Partiti e politici
Riva (+Europa): “I conti in ordine non servono all’Europa, ma al nostro futuro”
Martina Riva ha 26 anni, a Milano è consigliera di Municipio, eletta nella lista civica che sosteneva Beppe Sala. Fa la praticante avvocato ed è una delle candidate di + Europa nel collegio Nord Occidentale per le Elezioni Europee. Il salto non sarà troppo alto, le chiediamo? Il passo non sembrerà un po’ troppo lungo?
Se ci fermiamo alla questione anagrafica, sicuramente sì. Ma l’Europa è l’unico tema per cui secondo me vale davvero la pena mettere la faccia: il progetto più importante da portare avanti e, anzi, visto il continuo avanzare delle forze sovraniste, da tutelare. L’Europa è il Paese dove siamo cresciuti e quello in cui vogliamo continuare a vivere: io sono fiera di essere italiana, ma al tempo stesso voglio un’Italia sempre più Europea e che proprio grazie all’Europa possa realmente avere un ruolo da protagonista nel mondo. Per questo ho pensato che fosse opportuno lanciarmi in questa sfida, nonostante fosse ben più grande di me: perché ci credo, e se c’è la possibilità che i miei sforzi, il mio lavoro e la mia passione invertano la tendenza antieuropeista, non voglio perdere nemmeno un secondo.
Dentro a +EUROPA hai sostenuto la candidatura a segretario di Benedetto Della Vedova che in economia ha sempre avuto posizioni rigoriste e liberiste. Non credi che quest’Europa del rigore sia parte dei problemi e non la soluzione?
Nel dibattito pubblico italiano c’è un grande errore di fondo, condiviso da praticamente tutto lo spettro politico. Far credere che dobbiamo tenere i conti in ordine “perché così vuole l’Europa del rigore”. Lo cominciarono a dire le forze antieuro, e si è affermato come un mantra fino a Renzi per un motivo semplice: ai politici italiani conviene farlo credere. Perché in questo modo sono deresponsabilizzati e possono promettere qualsiasi cosa in campagna elettorale sapendo che potranno sempre puntare sul facile capro espiatorio dell’Europa del rigore per le tante promesse non mantenute. La verità è che l’Europa può solo minacciare procedure d’infrazione: praticamente, agli stati, può fare l’equivalente di un pizzicotto. Noi dobbiamo tenere i conti in ordine per responsabilità verso i mercati, che non sono composti da oscuri burattinai, ma potenzialmente da tutti noi. Lo dobbiamo fare con maggiore attenzione oggi a causa delle politiche scriteriate dei decenni passati, per dare una speranza in più alla nostra generazione e a quelle future. E non è vero che per avere un welfare sensibile si debba per forza spendere più di ciò che si ha. La prova è proprio l’Italia: tanta spesa, tantissimo debito ma uno stato sociale molto peggiore di tanti paesi europei più attenti di noi ai conti pubblici.
La tua attività politica nasce e tuttora si svolge nella tua città, Milano. Pensi che il “modello Milano” sia replicabile su scala nazionale, o è destinato – sempre di più – a rivelarsi una bolla che rischia di scoppiare dolorosamente e fragorosamente?
Il modello Milano può e deve essere replicato. Milano è la locomotiva d’Italia e ha le possibilità e il dovere di trascinare verso l’alto tutta la penisola. L’orgoglio meneghino è di tutti: di chi lavora a Milano, di chi ci si è trasferito, di chi ogni giorno prende un treno per arrivarci. Milano è da sempre un punto di riferimento per lo sviluppo economico del Paese; soprattutto negli ultimi anni, lo è diventata anche a livello europeo. E non solo a livello economico e finanziario: Milano è un centro di innovazione e creatività, di moda e design. È un gioiello europeo anche dal punto di vista europeo: è una città che ha saputo valorizzare le sue bellezze. Tutto questo, ha reso il capoluogo lombardo un punto di riferimento anche per l’integrazione sociale e per il funzionamento di servizi. E proprio il fatto che l’eccellenza meneghina sia non solo di tutti, ma merito di tutti, e non solo dei milanesi d’origine, è la prova che il “modello Milano” verrà replicato presto in tutta la penisola. Beppe Sala dice sempre che bisogna alzare l’asticella: io non potrei essere più d’accordo. L’ha fatto Milano insieme a tante altre città: possiamo farlo tutti.
Non ti senti parte di una nicchia privilegiata e distaccata dalla vera realtà del paese, in cui i tuoi coetanei non hanno tempo e mezzi per pensare alla politica, perché fanno fatica a trovare un lavoro da mille euro lordi al mese?
No, non mi sento né privilegiata né distaccata: ed è proprio perché si fa spesso fatica a trovare mille euro lordi al mese che dobbiamo pensare alla politica. Dobbiamo pensarci anche se il tempo è poco, anche se la maggior parte di noi finiscono di lavorare quando va bene alle nove di sera, anche se quando si ha un momento di pausa viene più facile leggere il commento alla partita del Milan (sacrosanto!) che un articolo che ci faccia capire di quali temi si stia discutendo in Parlamento. Noi giovani siamo l’unica categoria “debole” che non è ancora stata in grado di organizzarsi in modo solido e organico: penso ai giovani professionisti come me, ma non solo. Ed è assurdo, perché per far capire a questo governo che non si può parlare sempre e solo di pensioni (degli altri!), basterebbe proprio poco: basterebbe far sentire la nostra voce in modo costruttivo.
A Milano fai parte di una maggioranza guidata dal partito democratico. Cosa distingue la tua idea di politica e di Europa da quella del Pd?
Non posso dire che Europa abbia in mente il PD, le anime del PD sono tante e ognuna ha un’idea di Europa diversa. Rischierei di essere imprecisa. Posso parlare dell’Europa che abbiamo in mente noi. Un’Europa che abbia al centro lo sviluppo, il lavoro e la rivoluzione tecnologica e ambientale. Un’Europa federale, forte e liberale. Un’Europa che si opponga ad ogni protezionismo, che alla lunga finisce per danneggiare i cittadini. Due esempi: siamo a favore del trattato di libero scambio con il Canada (CETA) e di quello con il Giappone (EPA) che già oggi, nonostante le paure diffuse prima della sua approvazione, anche da parte di alcuni eurodeputati PD che li ha avversati, hanno dato enorme beneficio ai nostri agricoltori che esportano molto di più di prima grazie ai dazi ridotti. E siamo anche a favore di un grande trattato di libero scambio con l’Africa, che ci permetta di divenire partner commerciale privilegiato con essa, superando anche la Cina: l’Italia ha una posizione strategica per l’area del mediterraneo e va sfruttata.
Stai girando il nord-ovest per fare campagna elettorale. Che paese stai incontrando? Cosa ti dicono i tuoi coetanei? Che aspettative raccogli?
Sto incontrando un paese con tante esigenze: una vera e propria università del merito, in grado di preparare gli studenti al mondo del lavoro; delle infrastrutture adeguate a servire il settori dell’industria, dell’agricoltura, del turismo; una programma serio per salvare il pianeta, che non indichi come mezzo la decrescita, che è l’unico vero sistema insostenibile, ma la tecnologia. Un paese che si aspetta che la politica faccia delle scelte chiare e che guardino davvero al futuro. I miei coetanei hanno speranza e tante idee: la nostra sfida è metterle insieme e fare rete, senza disperdere gli sforzi e i progetti di nessuno.
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