Partiti e politici
Renzi e Salvini tra l’Italia e la ex-Padania
L’iperattivismo dei due Matteo, Salvini e Renzi, si gioca in gran parte tra Roma (il centro) e il Veneto (la periferia). Verrebbe da dire che nella capitale si negozia e nella ex Padania si fa la partita. Per due motivi ben diversi. Per Renzi è in gioco la conquista dei mitici e leggendari ceti produttivi del nord, quelli che per decenni sono stati il bacino elettorale della Democrazia Cristiana prima e dell’asse del nord Lega-Forza Italia-Pdl successivamente. Non perde occasione il presidente del consiglio per fiondarsi al nord ad inaugurare aziende e nuovi siti produttivi, a partecipare a fiere, eventi, cene con i cosiddetti poteri forti locali di matrice economica. E’ in gioco il futuro della strategia renziana della conquista dell’area moderata e produttiva delle più ricche regioni settentrionali, un consenso al momento molto volatile. Gran parte del successo elettorale del Pd alle passate elezioni europee trae origine proprio da quel settore sociale ed economico composto da Pmi, artigiani, cooperative, associazioni, piccole banche. E da lì passeranno le sorti del rinnovato centrosinistra renziano, una prateria elettorale allo sbando e che al momento sembra non avere alternative serie alle promesse governative. L’iperattivismo salviniano è orientato invece alla conquista della leadership del centrodestra e alla trasformazione della Lega in un partito di destra dal nome ancora non ufficiale. Il successo di tale operazione non passa certo dalla vittoria ad eventuali primarie di coalizione o da tradizionali negoziazioni tra partiti. Passa invece da una estensione territoriale del bacino elettorale potenziale, ed ecco gli “sconfinamenti” nel centro sud, e da un successo al nord tale da rigenerare e rilanciare in qualche modo l’asse del nord a trazione leghista. Nel primo caso, aspettiamo di vedere il coniglio che Salvini tirerà fuori dal cilindro. Romperà gli indugi probabilmente già a fine novembre dopo i test elettorali in Emilia Romagna e Calabria. Due probabili sonori insuccessi del centrodestra in quelle regioni potrebbero agevolare una discesa in campo di un nuovo soggetto politico, ossia il disegno post-leghista di Salvini. Nel secondo caso, l’eventuale successo dell’operazione passerà solo da una sonante vittoria elettorale. I fari sono quindi puntati sul Veneto e sulle elezioni regionali del 2015. Luca Zaia parte favoritissimo, per mancanza di avversari all’altezza e per risultati buoni ottenuti oltre che per un rafforzamento dell’immagine personale di politico pulito e fuori dai giochi torbidi, come lo scandalo Mose ha dimostrato. L’asse con Zaia è per Salvini importante anche per contenere l’avversario interno più temibile, Flavio Tosi. Operazione non facile questa, perché se Salvini sposta a destra il baricentro della Lega è probabile che chi non va a sinistra preferisca alternative moderate, quelle a cui punta proprio Tosi. Vedere per esempio le alleanze in atto del sindaco di Verona, come quella con Corrado Passera ed il suo movimento politico, per non parlare della miriade di liste e listerelle civiche che gravitano intorno ai “Fari”, dei transfughi leghisti dei tempi andati e tanti altri politici in libera uscita, ma pronti al rientro.
I due Matteo devono guardarsi soprattutto dai limiti della loro manovra. Per Renzi è l’eventuale insuccesso al governo, tante promesse ed annunci che, se non trovano riscontro immediato, allontaneranno di sicuro i ceti produttivi tradizionalmente molto pragmatici nelle scelte elettorali. Per Salvini le contraddizioni nascono dal posizionamento del nuovo partito che ha in mente, sicuramente molto a destra, lepenista in salsa italiana quanto si vuole, ma poco digeribile all’area moderata. E i sondaggi sulle preferenze visti qua e là parlano chiaro. Un’area moderata oggi presidiata male e parzialmente da un Berlusconi in stallo, ma non sarà per molto. E poi come conciliare le richieste del tradizionale elettorato leghista del nord con una visione italiana storicamente e culturalmente diversa e che necessariamente porterà a molti compromessi?
In questo scenario c’è una inconfutabile certezza: l’area liberaldemocratica autentica è completamente sguarnita, non rappresentata in maniera significativa. Sia a livello locale sia nazionale. Alla fine la differenza sul piano elettorale in termini di numeri la faranno solo e sempre i moderati come è noto. Un segmento elettorale che sta mollando Forza Italia, che non è attratto da Salvini e dalla neo-destra, che non si fida delle promesse di Renzi anche se al momento resta la prima opzione.
Materia non tanto per politici, ma per strateghi della comunicazione politica.
Claudio Bollentini (labissa.com)
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