Partiti e politici

Renzi continua a cambiare faccia (e così i suoi elettori)

22 Gennaio 2015

Commettereste un’imprudenza dichiarandovi renziani “tout court”, perché in realtà l’elettore tipo renziano non c’è ancora, la sua radiografia è in costante evoluzione, come se l’immagine scattata da una macchina fotografica ne uscisse mossa, sfocata, o quanto meno in movimento. In sostanza non riconoscibile. È questo il dato più eclatante (preoccupante?) che l’evoluzione parlamentare di ieri, con i voti berlusconiani che salvano sostanzialmente il governo, ha messo molto crudemente in luce. Il premier sta cercando di “modellare” gli elettori a sua immagine e somiglianza, com’è diritto di ogni leader politico, spingendo l’asticella sempre più in là, evitando per il momento di ragionare sulle radici di un movimento, sui principi cardine su cui fondano le società democratiche e di conseguenza i partiti politici, dedicando invece ogni sforzo alla trasmissione della sua attuale esigenza primaria: una cinica concretezza. Una concretezza – egli assicura – che è il calice molto, molto, amaro da trangugiare ora in vista della felicità eterna. Ecco, l’eterna felicità: ma di sinistra?

Come è facile notare, pochissime volte nel corso di questi mesi di governo il segretario del Partito Democratico ha evocato il concetto di sinistra, lo ha fatto per esempio in modo eclatante quando ha distribuito a una platea di dieci milioni di italiani i suoi 80 euro, un modo assai poco moderno di dirsi di sinistra, semmai espressamente statalista, avendo premiato i già garantiti ed escluso tutte le categorie più a rischio. Quello è stato lo specchietto con cui ha cercato di garantire il mondo (antico) della sinistra del suo esserne sinceramente e autorevolmente custode. Un segno forte, marcato, populista, perché possa essere ricordato quando le cose, come ora, come nei mesi scorsi, non appariranno esattamente di sinistra.

L’elettore renziano è in perenne evoluzione e come molti malignano non è affatto detto che alla fine di questo percorso egli potrà dirsi orgogliosamente di sinistra. È una condizione che naturalmente lo stesso Renzi aveva messo nel conto, quando prevalse la decisione di aprire un canale preferenziale con lo storico nemico di tutta una certa sinistra, il Cavaliere. In questa fase il premier è impegnato in un incessante stop and go, dovendo badare a quella fetta di partito che gli sta acclaratamente contro e, allo stesso tempo, misurarsi con altri stagni elettorali possibili, tutto il mondo del centro e della destra a cui attingere anche grazie alla sua personalità prorompente.

Uno dei grandi problemi del futuro elettore renziano sarà proprio quello della possibile condivisione: se avrà più a cuore un’identità definita e in questo caso porre la questione primaria delle radici (da dove veniamo e dove andiamo) o se vivere con un senso di tormentata serenità, o magari di massima serenità, la sua nuova condizione di apolide, chi non è cittadino di alcun sentimento politico vero ma pura espressione di una nuova realpolitik su cui immolare ogni sentimento di appartenenza e ragionare semplicemente sulle convenienze del momento. Che le due figure possano coesistere sarebbe il più roseo dei sogni renziani, ma il presidente del Consiglio sa bene che il suo pur futuribile e aggressivo laboratorio politico non riuscirà a produrre un ogm di queste straordinarie proporzioni. Per cui, sceglierà una via e parrebbe averla già scelta: secondo i suoi calcoli (che potrebbero rivelarsi giusti) i voti che perderebbe a sinistra, una certa sinistra, sarebbero ampiamente ricompensati e innervati da solidi innesti provenienti da altre fette di società. Il suo 40% alle ultime elezioni, ancorché non facilmente riproducibile per via nazionale, è stato già un primo (felice) esperimento.

In questo contesto, non vi sfuggirà che sono scomparse certe parole chiave della politica, per non dire della sinistra, come orgoglio di appartenenza, ideali, passione civile, comunione di intenti, e sì, anche pura e semplice felicità di “stare” in un certo luogo, dove ci si sente rappresentati. Un luogo in cui sentire che i custodi della tua anima politica non ti potranno mai tradire. È possibile che anche per Renzi questa scomparsa rappresenti una sofferenza, che gli stia davvero a cuore il riprendersi certi valori della sinistra perché poi alla lunga, mancandogli quel patrimonio, la storia si incaricherà di consegnarlo ai libri di testo come un premier che ha gestito l’Italia come fosse un’azienda. Non è detto che questo sia un male, basta saperlo riconoscere. È un rischio che sta correndo, che ha deciso di correre.

 

(Foto di copertina, tratta dall’account Flickr di Palazzo Chigi, Creative Commons)

 

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