Partiti e politici

Renzi e “Quella solitudine immensa d’amarti solo io”

5 Maggio 2020

Finirà che lo abbiamo amato, odiato, esaltato, detestato, senza che ce ne fosse realmente motivo. Se ci pensate, è la prima volta che accade nella storia repubblicana. Prendiamo due illustri precedenti: Craxi e Berlusconi. Li abbiamo amati, odiati, ecc, ecc, ecc. ma vivaddio se c’erano motivi. Presi da autentica tenerezza per Matteo R., abbiamo richiamato alla memoria una straordinaria raccolta di poesie di Pedro Salinas, che molti ricorderanno: La Voce a Te Dovuta. È il sentimento trattenuto, silenzioso, di un innamorato che ha paura di una verità: « Non debba mai scoprire / con domande, con carezze / quella solitudine immensa / d’amarti solo io. »

Un paio di giorni fa, confuso tra le mille cose gravi di questo tempo, un sondaggio politico di Repubblica ha indicato un sorpasso. Era una vecchia 500 che superava un’altra vecchia 500, come in una gara di macchine d’epoca dove la velocità elettorale viaggiava malinconicamente tra il due e il due e mezzo per cento. Magari soddisfacente per “Azione” di Calenda, che così metteva il muso davanti, ma sconfortante per il povero Renzi che fino a qualche anno prima girava in Maserati. Un sondaggio che sembrava già un plastico ingiallito di Bruno Vespa, un filmato di repertorio, un paradossale Istituto Luce contemporaneo, un “Renzi da bere”, pieno di frizzi e paillettes che finiva su Ebay categoria «Politica vintage», ovviamente offerta libera.
Come ci siamo arrivati a “Quella solitudine immensa d’amarti solo io”, come racconta Salinas? e che sembra essere il destino dell’elettore di Renzi, che alla fine tra le mani non si ritrova nulla, consapevole d’essersi speso umanamente e politicamente per qualcosa che non era reale, per una costruzione immaginaria a cui troppi, non solo l’interessato, in questi anni hanno lavorato. Perché nel fare e disfare, Matteo R. si è avvalso di collaborazioni eccellenti, innanzitutto la nostra che ce la meniamo su giornali e televisioni, e che non abbiamo più la buona abitudine di riportare a terra i contenuti, farli riposare e poi decidere se siano o meno di un qualche peso. L’importante è che tengano acceso il circolino, che sostengano la confraternita dei soliti noti, esattamente una “conventio ad includendum” che ha un solo obiettivo: non farlo mai uscire dal dibattito, perché in un mondo di morti è l’unico che ancora ha un mezzo respiro. E di cui sfogliamo, ogni sera coi bambini, il librone delle foto-ricordo: mamma, ma perché qui mangiava il gelato nel cortile di palazzo Chigi, e guarda questa!, com’era incazzato, aveva tolto persino la bandiera d’Europa da dietro la scrivania, e qui: com’era torvo (i bambini direbbero arrabbiato, ma è poco rispetto al reale) Enrico Letta quando gli passa la campanella, ok va bene, ma adesso vai a letto che è tardi.
C’è stato un tempo in cui gli americani, i più grandi venditori di sempre, si sono messi a vendere “pezzetti di cielo”, espressione felicissima per dire che ti vendevano qualsiasi cosa di meraviglioso, ma che in realtà c’era solo sulla carta. Un pezzettino di un palazzo, un pezzettino di un’azienda, un pezzettino di un casinò, comunque un pezzettino di sogno americano. Qualcosa che non avresti mai più potuto (ri)esigere, far tornare da papà per dirla in soldoni, e che ti tenevi nel cassetto ringraziando dio per quella straordinaria opportunità. Quel sogno americano era studiato perfettamente: coinvolgeva e allargava. Ti faceva sentire padrone di un bene, a cui, in linea ideale ma anche sostanziale, non avresti mai potuto accedere (adesso, nel mondo dell’arte sta accadendo qualcosa di analogo: ti propongono di diventare padrone di un centesimo o millesimo di un quadro importante, o che comunque costa molto, ma che a casa tua non appenderai mai).

Ecco, a noi elettori di Renzi (facciamo che virtualmente lo siamo stati tutti) cosa ci resta? Mettiamo che abbiamo comprato l’azione Renzi al 40,7%, al massimo del suo fulgore, immaginandone la solidità. Adesso, ci dice il nostro promotore finanziario che nel frattempo si è trasferito a Italia Viva, se va bene vale il 2,5%. “Ma scusi, lei mi ha fatto comprare queste azioni e ora non valgono nulla?”. Nel mondo reale, noi avremmo cambiato promotore finanziario, banca, tutto quanto. È esattamente quello che è accaduto anche in politica, lo stesso meccanismo. Il risparmiatore che aveva puntato su Renzi, nel corso degli anni lo ha lasciato. Non senza incazzatura.
Tutto questo, però, non spiega a sufficienza perché ancora oggi, se Renzi parla, se Renzi alza la voce, se Renzi minaccia la sua maggioranza, pur nell’esiguità del suo patrimonio elettorale, prende ancora tutte le prime pagine, le aperture dei telegiornali, insomma fa ancora il piatto, seppur malinconico.

Dobbiamo evidentemente attribuirgli ancora una forza interiore, furiosa persino, che è motore e centrifuga di tutta la sua vita politica. Lo immaginiamo però molto consapevole della sua nuova Fase 2: a differenza di un tempo lungo in cui l’ambiguità di una certa politica gli ha consentito di vivere una sorta dissociazione – credersi interiormente qualcosa di molto diverso dal suo reale valore elettorale, “crede alle sue bugie”, diceva Biagi di Berlusconi – questa è una fase molto cosciente. Conosce il suo valore attuale, sa perfettamente quanto vale in borsa l’azione di Italia Viva, ma da capo azienda si fa una domanda molto, molto, lecita: come è possibile che con una semplice intervista al Corriere io possa fare e disfare un governo, come è possibile che ancora oggi la vita di una legislatura sia legata alle mie eventuali decisioni, insomma come è possibile che un uomo della mia forza, della mia “indispensabilità”, venga tradotto, dai sondaggi elettorali, da quelle cifre così misere e irritanti?

Conveniamo con Lei, senatore Renzi, la domanda è molto lecita, persino impellente. E che riguarda la sostenibilità di una politica effimera, la quale, insieme al giornalismo, mantiene in vita una grande ipocrisia, in cui credere che il vostro stagno sia esattamente lo stesso in cui si muovono i cittadini-elettori. Che ve ne sia corrispondenza o almeno un’aderenza. Capire in fretta, rendersi conto di questo tragico scollamento, non so se oggi le conviene. Ma sembra l’unica cosa da fare.

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