Partiti e politici

Referendum: sbaglia chi parla di “quesito truffa”

5 Ottobre 2016

Sinistra Italiana Movimento 5 Stelle hanno presentato un ricorso al Tar del Lazio contro il testo del quesito referendario.
Qual è l’irregolarità che contestano ?
Sostengono che sulla scheda non sono specificati quali articoli della Costituzione sono interessati dalla riforma.
Il che è vero, infatti il quesito contenuto nella scheda si limita a riportare il titolo del ddl Boschi.
Il testo, dicono i ricorrenti
1) indicherebbe  una “presunta finalità della legge che non trova specifico riferimento in alcuna delle norme revisionate”
2)  sarebbe incompleto e fuorviante, con il risultato di favorire il governo. ”
Il senatore Vito Crimi,  del Movimento cinque stelle, ha addirittura parlato di  “propaganda ingannevole, l’ennesima trovata di Renzi per prendere in giro gli italiani”.

Ma come stanno le cose?
E’ vero che c’è stata una violazione della legge, come presuppone la presentazione di quel ricorso?
Diciamo subito che la formulazione dei quesiti referendari è regolata da una legge,  la n. 352 del 25 maggio 1970, intitolata “Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo”.
E’ una legge molto dettagliata che prevede  le competenze, i tempi, e le modalità operative in materia di referendum.
Esiste in questa legge un articolo, il numero 16, che si esprime con chiarezza, anche sulla formulazione del quesito referendario.
Eccolo:
“Il quesito da sottoporre a referendum consiste nella formula seguente:
«Approvate il testo della legge di revisione dell’articolo… (o degli articoli …) della Costituzione, concernente … (o concernenti …), approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero … del … ?»;
ovvero:
«Approvate il testo della legge costituzionale … concernente … approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero … del … ?».”

Il comitato promotore del referendum aveva quindi davanti a sè due alternative :  proporre una formulazione “monstre” con l’indicazione dei 47 articoli della Costituzione soggetti a modifica, oppure, attenendosi alla seconda modalità  prevista dalla legge, indicare il titolo della legge  di cui si voleva ottenere la conferma (vedi foto sotto quel titolo come compare nella Gazzetta Ufficiale dell’aprile scorso).titolo
La scelta è caduta, come sappiamo, sulla seconda possibilità.Che è stata infatti convalidata dalla Cassazione.
Il fatto che la formulazione scelta, per la sua brevità, risulti troppo sintetica e quindi non rappresentativa della complessità della riforma, è sicuramente vero.
Ma parlare di violazione della legge è, a mio avviso, improprio.

Aggiungo solo una considerazione : per anni ci siamo lamentati, tutte le volte che andavamo a votare per i referendum, della farraginosità e lunghezza dei quesiti referendari.
Cosa sarebbe successo se questa volta la scheda referendaria, invece di quel titolo, avesse riportato i numeri ( e, si presume, anche la materia) delle varie decine di articoli soggetti a conferma?
Sicuramente sarebbe interessante confrontare la formulazione scelta dal Comitato promotore con quella che proporrebbero i ricorrenti.
Non so se abbiano, nell’avanzare il ricorso, formulato una seconda proposta.
Ma, se lo hanno fatto, sarei curioso di leggerla. Dopo un caffè doppio, naturalmente.

Nel frattempo, se volete, provate a rileggere, il quesito referendario che vedete sotto.
E’ il primo dei 4 quesiti sui quali siamo andati a votare nel 2011.
Il referendum abrogativo ebbe successo: fu raggiunto il quorum e i favorevoli all’abrogazione superarono i contrari.
Ma dubito che, senza avere approfondito la materia prima del voto, siano stati molti quelli in grado di decifrare il quesito che veniva loro sottoposto.

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