Partiti e politici

Renzi vuole piazzarci una Boschi qualsiasi, noi vogliamo Calenda segretario Pd

5 Marzo 2018

L’ha fatto diventare duro ai reduci di guerra, i suoi reduci, la sua guerra. Renzi sembrava l’Umberto dei tempi del Cialis, in un post elezioni dal sapore muscolare in cui ha sfanculato ora questo ora quello, con la voce grossa, timbrata dal rancore e da quel misero 19 per cento che secondo lui, segretario mezzo in sella, finto dimissionario, eppur disarcionato dagli italiani, sarebbe frutto di un complotto gestito dal Colle che non gli concesse le elezioni nel 2017 che gli avrebbero consentito una figura meno disonorevole. «In queste settimane – confidava l’altro giorno – Mattarella e Gentiloni hanno fatto di tutto per farmi fuori». Vive il suo avvitamento con la precisione che tutti gli abbiamo sempre riconosciuto, si presenta al Nazareno col mento puntuto, nessuna ammissione, nessuna debolezza, solo un banalissimo “la sconfitta è netta”, che per tutti i convenuti sarebbe il motivo centrale del contendere, ma che per l’interessato è solo un modesto incidente della storia. Sembra l’ultimo giro di giostra di un pazzo, che medici pietosi concedono prima del ritorno alla stanzetta della riflessione, ma in realtà è la sua visione strategica: qui i tempi li detto ancora io, i tempi delle (non) alleanze, i tempi del futuro segretario, i tempi di una legislatura in cui si ritaglierà il ruolo che adesso è di Berlusconi, ma senza condanne e soprattutto da dentro l’aula sorda e grigia: quello del regista. O meglio: più he il regista, il tramatore. Il nostro piccolo Erasmo da Rotterdam sa quel che fa, facendolo come al solito da par suo. Lo fa solidamente, avendo gonfiato la sua giberna di un manipolo che ormai, tra camera e Senato, risponde soltanto a lui.

Sono in ebollizione, ora, gli obiettivi dei suoi strali. I Franceschini, gli Orlando, i Delrio, sostanzialmente dei nulla cosmici che non potranno mai ambire alla successione del Bomba, non avendone il talento né la spregiudicatezza, ma vivendo solo di una malinconica democristianitudine che il ragazzo ha sgamato subito parlando di estenuanti caminetti. Ha ribaltato il tavolo, l’ancora segretario del Partito Democratico, ponendo la sua prima pietra a un progettino che dovrebbe consentirgli di vivere bene il prossimo futuro di una legislatura ch’egli auspica, in controtendenza, lunga e serena (per lui). Primo perché entreranno in casa, mediamente, circa quindicimila euro al mese e questo, dopo mesi di una certa sofferenza, non guasta. Secondo perché, se tutto andrà come deve, al posto delle sue terga usurate, su quella poltrona di segretario se ne porranno altre che non le sue, ma sono molto amiche e rassicuranti.

Insomma, qual è davvero il progetto di Matteo Renzi? Portare a congresso un suo cavallino, portarlo con tutte le cerimonie, tutte le condizioni necessarie perché possa avere successo e diventare segretario, cosicché eterodirigerlo in nome della vecchia amicizia. Chissà se avrà la spudoratezza maxima, e cioè portare a cima Nazareno la migliore di tutti loro, madonnina Boschi. Sarebbe fantastico, oltre ogni più fervida immaginazione. Ma il paradosso, oggi, è che nessuno, nel Pd, ha la forza per contrastare un segretario che avrebbe dovuto strisciare dalla vergogna lungo i muri e invece fa pure la voce grossa e manda questo e quello (Mattarella&C.) a quel tal paese. Nessuno ha la forza, né la struttura politica e culturale, perché le figurine stinte del Partito Democratico di questa epoca non hanno la personalità per attrarre sentimenti comuni. E appassionare quel famoso “popolo” che vorrebbe vivere ancora di storie e, se possibile, visioni. Gli hanno fatto una guerricciola sotterranea senza neppure l’orgoglio di appartenere a un altrove rispetto a lui. Come una febbriciattola, che non è mai febbre vera. Ci appaiono già replicanti, ancor prima che possano mostrare le loro (eventuali) pretese politiche.

Renzi sa di non avere avversari, almeno dentro il Pd, gli piace sostanzialmente vincere facile, quando invece, appena mette il naso fuori, sono bastonate pesantissime perchè gli italiani sono più difficili da convincere. Ma c’è un sistema per neutralizzarlo, e chissà se le anime perse del Pd se ne accorgeranno. Toccherà spalancare le porte del Nazareno, facendo entrare aria pulita. Facendo entrare qualcuno che non è storia del Pd, ma che è dichiaratamente di sinistra. Bisogna trovare un modo e, soprattutto, convincere lui. È Carlo Calenda, ministro per lo sviluppo economico, che ha dimostrato in questo tempo autonomia di giudizio, rispetto a Renzi, rispetto al mondo industriale. Un uomo che si è detto di sinistra molte più volte di quanto lo abbia fatto Renzi, c’è una radice antica di famiglia a testimoniarlo. Bisogna però che abbia voglia di battersi, bisogna che i pretendenti senza speranza del Pd facciano un preventivo passo indietro in suo favore. E poi, quel giorno delle primarie sarà davvero molto divertente lo scontro per la poltrona di segretario: volete madonnina Boschi o Carlo Calenda?

Il quale Calenda, se ci starà, avrà un solo modo per entrare nel cuore degli elettori: evitare con assoluta precisione ogni possibile contaminazione con queste mezze tacche che popolano il Partito Democratico, che inciuciano nei corridoi ma non li vedi mai a viso aperto. Evitare i Franceschini, tanto per indicarne uno per tutti. Se si farà una sua agile squadra di ragazzi dalla sguardo fiero, madonnina Boschi (o chi per lei, naturalmente) è segnata.

 

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