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Radio Radicale fa conoscere. Conte la vuole spegnere
In Sicilia le frequenze di Radio Radicale erano coperte da Radio Maria. Mi capitava di beccarla occasionalmente, al mare. Ho cominciato ad ascoltarla solo una ventina d’anni fa, ero già adulta, vivevo altrove, c’era pure Internet. Ho cominciato e non ho più smesso, notte e giorno. Con Pannella e senza Pannella, a casa e in giro. Ascolto le audizioni parlamentari, le commissioni, i dibattiti in aula, i processi, i convegni, le presentazioni di libri, le rassegne stampa, gli approfondimenti di politica estera, gli approfondimenti di economia, i congressi dei partiti – specie quelli che sicuramente non sono il mio – le interviste ai politici, ai rappresentanti di categoria, delle associazioni. Tutto, quasi.
Radio Radicale fa conoscere, senza filtri editoriali, e aiuta a capire che deliberare impone consapevolezza, responsabilità. Radio Radicale è servizio pubblico – non è solo informazione libera e plurale. E’ conoscenza diretta, non-mediata, al cuore delle fonti istituzionali. Copre cose che non copre nessuno perché non si misura sul mercato il valore democratico di un’audizione parlamentare sui vaccini o la discussione sull’autorizzazione a procedere nei confronti del Ministro Salvini. Di tutte queste cose – le udienze del processo Cucchi, i rapporti al Parlamento delle autorità indipendenti – non esisterebbe traccia, in nessun archivio, di nessuna istituzione o azienda privata. Non ci sarebbe traccia dei fatti di rilevanza pubblica del nostro paese, non solo del nostro paese.
Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha paragonato Radio Radicale a una rivista giuridica che egli contribuì a mettere sul mercato aguzzando l’ingegno imprenditoriale che gli suggeriva la via digitale. Se ci sono riuscito io – che non sono un genio – a mettere sul mercato una rivista per nerd del diritto, potete riuscirci anche voi – nerd radicali della democrazia – a piazzare agli inserzionisti audizioni e processi, sedute del Csm e manifestazioni di partito.
Sapete perché è nata Radio Radicale? Lo ha raccontato Massimo Bordin, al Congresso italiano del Partito Radicale dedicato proprio alla radio. E’ nata per una questione di soldi. Pannella, che si batteva contro il finanziamento pubblico ai partiti e che pure con il suo Partito Radicale era costretto a prendere i finanziamenti che la legge prescriveva, pensò di restituire quei soldi ai cittadini sotto forma di servizio pubblico di conoscenza. Pannella concepiva il servizio pubblico come una funzione, non una struttura. Non era quindi la struttura partito a dover essere finanziata dai cittadini, con i fondi pubblici, ma la funzione pubblica che il partito avrebbe dovuto assolvere. Creò la radio per restituire ai cittadini il finanziamento che il suo partito prendeva. Oggi il Movimento 5 Stelle riversa quei finanziamenti alla piattaforma privata Rousseau.
Radio Radicale è una necessità per la democrazia. Una necessità, non un’opzione. Il Governo, nel suo furore distruttore di tutto quanto sia venuto prima del suo insediamento, compresa la Costituzione, probabilmente non ha capito che Radio Radicale non è solo una voce: è la possibilità per chiunque di averne una. Se Radio Radicale smette di parlare, saremo tutti noi – noi e i più diversi da noi – a non potere parlare più. Io ci rifletterei, fossi il Presidente Conte.
La proposta della stessa Radio è di mettere il servizio a gara. Ma non si spenga il servizio, e si smetta di fingere che quel servizio possa andare sul mercato. Un qualunque editore sul mercato ha bisogno di audience che nel digitale si chiamano clic. Ha bisogno dei video dei gattini, non delle audizioni parlamentari (nelle quali magari si trovano argomenti contrari a quelli che il governo e la maggioranza vogliono propagandare). L’editore sul mercato ha bisogno di favorire questo o quell’interesse economico non di dare voce a tutte le voci, senza filtri, che magari le persone – ciascuna di loro, non l’indistinto chiamato “popolo” – si fa davvero un’idea delle diverse idee, e potrebbe cambiare l’idea che aveva prima.
Radio Radicale costa solo 10 milioni di Euro. Il Governo per il 2019 li ha voluti ridurre a 5. Quindi Radio Radicale a maggio spegnerà i microfoni, le telecamere, le frequenze. Intanto alla Rai il Governo ha dato 80 milioni. 80 ulteriori milioni alla Rai degli amici del Governo del Cambiamento, che – una volta spenta Radio Radicale – rimarrà l’unico “servizio pubblico” erogato ai cittadini dallo Stato. Attiviamoci prima che sia troppo tardi.
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