Partiti e politici
Risso (Swg): Addio politica lineare, ora la sfida è in 3D
Un’epoca sta morendo mentre una nuova sta sorgendo. Proprio ora, intorno a noi. Chi di noi ha messo insieme gli indizi e se n’è accorto? Forse siamo distratti dalla quotidianità e dal bombardamento delle notizie, ma è importante accendere un faro sul cambiamento che stiamo vivendo, in modo da decidere noi dove vogliamo che ci porti.
Da questa constatazione nasce “La conquista del popolo. Dalla fine delle grandi ideologie alle nuove identità politiche” (Guerini e associati, 265 pagine, 24 euro), il nuovo libro del professor Enzo Risso, direttore scientifico dell’istituto di ricerche e sondaggi Swg. È un volume denso e arricchente, frutto di anni di ricerche fatte con l’Swg. Questo libro apre una finestra importante sul presente, consentendoci di allargare l’orizzonte fino a immaginare ipotesi di futuro tra le quali tocca a noi scegliere, ma soprattutto – ed è qui la sfida – che spetta a noi realizzare.
Professor Risso, partiamo da qui: stiamo vivendo un cambiamento di epoca.
«Sì, sta finendo l’età postmoderna, iniziata a metà anni ’70, e il cambiamento è determinato da crisi strutturali, economiche e ambientali, dallo sfarinamento del ceto medio e da vari fallimenti come quello del liberismo, delle élite e lo spiaggiamento della Terza via. Le do un dato: in Italia nel 2003 il 55% della ricchezza nazionale era detenuto dal 90% persone. Oggi la stessa percentuale ha il 44-45%: un impoverimento sostanzioso che è andato a favore dei soliti noti.
Le tante promesse non mantenute della teoria dello sgocciolamento, delle politiche inesistenti per il sud e per le periferie, senza dimenticare le vicende delle banche, il fallimento delle politiche sull’immigrazione o l’eccesso di precarizzazione nel lavoro hanno determinato un mutamento della società, il quale ovviamente ha anche riflessi politici importanti».
Quali sono?
«Quello principale è che è cambiato il campo politico: gli assi non sono più quelli della Prima e della Seconda Repubblica, che erano lineari, ossia capitalismo versus socialismo nella Prima e destra contro sinistra nella Seconda. Oggi è in corso una trasmutazione: destra e sinistra non sono sparite, ma hanno assunto l’identità di comunità chiusa versus comunità aperta. Il campo politico non è più lineare, ma tridimensionale, perché si aggiunge un ulteriore contrasto tra una visione dal basso della democrazia e quella dall’alto».
Cioè?
«Visione dal basso vuol dire che ci sono segmenti di opinione pubblica che pensano che ci debba essere una maggiore partecipazione delle persone alla vita sociale e politica. La visione dall’alto invece si sviluppa in due anime differenti: da un lato, tra quanti hanno una propensione verso una comunità più chiusa, l’ago della bilancia pende verso la democrazia del leader forte, più presidenzialista; dall’altro lato, fra quanti hanno opzioni più aperturiste la visione si orienta verso una forma di oligarchia dei dai migliori, di una società governata dai competenti».
Secondo lei dove arriveremo?
«Da un punto di vista globale sembra che siamo orientati verso un capitalismo sempre più clanico, cioè un capitalismo che crea comunità, che risponde al bisogno di intessere legami e tutele. Dall’altro lato si accentuerà lo scontro tra comunità aperta e chiusa, tra chi vuole tutele e difese e chi immagina una società cosmopolita e globale».
Nel suo libro lei però vede anche dei rischi, che chiama le “7 R”. Di questi quali sono i più gravi?
«Sicuramente le Rivolte, come quella che sta accadendo in Francia con i gilet gialli. Rivolte che sono destinate ad aumentare se l’incedere della Rivoluzione 4.0 (un’altra R) non sarà gestito e comporterà un costo sociale alto.
Altri due rischi molto allarmanti sono Reddito e Razzismo. C’è una forte esigenza di ridurre le disuguaglianze sociali per cui la redistribuzione del reddito è fondamentale per evitare le rivolte e creare nuovi legami sociali volti in una direzione di armonia e non di chiusura. Le disuguaglianze, inoltre, possono portare al Razzismo, cioè alla guerra tra i ceti impoveriti in Occidente contro chi nei cosiddetti Terzo e Quarto Mondo cerca una vita migliore».
Secondo lei le élite sono attrezzate ad affrontare questo cambiamento?
«Sostanzialmente no. La sfida è globale: bisogna favorire la crescita, verificando che non vada a rimpinguare le solite tasche. In questo momento vedo alcuni tentativi di dare delle risposte, ma c’è molto da fare».
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