Partiti e politici
Renzi, gli andirivieni del pensiero
Intervistato dalla Stampa, Matteo Renzi, prendendo atto delle dichiarazioni di Elly Schlein (“non metto veti, non accetto veti”) si interroga sul futuro di Italia Viva.
“Siamo a un bivio”, dice, “facciamo una Margherita 2.0 alleata con il centrosinistra? Oppure facciamo un tentativo di ricostruire il Terzo Polo?”
Dopo essere stato un grosso sostenitore del terzo Polo, Renzi, è costretto, dopo il disastro delle Europee, a prendere atto dell’irrilevanza cui questa alleanza rischia di essere condannata a causa dell’insanabile conflitto tra lui e Calenda.
Due le strade possibili per Renzi:
1) lasciare spazio nel Terzo Polo all’affermarsi di nuove leadership, diverse dalla sua;
2) abbandonare l’idea del Terzo Polo e indicare ad Italia Viva un nuovo percorso, attribuendole il ruolo di soccorso “centrista” del Pd.
In pratica, come dice Renzi stesso, fare di Italia Viva una specie di Margherita 2.0
La scelta di Renzi a questo punto è obbligata: nessun dubbio sul fatto che scarterà la prima soluzione che equivarrebbe per lui ad un’uscita di scena, e che sosterrà la seconda, che gli consentirebbe di mantenere un ruolo di qualche rilevanza.
Che dire, al riguardo?
Renzi è stato l’artefice di scelte importanti.
La migliore? Quella che in pochi gli contestano? Aver fortemente voluto e ottenuto la nomina di un presidente della repubblica eccellente.
Ma poi?
Ecco le mosse successive:
– ha bloccato la prima ipotesi di governo pd-5 stelle, consentendo di fatto la nascita del primo governo Conte;
– ha fatto marcia indietro un anno dopo: per evitare nuove elezioni ha dato una spinta risolutiva al Conte 2, fregando Salvini, che, forte del suo 34 per cento alle europee del ’19, già si sentiva pronto a nuove elezioni che lo incoronassero premier;
– ha fatto saltare il Conte 2 per fare partire il governo Draghi.
Ognuna di queste mosse è stata illustrata e spiegata, non dico di no.
Ma agli occhi degli elettori la carriera politica dell’uomo negli ultimi anni appare ormai contrassegnata da troppi andirivieni del pensiero.
Quando un politico cambia idea o sceglie una nuova strategia può farlo in vari modi.
Può fare l’autocritica, dire che sbagliava e ci ha ripensato. Lo fanno in pochi, per non dire nessuno.
Oppure può tentare di spiegarci, magari arrampicandosi sugli specchi, che la situazione è cambiata e servono scelte diverse da quelle sostenute in passato.
Per rendere credibili, e redditizi sul piano elettorale, gli andirivieni del pensiero, occorre però una personalità diversa da quella di Renzi.
Occorre più umiltà.
Essere credibili cambiando rotta in continuazione vuol dire farsi carico onestamente delle proprie contraddizioni, ammettere almeno in parte i propri errori, spiegare bene, e non i maniera sbrigativa e superficiale, perché quello che andava bene ieri oggi è controproducente e dannoso.
Questa caratteristica – l’umiltà – mi sembra onestamente troppo lontana dalle corde di Renzi, che ormai molti percepiscono come il Marchese del Grillo, cioè come colui che, in nome della propria (supposta) superiorità può permettersi di fare con disinvoltura ciò che ad altri non è concesso.
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