unificare un mondo del lavoro frammentato e che allo stesso tempo hanno deciso le fortune di alcuni dei maggiori potentati cittadini. Si pensi ai palazzinari romani, ma anche a personaggi come Manlio Cerroni, autoincoronatosi ‘re della monnezza’, proprietario della discarica di Malagrotta e perciò stesso titolare di un enorme potere di ricatto nei confronti di una politica quanto mai fragile. Ed è una città con un tessuto sociale totalmente differente da quello emiliano e dove i corpi intermedi storicamente vicini alla sinistra – sindacato e ‘cooperative rosse’ – non hanno mai avuto una forza paragonabile né sviluppato una simbiosi con le istituzioni così da risultare ancora determinanti nonostante la crisi e dove, infine, la destra ha una forza a una storia di tutt’altro genere. Per un’eventuale ‘Roma coraggiosa’ e/o un’eventuale ‘coalizione dei resistenti’ l’impresa si annuncia tutt’altro che facile, anche perché il rischio è che finiscano a rubarsi i voti l’un l’altra.
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